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mercoledì 10 giugno 2020

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 10 giugno.
Il 10 giugno 1918 venne compiuta la cosiddetta "Impresa di Premuda", con la quale la marina militare italiana pose fine ai piani espansionistici dell'Impero Austro-Ungarico sul mare Adriatico: questo successo, rilevante sul piano strategico e nondimeno su quello del morale, sancì la supremazia italiana e fu l'ultimo capitolo di una guerra sul mare parallela a quella combattuta lungo la frontiera Nord-Orientale della penisola.
E' per questo motivo che la marina militare italiana celebra ogni anno la propria festa il 10 giugno.
 I piccoli ma micidiali, avanzatissimi motoscafi MAS concepiti e costruiti in Italia, affidati al comandante Luigi Rizzo e ai suoi uomini audaci ed esperti quel giorno riuscirono ad affondare nelle acque della Dalmazia la corazzata imperiale Santo Stefano (Szent Istvàn), che sarebbe dovuta intervenire nell'attacco su larga scala contro il blocco del Canale di Otranto.
La porta dell'Impero Asburgico sul mare è la città di Trieste, base di una flotta che si costituisce durante il XIX secolo con lo scopo di presidiare le roccaforti lungo le coste della Dalmazia. Nei primi anni del '900, al fine di contrastare il consolidamento del giovane Regno d'Italia deciso ad una completa riunificazione, si provvede ad una necessaria modernizzazione della Marina Imperiale attraverso un programma che, avviato tardivamente, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale risulta ancora in via di attuazione.
L'Impero può comunque contare sulla nuova base di Pola, su circa 400 unità, di cui numerosi sommergibili, e soprattutto le quattro grandi corazzate della classe "Viribus Unitis" recentemente varate. Mentre la SMS Viribus Unitis, la Tegetthoff e la Prinz Eugen sono state costruite negli Stabilimenti Tecnici Triestini, la Szent Istvàn è frutto del compromesso (Ausgleich) con il quale è concessa nel 1867 una maggiore autonomia alla componente ungherese dell'Impero: viene costruita nei cantieri navali ungheresi di Fiume, e prende il nome del santo patrono dei magiari, entra però in servizio a conflitto già iniziato, il 17 novembre 1915.
Le corazzate Tegetthoff e Prinz Eugen si sono rese protagoniste del cannoneggiamento della costa di Ancona nello stesso giorno in cui il regno d'Italia entra in guerra, il 24 maggio 1915, ma ben presto l'Adriatico si rivela poco adatto alle navi di grande stazza e più congeniale, viceversa, ai più economici sottomarini. Anche i tedeschi inviano nell'Adriatico mezzi subacquei in grande quantità, allo scopo di forzare il blocco che le flotte dell'Intesa hanno imposto sul canale di Otranto.
L'attività delle navi maggiori della flotta imperiale è circoscritta ad incursioni sporadiche, e salvo rare esercitazioni anche la Szent Istvàn è per la maggior parte del tempo ferma in rada nella base di Pola.
In seguito alla sconfitta subita nel 1866 sul mare di Lissa, durante le guerre risorgimentali, la Marina del Regno d'Italia conosce un'importante evoluzione che porta allo sviluppo di mezzi all'avanguardia, come le corazzate Enrico Dandolo, Caio Duilio, Italia e Lepanto che diventano modelli di eccellenza, la pietra di paragone di una flotta moderna anche per gli Stati Uniti e la Gran Bretagna.
La Regia Marina introduce per la prima volta al mondo l'aeroplano all'impiego bellico, durante la campagna di Libia del 1911-12 contro l'Impero Ottomano, e alla vigilia del Primo Conflitto Mondiale concepisce navigli leggeri e veloci, in grado di sfruttare la disposizione geografica dell'Italia e i bassi fondali (inadatti ai grandi scafi) per incursioni-lampo tra le linee nemiche. Nascono così nei cantieri di Venezia i le Motobarche Armate SVAN o più semplicemente MAS, inizialmente definiti come "Motobarche Anti Sommergibili", ma presto ribattezzati "Motoscafi Armati Siluranti" in ragione della loro versatilità e del potenziale offensivo apportato dai siluri, o torpedini, l'arma sviluppata proprio dagli austriaci a Fiume cinquant'anni prima.
Al pari delle moderne corazzate progettate dall'ingegnere Brin, anche i MAS disegnati da Attilio Bisio sono gioielli della tecnica, dislocati in circa 10 tonnellate e capaci di raggiungere i 24 nodi, che si rivelano, partendo dalle basi di Venezia, Grado ed Ancona, particolarmente appropriati ad azioni di forzamento dei porti austriaci nell'alto Adriatico e non solo allo sminamento o al pattugliamento contro mezzi sottomarini.
Tale convinzione, condivisa dal Capo di Stato Maggiore, l'Ammiraglio Thaon di Revel, è confermata come fondata da una fortunata serie di incursioni e in particolare quando, nella notte tra il 9 e il 10 dicembre 1917, nell'anno di guerra più difficile per l'Italia, viene affondata a Trieste la corazzata nemica Wien, ad opera dei MAS 9 e 13 comandati dal Capitano Luigi Rizzo.
Due mesi dopo, tra il 10 e l'11 febbraio del 1918, lo stesso Rizzo, già decorato con la Medaglia d'Oro, insieme a Gabriele D'Annunzio e Costanzo Ciano viola le maglie del sistema difensivo austriaco fino a penetrare in un porto nemico per quella che sarà ricordata come la "Beffa di Buccari".
Nella notte del 4 aprile, un commando di 60 marinai austriaci guidati dal tenente Weith sbarca sulla costa adriatica nei pressi di Falconara Marittima per catturare i motoscafi di Rizzo ormeggiati ad Ancona: le spie vengono scoperte, seppure in extremis, e l'evento rivela quanto preoccupato interesse abbiano destato presso gli austriaci le azioni condotte dai MAS.
Grazie anche al sostegno della flotta alleata britannica, francese ed americana, durante la prima metà del 1918 la Regia Marina perfeziona il blocco del canale di Otranto con la realizzazione di un colossale sbarramento fisico fatto di reti e mine, per impedire l'accesso anche ai sottomarini nemici. Nel tentativo di forzare il blocco, divenuto un'autentica muraglia, dopo numerosi tentativi senza successo il comando della flotta austro-ungarica agli ordini dell'Ammiraglio Horthy mette a punto un'offensiva combinata su larga scala che dovrebbe, senza grandi rischi, aprire la via al Mediterraneo assicurando un significativo guadagno strategico e un importante effetto sul morale delle truppe.
La Marina Imperiale intende sostenere dal mare, con un'azione in grande stile, un'imminente offensiva di terra (la cosiddetta "Battaglia del Solstizio") che potrebbe decidere le sorti della guerra.
Nella notte dell'8 giugno 1918, salpa da Pola un primo squadrone guidato dalle navi maggiori Viribus Unitis e Prinz Eugen, diretto verso Sud in attesa di essere raggiunto dalle altre corazzate. Il giorno successivo, anche la Szent Istvàn e la sua gemella Tegetthoff lasciano il porto di Pola scortate da una numerosa formazione di torpediniere, anche se con qualche ritardo; a bordo della Tegetthoff è ospitata una squadra di fotografi e cineoperatori attrezzati in modo da ritrarre la grande vittoria prevista con l'attacco dell'11 giugno.
Negli stessi momenti si appostano in agguato i MAS 21 e 15 guidati da Giuseppe Aonzo e Armando Gori al comando di Luigi Rizzo, partiti da Ancona alle ore 17, scortati da una squadriglia di cacciatorpediniere, con il compito di perlustrare la costa dalmata e procedere allo smantellamento di eventuali campi minati.
Dopo oltre quattro ore di navigazione senza incontrare ostilità, i MAS riprendono la rotta del ritorno ed improvvisamente, alle ore 3 del mattino al largo dell'isola di Premuda, avvistano i fumi di quella che ha tutta l'aria di essere una grande formazione di navi austriache.
Anziché limitarsi a registrare la situazione e rientrare con cautela alla base, i MAS si lanciano, coperti dalle prime luci dell'alba alle loro spalle, all'attacco della squadra nemica: si avvicinano da Est alle corazzate, il bersaglio più importante e pericoloso, a grande velocità; riescono a sganciare a meno di 300m di distanza 4 siluri che colpiscono la Tegetthoff e in maniera più grave la Szent Istvàn. Impegnati in manovre evasive, per sfuggire al fuoco austriaco durante una concitata fase di inseguimento e fare così ritorno incolumi alla base, gli equipaggi dei MAS non hanno la possibilità di accertarsi del risultato conseguito, ma con il passare delle ore la speranza diviene certezza: alle ore 6 del 10 giugno, la Santo Stefano è affondata.
A bordo della Tegetthoff si assiste all'inesorabile sorte della corazzata gemella, e le uniche scene ad essere riprese non testimoniano una grande vittoria, ma sono quelle di una triste sconfitta. Le vittime sono 89, grazie all'abilità del Comandante Seitz e dell'ufficiale macchinista Franz Dueller è tratta in salvo gran parte degli oltre 1000 uomini dell'equipaggio, ma le ambizioni austriache sull'Adriatico subiscono una ferita irreparabile.
Le navi che avrebbero dovuto attaccare il canale di Otranto sono richiamate nelle rispettive basi, e per tutto il resto della guerra non entreranno più in mare aperto: la Marina italiana ha ottenuto il controllo del mare Adriatico e la nuova situazione strategica, oltre a costituire un colpo durissimo al morale austriaco, accresce il prestigio della Regia Marina anche presso gli alleati.
L'impresa di Premuda, più che un fortunato episodio dettato dalle circostanze e dall'audacia individuale, è il risultato di un paziente e metodico insistere per anni in attese snervanti in preparazione agli agguati.
L'Ammiraglio Thaon di Revel emette il comunicato ufficiale:
All'alba del 10 corrente, presso le isole dalmate, due nostre piccole siluranti, al comando del capitano di corvetta Rizzo Luigi da Milazzo, attaccavano una divisione navale austro-ungarica costituita da due grandi corazzate tipo "Viribus Unitis" protette da dieci cacciatorpediniere. Le nostre unità, audacemente oltrepassata la linea dei cacciatorpediniere, colpivano con due siluri la nave capolinea e con uno la seguente; rincorse dai cacciatorpediniere ne danneggiavano gravemente uno e rientravano incolumi alla loro base.
Tutto il paese ha ben ragione di festeggiare.
Luigi Rizzo e i suoi uomini ricevono le congratulazioni delle istituzioni e il riconoscimento della popolazione, tanto da guadagnare a Rizzo, in seguito promosso Comandante e poi Ammiraglio, una eccezionale seconda Medaglia d'Oro al Valore Militare. Al termine della guerra, Luigi Rizzo tenta con esiti alterni di imprimere la propria visione moderata agli eventi di tensione che scaturiscono dalla questione di Fiume, fino ad incrinare i rapporti con il commilitone D'Annunzio, ma negli anni '20 abbandona la propria carriera militare operativa per dedicarsi alla gestione, anche sindacale, del traffico marittimo.
Il MAS 15 di Luigi Rizzo è oggi custodito nel Sacrario delle Bandiere presso il Vittoriano a Roma, mentre le ancore delle corazzate Tegetthoff e Viribus Unitis sono esposte all'entrata del Palazzo della Marina a Roma, a Venezia, a Brindisi.
Il relitto della Santo Stefano riposa a 66 metri di profondità, è stato meta di numerose spedizioni subacquee ed è divenuto oggi un'importante attrazione turistica.
La data del 10 giugno è assunta ufficialmente come giorno di festa della Marina (prima celebrata il 4 dicembre) soltanto nel 1939 e, dopo una sospensione seguita alla Seconda Guerra Mondiale, è stata reintrodotta nel 1950 (nuovamente nel giorno di Santa Barbara) ed infine ripristinata nel 1964 all'anniversario dell'azione di Premuda. La tradizionale manifestazione, in ricordo di un'impresa senza precedenti condotta da uomini di straordinario coraggio, rivive ogni anno alla presenza delle massime istituzioni e nel 2008 ha avuto luogo, in occasione del novantesimo anniversario, sullo sfondo monumentale dell'Arsenale di Venezia.

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