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martedì 19 settembre 2023

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 19 settembre.
Il 19 settembre 1868 ha inizio "la gloriosa", la rivoluzione spagnola che portò a sei anni di democrazia.
A metà degli anni 1860, il malcontento contro il regime monarchico di Isabella II era evidente tra gli ambienti popolare, politico e militare. Il moderatismo spagnolo, al potere dal 1845, si trovava di fronte ad una forte crisi interna e non era stato in grado di risolvere i problemi del paese. La crisi economica era ancora più grave dopo le perdite della Guerra Ispano-Sudamericana e le rivolte, come quella condotta da Juan Prim nel 1866 e la rivolta dei sergenti di San Gil, si moltiplicavano. Durante l’esilio, liberali e repubblicani si accordarono con il Patto di Ostenda (1866) ed a Bruxelles (1867) in modo da creare maggiori disordini per ottenere un drastico cambiamento di governo, non tanto per sostituire il presidente Narváez, quanto con l’obiettivo ultimo di destituire la stessa Isabella II e bandirla dal trono spagnolo. Alla morte di O'Donnell nel 1867, si verificò un’importante migrazione di simpatizzanti dell’Unione Liberale, che propugnava la destituzione di Isabella II e lo stabilimento di un governo più efficace in Spagna, verso le posizioni del fronte.
A settembre 1868 la sorte della corona era già decisa. Le forze navali con base a Cadice, comandate da Juan Bautista Topete y Carballo, si ammutinarono contro il governo di Isabella II. La rivolta avvenne nello stesso luogo in cui cinquant’anni prima il generale Riego si era rivoltato contro il padre della regina, Ferdinando VII. Il proclama dei generali ammutinati a Cadice il 19 settembre 1868 affermava:
« Spagnoli: La città di Cadice in rivolta con tutta la provincia (...) nega l’obbedienza al governo che risiede a Madrid, sicura che sia il leale interprete dei cittadini (...) e decide di non deporre le armi finché la Nazione non recuperi la sovranità, manifesti la propria volontà e che questa sia compiuta. (...) Calpestata la legge fondamentale (...), corrotto il suffragio dalla minaccia, (...) morto il Municipio; foraggiata dell’Amministrazione e l’Azienda dell’immoralità; tirannizzata l’istruzione; messa a tacere la stampa (...). questa è la Spagna di oggi. Spagnoli, chi la detesta tanto da non azzardarsi ad esclamare: “Dev’essere sempre così?” (...) Vogliamo che una legalità comune creata per tutti abbia l’implicito e costante rispetto di tutti. (...) Vogliamo che un Governo provvisorio, che rappresenti tutte le forze vive del paese, assicuri l’ordine, mentre il suffragio universale getta le fondamenta della nostra rigenerazione sociale e politica. Per realizzare il nostro proposito incrollabile ci affidiamo al concorso di tutti i liberali, unanimi e compatti davanti al pericolo comune; con l’appoggio delle classi agiate, che non vorranno che il frutto del loro sudore continui ad arricchire l’interminabile serie di favoriti; con i difensori dell’ordine, se vogliono vedere quanto stabilito su solide basi di moralità e del diritto; con gli ardenti sostenitori delle libertà individuali, le cui aspirazioni saranno al riparo della legge; con l’appoggio dei ministri dell’altare, interessati prima di tutti ad offuscare nelle proprie origini le fonti del vizio e dell’esempio; con tutto il popolo e con l’approvazione, infine, dell’Europa intera, poiché non è possibile che il consiglio delle nazioni abbia decretato o decreti che la Spagna deve vivere nell’umiliazione. (...) Spagnoli: accorrete tutti alle armi, unico mezzo per iniziare l’effusione di sangue (...), non sotto l’impulso del rancore, sempre funesto, né con la furia dell’ira, ma con la solenne e poderosa serenità con la quale la giustizia impugna la propria spada! Che viva la Spagna con onore! »
Lo firmano Juan Prim, Domingo Dulce, Francisco Serrano, Ramón Nouvillas, Rafael Primo de Rivera, Antonio Caballero de Rodas e Juan Bautista Topete.
A quel punto si avvertiva l’esistenza di diverse forze in gioco: mentre i militari si manifestavano monarchici e pretendevano solo di sostituire la Costituzione ed il monarca, le Giunte, più radicali, mostravano la loro intenzione di raggiungere una vera rivoluzione borghese, basata sul principio della sovranità nazionale. Conviene segnalare anche la partecipazione di gruppi contadini andalusi, che aspiravano alla Rivoluzione Sociale.
Sia il presidente Ramón María Narváez che il suo ministro capo Luis González Bravo abbandonano la regina. Narváez morirà lo stesso anno, facendo penetrare la crisi nei settori moderati. I generali Prim e Francisco Serrano denunciarono il governo e gran parte dell’esercito disertò, passando dalla parte dei generali rivoluzionari al loro rientro in Spagna.
Il movimento iniziato in Andalusia si estese velocemente ad altri luoghi del paese, senza che le truppe del governo facessero seriamente fronte alle ribellioni. L’appoggio di Barcellona e di tutta la zona mediterranea fu definitivo per il trionfo della rivoluzione. Nonostante la dimostrazione di forza della Regina nella Battaglia di Alcolea, i fedeli del generale Manuel Pavia vennero sbaragliati dal Generale Serrano. Isabella si vide quindi obbligata all’esilio ed attraversò la frontiera della Francia, dalla quale non tornerà più.
A partire da questo momento e per sei anni (1868-1874) si cercherà di creare in Spagna un sistema di governo rivoluzionario, conosciuto come Sessennio democratico, finché il fallimento finale (che rischiava di costare l’esistenza della Spagna come nazione) portò di nuovo al potere i moderati.
Lo spirito rivoluzionario, che era riuscito a distruggere il governo spagnolo, mancava comunque di un chiaro indirizzo politico. La coalizione di liberali, moderati e repubblicani faceva fronte al compito di trovare un governo migliore che sostituisse quello di Isabella II. Il controllo del governo passò in un primo momento a Francisco Serrano, artefice della precedente rivoluzione contro la dittatura di Baldomero Espartero. All’inizio, le Corti rifiutarono il concetto di repubblica per la Spagna e Serrano venne nominato reggente, mentre si cercava un monarca adeguato per guidare il paese. Nel frattempo si scriveva la Costituzione di corte liberale, che finalmente veniva promulgata dalle corti nel 1869; era la prima Costituzione, entrata in vigore, che poteva chiamarsi tale dalla Costituzione di Cadice del 1812.
La ricerca di un Re adatto dimostrò di essere molto problematica per le Corti. I repubblicani, in fondo, erano inclini ad accettare un monarca che fosse una persona capace e rispettosa della Costituzione. Juan Prim, l’eterno ribelle contro i governi isabelliani, venne nominato reggente nel 1869 ed è sua la frase: ‘’«Trovare un re democratico in Europa è tanto difficile quanto trovare un ateo in cielo!». Venne considerata anche l’opzione di nominare re il vecchio Baldomero Espartero, nonostante incontrasse la resistenza dei settori progressisti; alla fine, nonostante lo stesso rifiutasse la nomina a re, ottenne otto voti nel riscontro finale. Molti proponevano il giovane figlio di Isabella, Alfonso (che in seguito diventerà Re Alfonso XII di Spagna), ma il sospetto che questo potesse essere facilmente influenzabile da sua madre e che avrebbe potuto ripetere gli errori della regina precedente, gli facevano perdere molti punti. Anche Ferdinando di Sassonia-Coburgo, antico reggente del vicino Portogallo, venne considerato come un’alternativa. Un’altra delle possibilità, che proponeva il Principe Leopoldo de Hohenzollern, avrebbe causato la Guerra Franco-Prussiana. Alla fine si optò per un re italiano, Amedeo di Savoia, ma il suo regno durò solo tre anni, dal 1870 al 1873.

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