Buongiorno, oggi è il 30 giugno.
Il 30 giugno 1997 esce in Inghilterra "Harry Potter e la pietra filosofale", primo volume della saga di Joanne Rowling.
Cento milioni di copie vendute in 200 Paesi del mondo. Il successo di Harry Potter è planetario. Tanto che la sua autrice viene da qualcuno addirittura paragonata al famoso Shakespeare.
Il primo libro, Harry Potter e la pietra filosofale, di immaginazione in moto ne ha messa parecchia, sin da quando, nel 1996, un piccolo editore di nome David Heyman lo comperò per 8 milioni di lire. La scrittrice (il fatto ormai è entrato nella leggenda) viveva alle soglie dell’indigenza. Laureata in lingue, la mattina insegnava e il pomeriggio scriveva, abbozzando la storia del maghetto sul tavolino di un bar dove sedeva per ore, ordinando solo un caffè, per godere del caldo del locale. Il suo primo libro nessuno lo voleva; la Rowling ha fatto il giro con il suo manoscritto tra tante case editrici, poiché lo ritenevano troppo strambo e non in linea con le ultime tendenze che favorivano le avventure degli eroi giapponesi. Quando invece Harry Potter e la pietra filosofale esce in libreria, il tam-tam fra i bambini e le madri del Regno Unito è dilagante. In Italia il volume esce con i tipi Salani dividendo le famiglie in due categorie: chi è entrato nel mondo di Harry Potter e chi no.
Ma chi è esattamente l’eroe protagonista di questo fortunato libro? Chi è questo ragazzino con gli occhialini e la frangetta divenuto l’idolo dei giovanissimi di tutto il mondo? Harry ha undici anni, orfano, sfortunato, timido, è cresciuto con gli zii Vernon e Petunia Dursley e vive nella loro casa isolato in uno scantinato, in più sopporta le angherie di suo cugino Dudley, grasso e stupido. Anche quando scopre di aver ereditato dei poteri speciali dai suoi genitori James e Lilith Potter, due maghi buoni, uccisi dal malvagio mago Voldemort, non si sente un super-bambino, ma anzi continua ad avere una certa goffaggine, a preferire i deboli ai forti, i poveri ai ricchi, gli emarginati e i diversi ai più fortunati. Una mattina, nello scantinato freddo in cui vive egli riceve centinaia di lettere che gli rivelano la sua reale natura con l’invito a raggiungere, il giorno del suo undicesimo compleanno, la Scuola di stregoneria di Hogwarts, sapientemente diretta dal potente mago Albus Silente.
E qui, il ragazzo si ritrova in un fantastico mondo popolato da maghi in cui i comuni mortali sono chiamati “Babbani “. Noi siamo i babbani, prigionieri del mondo delle apparenze; non siamo cattivi, siamo semplicemente umani. La scrittrice ci assicura che il Male assoluto non abita in questo mondo, ma di là dove si aprono le tenebre. In quel di là, chi detiene il potere assoluto è Voldemort, una specie di Satana. Harry combatte il Male perché ha il dono: è l’eletto, il prescelto da una divinità misteriosa che nel libro non dice mai il proprio nome. Tutti i ragazzi, gli adulti della Scuola di Hogwarts sanno che egli è il prescelto, il bambino sopravvissuto all’attacco di Voldemort che cercò di ucciderlo con un fulmine. Il segno di quell’episodio, in cui morirono i suoi genitori, è una cicatrice sulla fronte a forma di saetta. Tale cicatrice gli procura dolore e sembra prendere fuoco ogni volta che qualche mago malvagio lo fissa crudelmente.
Questa favola moderna ha fatto presa sui ragazzi di oggi, poiché non è troppo facile identificarsi con Alice o Pinocchio ma è semplicissimo farlo con Harry Potter e vivere nella realtà quotidiana, in mezzo ai babbani, poiché il regno dei maghi è speculare al nostro. Nella ormai famosa scuola di stregoneria di Hogwarts è facile riconoscere i college anglosassoni (e, sia pure in forma diversa, le nostre scuole), frequentati da ragazzi simpatici e odiosi, pigri e indolenti, con libri e programmi tediosi e dove i professori assomigliano caratterialmente a Severus Piton, il terribile aspirante alla cattedra di Arti Oscure, o a Minerva Mac Grannit, irascibile ma buona insegnante di Trasfigurazioni con potere di mutarsi in gatto. Anche i giochi dei ragazzi sono simili ai nostri: gli scacchi con pedine viventi, le figurine e il quidditch, che richiama le regole del baseball e la pallacanestro.
Le avventure di Harry vengono vissute con una magnifica coppia di amici. Ron Weasley, figlio di una famiglia modesta di maghi e streghe piena di bambini dai capelli rossi, e Hermione Granger, figlia di babbani, ragazzina saputella che usa un Giratempo per partecipare a più lezioni contemporaneamente ed è ovvio che a scuola sia la prima. I tre, assieme al gigante Hagrid, diventano una squadra pronta ad affrontare ogni sfida delle forze oscure. La bravura della scrittrice consiste quindi nel non capovolgere le leggi della realtà, ma di variare ingegnosamente le forme di questo mondo. Il meraviglioso c’è, non però quello tipico della fantasia medievale, anche se nel suo libro vi è qualche traccia di unicorni, di penna di fenice e di centauri astrologi e il tutto interagisce con giochi di metamorfosi che richiamano i cartoni di Walt Disney.
La storia di Harry è estremamente suggestiva, poiché ciascuno può vedere in essa ciò che preferisce. Quel che importa, come dice il saggio preside Albus Silente, è “imparare a vivere”. Nel castello di Hogwarts, tra gufi e rospi, fantasmi e draghi Harry apprende non solo le lezioni, ma quel che conta vince la sua prima battaglia contro il Male assoluto. La sfida si rinnoverà e si ripeterà negli altri libri della saga: Harry Potter e la camera dei segreti, Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, Harry Potter e il calice di fuoco, Harry Potter e l’ordine della Fenice, Harry Potter e il principe mezzosangue e infine Harry Potter e i doni della morte perché Voldemort, non avendo un corpo, è dappertutto, come una forza potente, una possibilità minacciosa che grava sia sull’universo magico che su quello reale. I volumi sono sette come gli anni della scuola di Hogwards e in questo lasso di tempo, Harry è diventato una sorta di creatura salvifica. Seguendo le sue storie, molti americani hanno ritrovato il sorriso dopo la tragedia dell’11 settembre. Il piccolo mago con le sue arti sconfigge Voldemort e i suoi spietati seguaci, che il New York Times ha paragonato rispettivamente a Bin Laden e ai terroristi di Al Qaeda. Allora ben venga la “pottermania“ se aiuta a sconfiggere l’ansia e i cattivi presagi disseminati come mine vaganti nel mondo.
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