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giovedì 9 aprile 2020

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 9 aprile.
Il 9 aprile 1975 Federico Fellini riceveva il suo quarto premio Oscar al miglior film straniero, Amarcord.
Amarcord è un capolavoro assoluto nel senso che come “La strada” e “la dolce vita” è entrato nel sentire comune della gente travalicando gli steccati culturali che dividono i popoli diventando universale (ottoemezzo è più per specialisti) Non ha importanza se la cultura da dove nasce questa storia è radicata in un particolare contesto geografico; in questo caso riguarda la romagna e la caratteristica ironia fatalista e gioiosa della gente di questa regione, ma il linguaggio con cui Fellini racconta la storia è quello onirico e popolare, cioè un linguaggio appunto universale e quindi condiviso.
La vicenda, ambientata dall'inizio della primavera del 1932 all'inizio della primavera del 1933 in una Rimini onirica ricostruita a Cinecittà, come la ricordava Fellini in sogno, narra la vita nell'antico borgo (o e' borg, come a Rimini conoscono il quartiere di San Giuliano) e dei suoi più o meno particolari abitanti: le feste paesane, le adunate del "Sabato fascista", la scuola, i signori di città, i negozianti, il suonatore cieco, la donna procace ma un po' attempata alla ricerca di un marito, il venditore ambulante, il matto, l'avvocato, quella che va con tutti, la tabaccaia dalle forme giunoniche, i professori di liceo, i fascisti, gli antifascisti e il magico conte di Lovignano, ma soprattutto i giovani del paese; adolescenti presi da una prepotente "esplosione sessuale". Tra questi è messo in particolare risalto il personaggio di Titta Biondi (pseudonimo per Luigi "Titta" Benzi, amico d'infanzia di Fellini) e tutta la sua famiglia: il padre, la madre, il nonno, il fratello e gli zii, di cui uno matto, chiuso in un manicomio. Attraverso le vicende della sua adolescenza, il giovane inizierà un percorso che lo porterà, piano piano, alla maturità.
Il ritorno di Fellini in Romagna si celebra dunque attraverso i piccoli accadimenti di una Rimini in pieno trionfalismo fascista tutt'altro che esaltato. Il ventaglio di una vita si apre nella coralità di un'opera degna del miglior Fellini, non a caso premiato con l'Oscar. Grazie alla collaborazione dello scrittore Tonino Guerra, davanti agli occhi dello spettatore sfila una ricchezza tale di volti e luoghi, divertimenti e finezze, malinconie e suggestioni, da far apprezzare il film a tutto il mondo. Attraverso i toni della commedia venata di malinconia, Amarcord distilla generosamente umori e sensazioni. Tutto ciò è riconoscibile nel film ma, come sottolinea Mario Del Vecchio, è la sostanza poetica che salta agli occhi. I protagonisti di Amarcord, e soprattutto le figure di contorno, non solo sono caricature di altrettante persone colte in un particolare momento storico; piuttosto, sono tipi universali, che vanno oltre la dimensione temporale per diventare immortali come, appunto, la poesia.
Nel film recita in un breve cameo, anche il cantante del gruppo Banco del Mutuo Soccorso, Francesco Di Giacomo. In una particolare scena si nota un carabiniere interpretato da Ciccio Ingrassia (che nel film recita il ruolo di Teo). Il Principe Umberto, sedotto dalla Gradisca, era l'efebico caratterista Marcello Di Falco poi Marcella Di Folco, nota attivista del movimento transessuale italiano, deceduta a Bentivoglio, in provincia di Bologna, nel 2010.
Il ruolo della Gradisca era stato inizialmente affidato ad Edwige Fenech, ma poco prima di firmare il contratto Fellini cambiò idea, perché secondo lui Edwige, nonostante la ben nota procacità, era "troppo magra". L'attrice non riusciva a prendere chili, e quindi Fellini scelse Magali Noël, che aveva una fisicità più prorompente, ed era di 16 anni più grande.
Nella scena del lancio di palle di neve, compare tra i bambini il futuro cantante Eros Ramazzotti. Gli amici ed Oliva, il fratello di Titta, sono interpretati infatti da comparse prese tra i ragazzi del quartiere Cinecittà.

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