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venerdì 21 novembre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 21 novembre.

Il 21 novembre 1902 termina la Guerra dei mille giorni in Colombia.

La guerra dei mille giorni fu una guerra civile combattuta in Colombia tra gli anni 1899 e 1902. Il motivo di base alle origini del conflitto è furono gli attriti tra liberali e conservatori, dunque fu una guerra ideologica piuttosto che regionale. Raggiunti circa 100.000 caduti, entrambe le fazioni in lotta hanno chiesto un cessate il fuoco.  

Nel 1899, la Colombia aveva già alle spalle una lunga tradizione di conflitto tra liberali e conservatori. Le questioni fondamentali riguardavano per i conservatori un forte governo centrale, il diritto di voto limitato e forti legami tra Stato e Chiesa. I liberali, d’altra parte, chiedevano governi regionali più forti, il diritto di voto universale  e una netta divisione tra Stato e Chiesa. Le due fazioni erano in contrasto dalla dissoluzione della Gran Colombia nel 1831.

Nel 1898, il conservatore Manuel Antonio Sanclemente venne eletto presidente della Colombia. I liberali si indignarono, convinti che alla base del risultato ci fossero stati brogli elettorali. Sanclemente aveva partecipato ad un rovesciamento conservatore del governo nel 1861 ed era estremamente impopolare tra i liberali. Tuttavia la salute del nuovo presidente era molto cagionevole, e ciò portò a una debole conduzione del Paese. I liberali ne approfittarono e nel 1899 scoppiò una ribellione. 

La rivolta liberale ebbe inizio nella provincia di Santander. Il primo scontro avvenne quando le forze liberali cercarono di prendere Bucaramanga nel novembre 1899, ma vennero respinti. Un mese dopo, i liberali misero a segno la loro più grande vittoria nella guerra, quando il Generale Rafael Uribe Uribe sconfisse una grande forza conservatrice nella battaglia di Peralonso. La vittoria di Peralonso diede ai liberali la speranza e la forza di proseguire il conflitto per altri due anni nonostante la inferiorità numerica.

Ma il generale liberale Vargas Santos evitò stupidamente di approfittare del vantaggio ottenuto a Peralonso, e rimase in attesa invece che proseguire la campagna. Ciò consentì alle forze conservatrici di recuperare le perdite ed inviare un nuovo esercito al contrattacco. Il nuovo scontro si ebbe nel maggio 1900 a Palonegro, sempre nel dipartimento di Santander. La battaglia fu brutale e si protrasse per due settimane. Verso la fine del combattimento il caldo opprimente e la mancanza di cure mediche resero il campo di battaglia un inferno, con i morti in decomposizione che nessuno rimuoveva. Alla fine della battaglia, con oltre 4000 morti da ambo i lati, l'esercito liberale si sfaldò. 

Fino a quel momento, il vicino Venezuela aveva sempre aiutato l'esercito liberale, con l'invio di uomini e armi. Ma la sconfitta di Palonegro convinse il presidente venezuelano Cipriano Castro a sospendere gli aiuti. Solo una visita personale del Generale Rafael Uribe Uribe lo convinse a riprendere l'invio di aiuti. 

Dopo la rotta di Palonegro, la sconfitta dei liberali era solo una questione di tempo. I loro eserciti erano a brandelli, e per il resto della guerra poterono operare solo con tattiche di guerriglia. Riuscirono ad ottenere solo alcune vittorie nella odierna Panama, tra cui una battaglia navale di piccole dimensioni che vide la cannoniera Padilla affondare la nave cilena ( “presa in prestito” dai conservatori) Lautaro nel porto di Panama City. Queste piccole vittorie tuttavia, nonostante i rinforzi provenienti dal Venezuela,  non poterono cambiare le sorti della guerra. Dopo le disastrose perdite umane a Peralonso e Palonegro, il popolo della Colombia aveva perso ogni desiderio di continuare il combattimento.

I liberali moderati cercarono a lungo di giungere ad una fine pacifica della guerra. Anche se la loro causa era persa, si rifiutarono di prendere in considerazione una resa incondizionata: volevano una rappresentanza liberale nel governo come un prezzo minimo per la fine delle ostilità. I conservatori sapevano quanto fosse debole la posizione liberale e rimasero fermi nelle loro richieste. Il trattato di Neerlandia, firmato il 24 ottobre 1902, era fondamentalmente un accordo di cessate il fuoco che includeva il disarmo di tutte le forze liberali. La guerra venne formalmente conclusa il 21 novembre 1902, quando un secondo trattato fu firmato sul ponte della nave da guerra degli Stati Uniti Wisconsin.

La guerra dei mille giorni non portò alcuna diminuzione degli attriti di lunga data tra i liberali e i conservatori, che sarebbero di nuovo andati in guerra nel 1940 nel conflitto noto come La Violencia. Anche se nominalmente fu una vittoria conservatrice, non ci furono veri vincitori, ma solo vinti. Gli sconfitti erano i cittadini colombiani: migliaia di vite andarono perdute  e il Paese venne devastato dalla guerra civile. In più, quasi una beffa, il caos provocato dalla guerra permise agli Stati Uniti di realizzare l’indipendenza di Panama, togliendo alla Colombia questo territorio prezioso per sempre.

La guerra dei mille giorni è un evento storico ben noto in Colombia, ma venne portato all’attenzione internazionale grazie ad un romanzo straordinario. Il Premio Nobel Gabriel García Márques nel suo capolavoro del 1967 "Cent’anni di solitudine" copre un secolo nella vita di una famiglia colombiana immaginaria. Uno dei più famosi personaggi di questo romanzo è il colonnello Aureliano Buendía, che lascia la piccola città di Macondo e va a combattere per anni nella guerra dei mille giorni (per la cronaca, ha combattuto per i liberali e si pensa che sia stato liberamente tratto dal personaggio di Rafael Uribe Uribe).

giovedì 20 novembre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 20 novembre.

Il 20 novembre 1959 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite approva la prima stesura della Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo.

La dichiarazione dei diritti del fanciullo, conosciuta anche come dichiarazione Universale dei diritti del fanciullo è un documento ufficiale, la cui ultima revisione risale al 1989 e approvata dalle Nazioni Unite, nel quale si descrive quali sono i diritti che sempre devono essere riconosciuti ai bambini. Questo testo, non ha alcun valore legale per gli stati membri delle nazioni Unite, tuttavia è un impegno morale che ogni Stato ha assunto. La dichiarazione si articola in 10 principi, tanto attuali quanto ancora poco applicati. Purtroppo, nel mondo, ancora oggi a troppi bambini questi diritti sono negati. Il nostro auspicio è che con il tempo ogni Stato, governo e Nazione possa impegnare sempre più risorse affinché possa essere riconosciuto ogni diritto ad ogni singolo bambino.

La dichiarazione afferma quanto segue:

Principio primo: il fanciullo deve godere di tutti i diritti enunciati nella presente Dichiarazione. Questi diritti devono essere riconosciuti a tutti i fanciulli senza alcuna eccezione, senza distinzione e discriminazione fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua la religione od opinioni politiche o di altro genere, l’origine nazionale o sociale, le condizioni economiche, la nascita, od ogni altra condizione sia che si riferisca al fanciullo stesso o alla sua famiglia.

Principio secondo: il fanciullo deve beneficiare di una speciale protezione e godere di possibilità e facilitazioni, in base alla legge e ad altri provvedimenti, in modo da essere in grado di crescere in modo sano e normale sul piano fisico intellettuale morale spirituale e sociale in condizioni di libertà e di dignità. Nell’adozione delle leggi rivolte a tal fine la considerazione determinante deve essere del fanciullo.

Principio terzo: il fanciullo ha diritto, sin dalla nascita, a un nome e una nazionalità.

Principio quarto: il fanciullo deve beneficiare della sicurezza sociale. Deve poter crescere e svilupparsi in modo sano. A tal fine devono essere assicurate, a lui e alla madre le cure mediche e le protezioni sociali adeguate, specialmente nel periodo precedente e seguente alla nascita. Il fanciullo ha diritto ad una alimentazione, ad un alloggio, a svaghi e a cure mediche adeguate.

Principio quinto: il fanciullo che si trova in una situazione di minoranza fisica, mentale o sociale ha diritto a ricevere il trattamento, l’educazione e le cure speciali di cui esso abbisogna per il suo stato o la sua condizione.

Principio sesto: il fanciullo, per lo sviluppo armonioso della sua personalità ha bisogno di amore e di comprensione. Egli deve, per quanto è possibile, crescere sotto le cure e la responsabilità dei genitori e, in ogni caso, in atmosfera d’affetto e di sicurezza materiale e morale. Salvo circostanze eccezionali, il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre. La società e i poteri pubblici hanno il dovere di aver cura particolare dei fanciulli senza famiglia o di quelli che non hanno sufficienti mezzi di sussistenza. È desiderabile che alle famiglie numerose siano concessi sussidi statali o altre provvidenze per il mantenimento dei figliuoli.

Principio settimo: il fanciullo ha diritto a una educazione, che, almeno a livello elementare deve essere gratuita e obbligatoria. Egli ha diritto a godere di un’educazione che contribuisca alla sua cultura generale e gli consenta, in una situazione di eguaglianza di possibilità, di sviluppare le sue facoltà, il suo giudizio personale e il suo senso di responsabilità morale e sociale, e di divenire un membro utile alla società. Il superiore interesse del fanciullo deve essere la guida di coloro che hanno la responsabilità della sua educazione e del suo orientamento; tale responsabilità incombe in primo luogo sui propri genitori. Ogni fanciullo deve avere tutte le possibilità di dedicarsi a giochi e attività ricreative che devono essere orientate a fini educativi; la società e i poteri pubblici devono fare ogni sforzo per favorire la realizzazione di tale diritto.

Principio ottavo: in tutte le circostanze, il fanciullo deve essere fra i primi a ricevere protezione e soccorso.

Principio nono: il fanciullo deve essere protetto contro ogni forma di negligenza, di crudeltà o di sfruttamento. Egli non deve essere sottoposto a nessuna forma di tratta. Il fanciullo non deve essere inserito nell’attività produttiva prima di aver raggiunto un’età minima adatta. In nessun caso deve essere costretto o autorizzato ad assumere un’occupazione o un impiego che nuocciano alla sua salute o che ostacolino il suo sviluppo fisico, mentale, o morale.

Principio decimo: il fanciullo deve essere protetto contro le pratiche che possono portare alla discriminazione razziale, alla discriminazione religiosa e ad ogni altra forma di discriminazione. Deve essere educato in uno spirito di comprensione, di tolleranza, di amicizia fra i popoli, di pace e di fratellanza universale, e nella consapevolezza che deve consacrare le sue energie e la sua intelligenza al servizio dei propri simili.

mercoledì 19 novembre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 19 novembre.

Il 19 novembre 1493 Cristoforo Colombo sbarca per primo sull'isola che in seguito verrà battezzata Porto Rico.

Non si hanno informazioni certe relative alla storia dell’isola di Porto Rico prima dell’arrivo di Cristoforo Colombo. La ricostruzione delle origini è dovuta alle scoperte archeologiche e dalle trascrizioni dei racconti degli spagnoli.

Il primo libro sulla storia di Porto Rico fu scritto 283 anni dopo l’insediamento degli spagnoli sull’isola.

I primi abitanti dell’isola furono gli Ortoiroid che si sono insediati intorno al 2000 a.C.

Tra il VII e l’XI secolo la cultura dei Taino si sviluppò notevolmente e attorno all’anno 1000, divennero il popolo dominante di Porto Rico. Essi mantennero questo dominio fino all’arrivo degli spagnoli, nel 1493.

Le tribù indiane Arawak  e Taino chiamarono l’isola Borikén.

Cristoforo Colombo fu il primo europeo a raggiungere l’isola durante il suo secondo viaggio alle Antille, il 19 novembre del 1493. Tuttavia alcuni sostengono che non fu Colombo a scoprire Porto Rico, bensì Martín Alonso Pinzón, che nel 1492 si era separato da Colombo continuando da solo le sue esplorazioni. La Corte spagnola diede a Pinzón un anno di tempo per poter iniziare l’opera di insediamento e colonizzazione che avrebbe permesso loro la rivendicazione dell’isola, ma il progetto fallì.

Cristoforo Colombo dette il nome a quest’isola in onore di San Giovanni Battista, ma ben presto divenne Puerto Rico che letteralmente significa “porto ricco”. Il nome originale rimase a designare la città più grande, nonché capitale, San Juan. Il conquistador spagnolo Juan Ponce de León divenne l’effettivo governatore in carica di Porto Rico, poiché Vicente Yáñez Pinzón, eletto governatore prima di Juan Ponce, non raggiunse mai l’isola.

Porto Rico fu subito colonizzata dagli spagnoli, i quali vi portarono un gran numero di schiavi africani che furono obbligati a lavorare per la corona spagnola. L’isola divenne in breve tempo porto strategico dell’Impero spagnolo nei Caraibi. Per difendersi dai nemici europei che miravano alla conquista dell’isola, gli spagnoli costruirono numerosi forti e muraglioni per proteggere la capitale.

Nel 1809, venne riconosciuto Porto Rico come territorio spagnolo d’oltreoceano con il diritto di inviare deputati alla Corte spagnola. Il deputato Ramón Power y Giralt divenne vice presidente e le sue riforme costituzionali del XIX secolo favorirono l’incremento demografico e la crescita economica, e soprattutto conferirono una maggiore notorietà all’isola.

Successivamente, la povertà e l’allontanamento politico dalla Spagna portarono a una piccola ma significativa insurrezione, nel 1868, conosciuta come Grito de Lares (Pianto di Lares) che fu facilmente e immediatamente soppressa.

Pochi anni dopo sorse il movimento autonomo portoricano, iniziato da Román Baldorioty de Castro e portato avanti da Luis Muñoz Rivera verso la fine del secolo. Nel 1897, Muñoz Rivera e altri indipendentisti persuasero il governo liberale spagnolo a riconoscere e accettare lo Statuto per l’autonomia di Porto Rico. L’anno seguente venne organizzato il primo, anche se di breve durata, governo autonomo portoricano. Si raggiunse quindi il compromesso di mantenere un governatore nominato dalla Spagna, il quale aveva il potere di annullare qualsiasi decisione legislativa con cui non era d’accordo, e una struttura parlamentare parzialmente eletta.

Il 25 luglio 1898, con lo scoppio della guerra ispano-americana, Porto Rico fu invasa dagli Stati Uniti d’America. Con il trattato di Parigi del 1898 la Spagna fu obbligata a cedere Porto Rico, assieme a Guam e alle Filippine, agli USA.

Negli anni successivi alla grande depressione del 1929, Pedro Albizu Campos fondò un movimento nazionale a favore dell’indipendenza: il Partito Nazionalista Portoricano. Ma il vero cambiamento politico del paese avvenne negli ultimi anni delle amministrazioni Roosevelt e Truman. Nel 1946 con la nomina, da parte del presidente Truman, del primo governatore di origine portoricana, Jesus Piñero. Nel 1947 gli Stati Uniti concessero il diritto di eleggere democraticamente il governatore di Porto Rico ed il 2 gennaio 1949 Luis Muñoz Marín divenne il primo governatore di Porto Rico ad essere eletto dal popolo.

Il 1º novembre 1950 due nazionalisti portoricani tentarono di assassinare il presidente Truman, e come conseguenza immediata egli autorizzò il referendum democratico in Porto Rico. Ciò avvenne nel 1952, e tale costituzione assunse i connotati di un Commonwealth politico.  Finalmente durante gli anni cinquanta l’isola conobbe una rapida industrializzazione, grazie ad ambiziosi progetti quali l’operazione Bootstrap, che si proponeva di cambiare le basi dell’economia portoricana da agricole a manifatturiere.

Negli ultimi decenni ci sono stati diversi plebisciti per decidere se Porto Rico dovesse consolidare il Commonwealth oppure richiedere di diventare uno stato federato statunitense a tutti gli effetti. Ma gli Stati Uniti hanno avuto sempre la vittoria e di conseguenza nulla è mutato nel sistema politico di Porto Rico.

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