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giovedì 20 novembre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 20 novembre.

Il 20 novembre 1959 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite approva la prima stesura della Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo.

La dichiarazione dei diritti del fanciullo, conosciuta anche come dichiarazione Universale dei diritti del fanciullo è un documento ufficiale, la cui ultima revisione risale al 1989 e approvata dalle Nazioni Unite, nel quale si descrive quali sono i diritti che sempre devono essere riconosciuti ai bambini. Questo testo, non ha alcun valore legale per gli stati membri delle nazioni Unite, tuttavia è un impegno morale che ogni Stato ha assunto. La dichiarazione si articola in 10 principi, tanto attuali quanto ancora poco applicati. Purtroppo, nel mondo, ancora oggi a troppi bambini questi diritti sono negati. Il nostro auspicio è che con il tempo ogni Stato, governo e Nazione possa impegnare sempre più risorse affinché possa essere riconosciuto ogni diritto ad ogni singolo bambino.

La dichiarazione afferma quanto segue:

Principio primo: il fanciullo deve godere di tutti i diritti enunciati nella presente Dichiarazione. Questi diritti devono essere riconosciuti a tutti i fanciulli senza alcuna eccezione, senza distinzione e discriminazione fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua la religione od opinioni politiche o di altro genere, l’origine nazionale o sociale, le condizioni economiche, la nascita, od ogni altra condizione sia che si riferisca al fanciullo stesso o alla sua famiglia.

Principio secondo: il fanciullo deve beneficiare di una speciale protezione e godere di possibilità e facilitazioni, in base alla legge e ad altri provvedimenti, in modo da essere in grado di crescere in modo sano e normale sul piano fisico intellettuale morale spirituale e sociale in condizioni di libertà e di dignità. Nell’adozione delle leggi rivolte a tal fine la considerazione determinante deve essere del fanciullo.

Principio terzo: il fanciullo ha diritto, sin dalla nascita, a un nome e una nazionalità.

Principio quarto: il fanciullo deve beneficiare della sicurezza sociale. Deve poter crescere e svilupparsi in modo sano. A tal fine devono essere assicurate, a lui e alla madre le cure mediche e le protezioni sociali adeguate, specialmente nel periodo precedente e seguente alla nascita. Il fanciullo ha diritto ad una alimentazione, ad un alloggio, a svaghi e a cure mediche adeguate.

Principio quinto: il fanciullo che si trova in una situazione di minoranza fisica, mentale o sociale ha diritto a ricevere il trattamento, l’educazione e le cure speciali di cui esso abbisogna per il suo stato o la sua condizione.

Principio sesto: il fanciullo, per lo sviluppo armonioso della sua personalità ha bisogno di amore e di comprensione. Egli deve, per quanto è possibile, crescere sotto le cure e la responsabilità dei genitori e, in ogni caso, in atmosfera d’affetto e di sicurezza materiale e morale. Salvo circostanze eccezionali, il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre. La società e i poteri pubblici hanno il dovere di aver cura particolare dei fanciulli senza famiglia o di quelli che non hanno sufficienti mezzi di sussistenza. È desiderabile che alle famiglie numerose siano concessi sussidi statali o altre provvidenze per il mantenimento dei figliuoli.

Principio settimo: il fanciullo ha diritto a una educazione, che, almeno a livello elementare deve essere gratuita e obbligatoria. Egli ha diritto a godere di un’educazione che contribuisca alla sua cultura generale e gli consenta, in una situazione di eguaglianza di possibilità, di sviluppare le sue facoltà, il suo giudizio personale e il suo senso di responsabilità morale e sociale, e di divenire un membro utile alla società. Il superiore interesse del fanciullo deve essere la guida di coloro che hanno la responsabilità della sua educazione e del suo orientamento; tale responsabilità incombe in primo luogo sui propri genitori. Ogni fanciullo deve avere tutte le possibilità di dedicarsi a giochi e attività ricreative che devono essere orientate a fini educativi; la società e i poteri pubblici devono fare ogni sforzo per favorire la realizzazione di tale diritto.

Principio ottavo: in tutte le circostanze, il fanciullo deve essere fra i primi a ricevere protezione e soccorso.

Principio nono: il fanciullo deve essere protetto contro ogni forma di negligenza, di crudeltà o di sfruttamento. Egli non deve essere sottoposto a nessuna forma di tratta. Il fanciullo non deve essere inserito nell’attività produttiva prima di aver raggiunto un’età minima adatta. In nessun caso deve essere costretto o autorizzato ad assumere un’occupazione o un impiego che nuocciano alla sua salute o che ostacolino il suo sviluppo fisico, mentale, o morale.

Principio decimo: il fanciullo deve essere protetto contro le pratiche che possono portare alla discriminazione razziale, alla discriminazione religiosa e ad ogni altra forma di discriminazione. Deve essere educato in uno spirito di comprensione, di tolleranza, di amicizia fra i popoli, di pace e di fratellanza universale, e nella consapevolezza che deve consacrare le sue energie e la sua intelligenza al servizio dei propri simili.

mercoledì 19 novembre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 19 novembre.

Il 19 novembre 1493 Cristoforo Colombo sbarca per primo sull'isola che in seguito verrà battezzata Porto Rico.

Non si hanno informazioni certe relative alla storia dell’isola di Porto Rico prima dell’arrivo di Cristoforo Colombo. La ricostruzione delle origini è dovuta alle scoperte archeologiche e dalle trascrizioni dei racconti degli spagnoli.

Il primo libro sulla storia di Porto Rico fu scritto 283 anni dopo l’insediamento degli spagnoli sull’isola.

I primi abitanti dell’isola furono gli Ortoiroid che si sono insediati intorno al 2000 a.C.

Tra il VII e l’XI secolo la cultura dei Taino si sviluppò notevolmente e attorno all’anno 1000, divennero il popolo dominante di Porto Rico. Essi mantennero questo dominio fino all’arrivo degli spagnoli, nel 1493.

Le tribù indiane Arawak  e Taino chiamarono l’isola Borikén.

Cristoforo Colombo fu il primo europeo a raggiungere l’isola durante il suo secondo viaggio alle Antille, il 19 novembre del 1493. Tuttavia alcuni sostengono che non fu Colombo a scoprire Porto Rico, bensì Martín Alonso Pinzón, che nel 1492 si era separato da Colombo continuando da solo le sue esplorazioni. La Corte spagnola diede a Pinzón un anno di tempo per poter iniziare l’opera di insediamento e colonizzazione che avrebbe permesso loro la rivendicazione dell’isola, ma il progetto fallì.

Cristoforo Colombo dette il nome a quest’isola in onore di San Giovanni Battista, ma ben presto divenne Puerto Rico che letteralmente significa “porto ricco”. Il nome originale rimase a designare la città più grande, nonché capitale, San Juan. Il conquistador spagnolo Juan Ponce de León divenne l’effettivo governatore in carica di Porto Rico, poiché Vicente Yáñez Pinzón, eletto governatore prima di Juan Ponce, non raggiunse mai l’isola.

Porto Rico fu subito colonizzata dagli spagnoli, i quali vi portarono un gran numero di schiavi africani che furono obbligati a lavorare per la corona spagnola. L’isola divenne in breve tempo porto strategico dell’Impero spagnolo nei Caraibi. Per difendersi dai nemici europei che miravano alla conquista dell’isola, gli spagnoli costruirono numerosi forti e muraglioni per proteggere la capitale.

Nel 1809, venne riconosciuto Porto Rico come territorio spagnolo d’oltreoceano con il diritto di inviare deputati alla Corte spagnola. Il deputato Ramón Power y Giralt divenne vice presidente e le sue riforme costituzionali del XIX secolo favorirono l’incremento demografico e la crescita economica, e soprattutto conferirono una maggiore notorietà all’isola.

Successivamente, la povertà e l’allontanamento politico dalla Spagna portarono a una piccola ma significativa insurrezione, nel 1868, conosciuta come Grito de Lares (Pianto di Lares) che fu facilmente e immediatamente soppressa.

Pochi anni dopo sorse il movimento autonomo portoricano, iniziato da Román Baldorioty de Castro e portato avanti da Luis Muñoz Rivera verso la fine del secolo. Nel 1897, Muñoz Rivera e altri indipendentisti persuasero il governo liberale spagnolo a riconoscere e accettare lo Statuto per l’autonomia di Porto Rico. L’anno seguente venne organizzato il primo, anche se di breve durata, governo autonomo portoricano. Si raggiunse quindi il compromesso di mantenere un governatore nominato dalla Spagna, il quale aveva il potere di annullare qualsiasi decisione legislativa con cui non era d’accordo, e una struttura parlamentare parzialmente eletta.

Il 25 luglio 1898, con lo scoppio della guerra ispano-americana, Porto Rico fu invasa dagli Stati Uniti d’America. Con il trattato di Parigi del 1898 la Spagna fu obbligata a cedere Porto Rico, assieme a Guam e alle Filippine, agli USA.

Negli anni successivi alla grande depressione del 1929, Pedro Albizu Campos fondò un movimento nazionale a favore dell’indipendenza: il Partito Nazionalista Portoricano. Ma il vero cambiamento politico del paese avvenne negli ultimi anni delle amministrazioni Roosevelt e Truman. Nel 1946 con la nomina, da parte del presidente Truman, del primo governatore di origine portoricana, Jesus Piñero. Nel 1947 gli Stati Uniti concessero il diritto di eleggere democraticamente il governatore di Porto Rico ed il 2 gennaio 1949 Luis Muñoz Marín divenne il primo governatore di Porto Rico ad essere eletto dal popolo.

Il 1º novembre 1950 due nazionalisti portoricani tentarono di assassinare il presidente Truman, e come conseguenza immediata egli autorizzò il referendum democratico in Porto Rico. Ciò avvenne nel 1952, e tale costituzione assunse i connotati di un Commonwealth politico.  Finalmente durante gli anni cinquanta l’isola conobbe una rapida industrializzazione, grazie ad ambiziosi progetti quali l’operazione Bootstrap, che si proponeva di cambiare le basi dell’economia portoricana da agricole a manifatturiere.

Negli ultimi decenni ci sono stati diversi plebisciti per decidere se Porto Rico dovesse consolidare il Commonwealth oppure richiedere di diventare uno stato federato statunitense a tutti gli effetti. Ma gli Stati Uniti hanno avuto sempre la vittoria e di conseguenza nulla è mutato nel sistema politico di Porto Rico.

martedì 18 novembre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 18 novembre.

Il 18 novembre 1481 cede la diga del Zuiderzee in Olanda, allagando 72 villaggi e uccidendo 100.000 persone.

“Dio ha creato tutto il mondo, tranne l’Olanda, che è stata creata dagli olandesi“. Così dice un antico proverbio, perchè buona parte del territorio olandese è stato strappato al mare dall’uomo. La lotta contro l’acqua ha radici nel passato. Nel 1287 una violenta tempesta permise al mare di inondare l’Olanda, formando il golfo dal nome “Zuiderzee“ e quando i primi olandesi misero piede in questi acquitrini, dovettero prosciugare, nel tempo, intere zone di terra e difendersi dalle continue inondazioni per riuscire a sopravvivere. 

Dal XV secolo il mare interno di Zuiderzee rimase più o meno invariato, grazie alle migliorie apportate alle dighe naturali; tuttavia con il tempo, diventava sempre più perentoria la possibilità di contrastare la volatilità della natura. Nel 1481 le inondazioni provocarono la scomparsa di 72 villaggi e la morte di oltre 100000 persone.

Ma nel 1916, quando i Paesi Bassi furono colpiti da un’ondata di marea molto grande, gli olandesi decisero di riprendere in mano il piano di una diga che era stata progettata nel 1891 dall’ingegnere Cornelis Lely. I lavori iniziarono nel 1919 e la diga fu inaugurata il 28 Maggio 1932 dalla regina Guglielmina.

La diga fu costruita fra la Frisia e l’ Olanda Settentrionale e così il golfo fu separato dal mare e trasformato nel lago “Ijsselmeer“. Quest’ultimo, in parte prosciugato, ha dato poi origine alla provincia dello “Flevoland“. Successivamente questo enorme lago artificiale venne diviso in due parti con la costruzione di una seconda diga, Markerwaarddijk, la parte più interna del lago venne chiamata Markermeer. Fino al 1932, lo Ijsselmeer si chiamava ancora Zuider Zee (Mare Meridionale). La diga è lunga 32 km, larga 90 m ed arriva ad un’altezza di 7,25 m sopra il livello del mare, è attraversata da un’autostrada (A7, due corsie per senso di marcia) che, intorno al sedicesimo chilometro (a metà della diga), ha un punto di ristoro con tanto di parcheggio, bar, torretta panoramica, un negozietto di souvenir, aree di sosta e una struttura dotata di una sopraelevata che permette ai pedoni di attraversare l’autostrada e ammirare il panorama.

La diga è dotata di chiuse poste su entrambi i lati est ed ovest, che permettono di mantenere costante il livello del mare interno, scaricando l’acqua in eccesso nel Waddenzee. Il Waddenzee è quel piccolo mare che diventa Mare del Nord oltre le cinque     Isole Frisone: Texel, Vlieland, Terschelling,  Ameland e Schiermonnikoog che si trovano all’estremo settentrione dei Paesi Bassi. L’operazione di scarico deve essere svolta continuamente, dal momento che nuova acqua si riversa nell’Ijsselmeer dal fiume Ijssel, emissario del Reno. Le chiuse permettono di svuotare oltre la diga 5000 metri cubi d’acqua, l’equivalente di due piscine olimpioniche, al secondo.

Essa collega la provincia dell’Olanda Settentrionale (villaggio di Den Oever nella municipalità di Wieringen), con la provincia della Frisia (villaggio di Zurich, municipalità di Wunseradiel). ( La Frisia è una provincia olandese verde e pianeggiante famosa per le celebri mucche frisone bianche e nere ). L’autostrada sopra la diga, è percorsa ogni giorno da migliaia di veicoli e neanche a dirlo, accanto alla strada ad alto scorrimento, trova posto una comodissima pista ciclabile a due corsie, con vista mare. L’Afsluitdijk risulta essere undicesima tra le dighe più grandi al mondo e notevole sforzo è stato compiuto nello sviluppo di modelli matematici per il calcolo delle correnti di marea, la selezione di adeguati materiali da costruzione e gli aspetti organizzativi. Con il passare degli anni, lo specchio d’acqua da salato (lago “Ijsselmeer“) è diventato dolce, permettendo a un milione di persone di berne l’acqua, dopo la depurazione e recuperando terreno per l’agricoltura e lo sviluppo urbano.

Questo cambiamento radicale ha avuto anche aspetti negativi, influendo pesantemente sulla vita di interi paesi che vivevano solo di pesca; infatti sono scomparse molte specie di pesci ed i pescatori si sono dovuti trovare altri lavori. La diga fu costruita allo scopo di proteggere le coste e impedire le inondazione delle provincie circostanti, ma riducendo così la lunghezza della costa olandese di quasi 300 chilometri. Per costruire la diga sono stati necessari circa 25 milioni di metri cubi di sabbia, 13 milioni di metri cubi di blocchi di argilla, 16 milioni di tipiche mattonelle olandesi e 6000 uomini.

Sulla punta ovest della diga si trova la statua che raffigura l’ingegnere e ministro dei lavori pubblici Cornelis Lely che progettò nel 1891 il piano della chiusura dello Zuiderzee. Essa è stata scolpita da Mari Andriessen e a lui dedicata in occasione del 100 ° anniversario della sua nascita, il 23 settembre 1954. Nelle vicinanze della torretta (dal 1982, in occasione del 50° anniversario della diga), si trova un monumento che ricorda i lavoratori che hanno contribuito alla creazione di questa grande opera lavorando in condizioni molto difficili. La diga fu infatti realizzata grazie all’enorme sforzo e il grande lavoro degli olandesi con i macchinari e le attrezzature di quel periodo storico in un’impresa in cui lo stesso uomo ha superato se stesso dimostrando di riuscire a sconfiggere le forze della natura che altrimenti l’avrebbero sopraffatto.

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