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venerdì 3 settembre 2021

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 3 settembre.
Il 3 settembre 2004 si concluse nel peggiore dei modi il sequestro di Beslan iniziato il primo settembre nella scuola Numero 1 di Beslan, nell'Ossezia del Nord, una repubblica autonoma nella regione del Caucaso nella federazione russa, dove un gruppo di 32 ribelli fondamentalisti islamici e separatisti ceceni occupò l'edificio scolastico sequestrando circa 1200 persone fra adulti e bambini.
Tre giorni di tragedia conclusi con un massacro: 332 persone uccise fra cui 186 bambini. E un'eredità pesante: tra gli 800 scampati ci sono tanti orfani, tanti mutilati, ragazzini segnati per sempre dal fuoco e dalla crudeltà.
Era il giorno di riapertura delle scuole in Russia, quella mattina riuniti nel cortile c'erano famiglie, bambini, insegnanti, 1.200 persone in tutto. Che di lì a poco sarebbero state assalite da un commando di 32 uomini armati. Estremisti islamici, separatisti ceceni, si disse. Di certo belve feroci che per due giorni tennero in ostaggio adulti e bambini nella palestra, una stanza di 25 metri per 10.  Senza acqua nè cibo, vittime di violenze di ogni genere e ogni tanto di arbitrarie uccisioni. Che cosa volessero ottenere i sequestratori non si è mai capito, dato che l'indipendenza della Cecenia pare un obiettivo un tantino ambizioso e poco realistico, anche per il sequestro di un'intera scuola. Com'è finita la vicenda è storia: un'esplosione, anzi due, l'intervento delle forze di sicurezza russe, una strage senza nè capo nè coda.
La scuola non è stata ricostruita: le rovine sono il monumento ai morti e la meta ogni anno di un pellegrinaggio di parenti e paesani che portano in ricordo fiori, giocattoli, candele. Ma anche bottiglie d'acqua e cibo. Per le anime, che forse soffrono ancora per le privazioni di quei giorni, chissà. I racconti dei sopravvissuti descrivono l'inferno. Chi era scampato alle privazioni e alle esecuzioni arbitrarie morì nel rogo finale. Chi ne uscì vivo spesso ne porta segni indelebili.
La ricostruzione dell'accaduto dice  che il 3 settembre i terroristi permisero infine a quattro medici di entrare nella scuola, almeno per portare via i cadaveri. Ma quando i dottori si avvicinarono, aprirono il fuoco. Seguirono due esplosioni che demolirono un muro e permisero ai più intraprendenti tra gli ostaggi di uscire. Solo per trovarsi in mezzo al fuoco incrociato delle forze speciali e dei sequestratori.
Ma restano degli interrogativi sull'accaduto. Tanti, troppi secondo i parenti delle vittime che da allora chiedono, inutilmente, delle risposte. L’associazione «Voce di Beslan» ha inviato una lettera all'allora presidente russo Dmitry Medvedev insistendo per un incontro, tornando a chiedere un’indagine indipendente sulla vicenda, nella quale potrebbero essere coinvolti anche i servizi segreti.
Quella cioè che non è mai stata concessa da Mosca. Finora c'è stata solo un’indagine parlamentare, che ha messo in luce le responsabilità dei militari russi, che durante l’irruzione nella scuola ignorarono ogni criterio di sicurezza degli ostaggi. Un rapporto finito nel silenzio, lo stesso del presidente Medvedev, che ha evitato qualsiasi riferimento a Beslan nel discorso per l’apertura dell’anno accademico.
«Nessuno di noi è un eroe da solo» ha scritto il poeta Evgenij Evtushenko. «Ma dinanzi alla nuda verità siamo nudi tutti. Io sto insieme ai bambini bruciati. Sono anch’io uno di loro, uno della scuola di Beslan».

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