Buongiorno, oggi è il 20 luglio.
Venerdì 20 luglio 1951 il Re Abdallah I di Giordania rimase vittima di un attentato nella Moschea el-Aqsa di Gerusalemme.
Il sovrano aveva il giorno prima lasciato in aereo Amman diretto a Gerusalemme con l'intenzione di compiere la preghiera del venerdì nella Moschea el-Aqsà, dov'è sepolto il padre. Egli, che era accompagnato dal Principe Husein, figlio dell'erede al trono Talal, aveva appena varcato la soglia della Moschea quando un individuo, nascosto dietro la porta, gli sparò contro un colpo di rivoltella colpendolo alla testa; il Re morì quasi subito. L'assassino, che cercava di darsi alla fuga, fu ucciso dalle guardie del re e poi identificato per Mustafà Shukri Asho, un sarto palestinese di 21 anni. Nella sparatoria cinque guardie rimasero ferite.
La salma del Re fu trasportata in aereo ad Amman dove il 23 si svolsero solenni funerali a cui parteciparono il secondogenito del Re, Nayef, il Principe Husein, il Reggente dell'Iraq Adb el-Ilah, nipote ex fratre dell'estinto, giunto espressamente da Londra e numerose delegazioni dei paesi arabi. Fu notata l'assenza del Principe Zeid, unico fratello vivente del Sovrano.
Circa i moventi dell'assassinio si parlò di delitto politico connesso con l'uccisione di Riyad es-Sulh, avvenuta ad Amman quattro giorni prima: si disse che l'assassino aveva agito per istigazione dell'ex Mufti di Gerusalemme, Amin el-Huseini, e a questo proposito fu osservato che membri della famiglia el-Huseini, i quali solevano compiere la preghiera del venerdì nella Moschea el-Aqsà, quel giorno si astennero dal recarvisi; si parlò di una fetwa trovata in tasca all'assassino, secondo la quale l'uccisore di re Abdallah avrebbe meritato il Paradiso. Si disse infine che si trattava di una vendetta privata, giacché Mustafà Shukri Asho avrebbe ucciso il re per vendicare la morte di un fratello ammazzato da membri della Legione Araba.
I circoli responsabili di Amman negarono l'esistenza di qualsiasi rapporto tra l'uccisione di Riyad es-Sulh e quella di Abdallah, dicendo che la prima era dovuta a un gruppo di aderenti al Partito Nazionale Siriano, mentre la seconda è da attribuirsi a un gruppo che lavorava in segreto e che vide nell'uccisione di es-Sulh un'occasione propizia per compiere il nuovo delitto. Dal canto suo, l'ex Mufti Amin el-Huseini negò di aver avuto rapporti con l'uccisore o anche solo di conoscerlo personalmente.
Come primi provvedimenti dopo la morte del Sovrano, il Governo di Giordania decretò l'immediata chiusura delle frontiere, la proclamazione della legge marziale, e l'imposizione del coprifuoco a Gerusalemme e dintorni ed ad Amman. Fu pure proceduto a numerosi arresti.
Il verdetto del tribunale portò alla condanna a morte di sei imputati - tra cui proprio al-Ḥusaynī, nonché ʿUbayd ʿAkki e suo fratello Zakariyyā, commercianti di bestiame e ʿAbd al-Qādir Farḥāt (proprietario di un bar) e al proscioglimento di altri quattro imputati.
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