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lunedì 5 giugno 2023

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 5 giugno.
Il 5 giugno 1981 viene evidenziato il primo caso conclamato dell'AIDS.
In realtà, come spiega l’edizione italiana di Science, «Ha un luogo e un tempo precisi l’inizio della pandemia di AIDS che ha infettato fino a oggi quasi 75 milioni di persone e fatto 36 milioni di morti. Il luogo è il tratto camerunense del fiume Sangha, un affluente del Congo, dove, intorno al 1920, qualcuno si mise in viaggio verso Léopoldville (l’attuale Kinshasa) dopo essere stato infettato, probabilmente durante una battuta di caccia, da uno scimpanzé portatore del ceppo di SIV (simian immunodeficiency virus) più simile a quello dell’HIV che si conosca».
E’ così che è cominciata la lenta propagazione dell’AIDS da Kinshasa, allora oscura città dello Stato Libero del Congo, regno privato di Leopoldo II del Belgio, che poi si sarebbe diffuso in Africa seguendo i percorsi delle ferrovie.
La prima pubblicazione su  un caso di AIDS  risale al 1981 e l’identificazione dell’HIV-1, il più diffuso nel mondo, è del 1983.  Nonostante tutte le teorie complottiste circolate da allora, non ci sono ormai più dubbi che l’HIV-1 sia una forma evolutasi da un virus che è  passato dalla scimmia all’uomo e poi portato da qualcuno, quasi 100 anni fa, dalle foreste del Camerun fino ad una grande città africana.
Per ricostruire la storia dell’AIDS un team internazionale di virologi, genetisti e biologi  ha analizzato le sequenze genetiche di centinaia di campioni di HIV-1 prelevati nella Repubblica democratica del Congo ed in 4 Paesi vicini nel corso del XX secolo e conservati negli Usa, nel Los Alamos National Laboratory, risalendo così a subito dopo la comparsa delle mutazioni del virus e capendo dove era localizzato il primo focolaio di infezione.  Science sottolinea che « I ricercatori hanno così documentato 13 diversi episodi in cui un virus dell’immunodeficienza delle scimmie ha fatto il salto di specie e infettato l’essere umano. Ma solo il virus noto come HIV-1 di gruppo M è riuscito a diffondersi e a dar luogo a un’epidemia».
Per cercare di capire le circostanze che hanno permesso all’epidemia di diffondersi da Leopoldville/Kinshasa, i ricercatori hanno confrontato i loro risultati  con la storia delle attività umane in Africa Centrale e  Martine Peeters, virologa dell’unità multidisciplinare UMI 233 del’Institut de recherche pour le développement di Montpellier, spiega su Le Monde: «Abbiamo messo insieme i pezzi del puzzle per stabilire dove e quando il virus è transitato dal suo serbatoio animale per passare all’uomo. Questo passaggio dalla scimmia all’uomo si era senza dubbio prodotto a più riprese senza che scoppiasse un’epidemia, il virus restava relegato nella foresta, ma il virus si è trovato al posto giusto nel momento giusto e l’epidemia è iniziata».
Probabilmente il ceppo all’origine della pandemia di Aids che fino ad oggi ha infettato 75 milioni di persone aveva come ospite uno scimpanzé che viveva nel sud-est del Camerun e che è stato abbattuto per mangiarne la carne, oppure qualcuno si è infettato attraverso una ferita,  è questo cacciatore umano contaminato che ha portato  il virus a Leopoldiville/Kinshasa dove, secondo gli archivi coloniali, all’epoca c’era un intenso sviluppo degli scambi commerciali fluviali tra Camerun e Congo, soprattutto per l’avorio ed il caucciù.
Dopo, tra gli anni ’20 e ’50, l’urbanizzazione ed i trasporti, in particolare quelli ferroviari, hano fatto il resto, collegando l’industria mineraria coloniale a Kinshasa.  Nel 1937, l’antenato dell’HIV-1 pandemico si era già insediato a Brazzaville, allora capitale dell’ex colonia francese del Congo ed oggi della Repubblica del Congo, a 6 km da Leopoldville/Kinshasa, sull’altra sponda del fiume Congo. Più o meno alla stessa epoca, il virus si era già diffuso in altre grandi città dell’attuale Repubblica democratica del Congo (Rdc) a sud-est di Kinshasa. Nello stesso periodo ha raggiunto  Lubumbashi e  poi Mbuji-Mayi, sempre seguendo i binari della ferrovia che traversava il Congo Belga da ovest a sud-est, trasportando nel 1922 più di 300.000 persone che nel 1948 erano più di un milione. Nel decennio successivo l’Aids ha raggiunto Bwamanda e Kisangani, nel nord-est della RDc, ma stavolta per via fluviale. E’ proprio a Mbuji-Mayi  che si sarebbero sviluppati sia il sottotipo C del gruppo M, all’origine della metà circa di tutte le infezioni nell’Africa sub-sahariana, sia il sottotipo B, responsabile della maggior parte delle infezioni in Europa e negli Usa.
L’espansione dell’epidemia è stata poi favorita dallo spostamento dei lavoratori verso le aree minerarie e i centri urbani, dall’aumento della prostituzione e dalle iniezioni per trattare le malattie trasmesse sessualmente eseguite su più persone con materiale non sterilizzato.
Quando il Congo-Kinshasa diventò indipendente nel 1960 nel Paese c’erano già lavoratori immigrati da Haiti e sono loro che hanno portato l’AIDS nei Caraibi al loro ritorno, avvenuto intorno al 1964. E’ da Haiti che il virus ha raggiunto gli Usa, mentre allo stesso tempo si stava propagando negli altri Paesi dell’Africa subsahariana.
I ricercatori hanno confermato la predominanza nell’epidemia dell’HAIV-1 del gruppo M (maggioritario) a detrimento del gruppo O e la Peeters spiega ancora: «Un virus passato dall’animale all’uomo deve potersi adattare a questo nuovo ospite, l’HIV-1 del gruppo M doveva possedere delle caratteristiche. Una volta adattatosi, il virus deve potersi replicare nell’ospite e bisogna che quest’ultimo possa trasmetterlo ad altri individui, senza di che non si può avere un’epidemia».
La ricostruzione del percorso cronologico del virus dell’AIDS, uscito dalla foresta, passato da un animale (uno scimpanzé) all’uomo (probabilmente un cacciatore) e propagatosi in una grande città sotto forma di epidemia non riconosciuta, assume un particolare rilievo mentre l’epidemia di Ebola (che sembra avvenuta più o meno con le stesse modalità) fa strage in Africa Occidentale. Secondo la Peeters «Esiste un parallelo tra le due epidemie, ma nessuno si aspettava che il virus Ebola uscisse e si trasmettesse  così velocemente, molto più velocemente dell’HIV. Bisogna dire che le vie di trasmissione non sono le stesse, essendo molto più facili per Ebola, e che l’incubazione è nettamente più breve che per il virus HIv».
La dimostrazione sta nel fatto che l’AIDS ci ha messo 60 anni per diventare epidemico, Ebola solo 40.

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