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Il 23 agosto 1939 Germania Nazista e Unione Sovietica firmano il Patto Molotov-Ribbentrop.
Il trattato di non aggressione firmato il 23 agosto 1939 tra la Germania nazista e l’Unione Sovietica è passato alla storia come uno dei più sconcertanti avvenimenti del Novecento. In effetti, il Patto portò a compimento la rottura dell’ordine internazionale definito a Versailles, rottura imposta dal “crescendo” dell’iniziativa italo-tedesca (Anschluss, Monaco e smembramento della Cecoslovacchia, rinascita della “grande Ungheria”) e passivamente subita dalle grandi potenze.
Il Patto concesse a Stalin l’occasione di ricostituire almeno in parte la dimensione territoriale dell’impero zarista. Non è un caso se oggi, nella Russia “putiniana” in cui si celebra la Realpolitik di Stalin, il Patto venga pienamente giustificato sul piano geopolitico, come mossa difensiva, antipolacca e anti-baltica, mentre gli si nega il carattere di invasione preordinata e spartitoria.
A sconcertare, all’epoca, fu soprattutto la lunga “luna di miele” tra Stalin e Hitler, durata fino all’invasione del giugno ’41, costellata di molti episodi poi oscurati dalla propaganda antifascista: la parata militare comune russo-tedesca a Brest-Litovsk (settembre ’39); gli auguri di Hitler per il compleanno di Stalin (dicembre ’39: Stalin rispose riferendosi all’«amicizia russo-tedesca sigillata nel sangue»); la scomparsa dai cinematografi russi del kolossal di grande successo Aleksandr Nevskij di S. Ejzenštejn, uscito alla fine del 1938 ma poi divenuto troppo antitedesco; le conferenze di lavoro tra Gestapo e NKVD (la polizia segreta sovietica) dell’inverno ’39-40, per coordinare la repressione in Polonia; le ripetute congratulazioni di Molotov in occasione delle vittoriose invasioni naziste in Europa; gli scambi di cortesie tra le rispettive marine militari operanti al largo della Finlandia; la firma (gennaio 1941) di un altro protocollo segreto sulla Lituania, con compensazioni sovietiche in oro, l’offerta (tardiva) a Stalin di aderire all’asse Roma-Berlino-Tokyo, e la sua colpevole incredulità di fronte alle notizie che preannunciarono l’invasione tedesca. Nel frattempo, centinaia di comunisti tedeschi e austriaci rifugiati in Unione Sovietica, tra cui molti dirigenti e quadri importanti, vennero consegnati in “omaggio” alla Gestapo: almeno ottocento, di cui oltre cinquecento con un’unica spedizione ferroviaria, nel febbraio 1940. Finirono tutti nei lager.
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