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sabato 20 giugno 2020

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 20 giugno.
Il 20 giugno 1837 la Regina Vittoria sale al trono d'Inghilterra, sul quale siederà fino alla morte. Il suo è stato il più lungo regno della storia Britannica fino al 2015 quando la regina Elisabetta II ha eguagliato, e superato, il suo primato.
Agli inizi dell'800 In Inghilterra regna re Giorgio IV, attorno al quale si innesta una spirale di trame per la successione, in quanto Giorgio IV non ha eredi. Alla sua morte sale al trono il fratello Guglielmo IV. Il problema si ripresenta perché nemmeno Guglielmo IV ha figli e la sua morte potrebbe segnare la fine dalla dinastia dei Windsor sul trono d'Inghilterra. La partita per la successione si riduce agli altri figli di Giorgio III: una è femmina ed è tagliata fuori dal gioco; questa va in sposa al principe Leopoldo, destinato più tardi a diventare il re del Belgio. Un altro figlio è il duca di Clarence che non ha alcuna intenzione di unirsi in matrimonio; l'ultimo erede è Edoardo, il quale ha cinquanta anni e vive da più di venti con una donna di basso rango. Quest'ultimo viene interpellato e, seppure con riluttanza, si fa convincere: gli viene scelta in moglie una sorella vedova di Leopoldo, Vittoria Maria Luisa.
Quest'ultima annuncia di aspettare un figlio e tutti attendono il futuro re d'Inghilterra: il giorno 24 maggio 1819 avviene la tanto attesa nascita, tuttavia l'erede è una bambina. Il presunto padre non riesce nemmeno a scegliere un nome, perché muore quando la piccola ha solo otto mesi. La bambina viene così chiamata dalla madre con il suo stesso nome, Alexandrina Vittoria. La piccola Vittoria nasce con una malattia genetica: è portatrice sana dell'emofilia.
La bimba cresce tra l'affetto della madre, dello zio Leopoldo e dei due figli di lui, i cugini Alberto ed Ernesto. Guglielmo IV muore nel 1837 quando Vittoria ha 18 anni: la giovane mostra da subito di avere un carattere determinato; prende da subito in mano le redini della situazione dando disposizioni sul funerale dello zio, predisponendo la composizione del corteo.
Un anno dopo viene ufficialmente incoronata Regina d'Inghilterra: Vittoria dimostra di conoscere a fondo la situazione del suo paese, e da subito riforma la scuola; impone nuove leggi che riducono l'orario di lavoro delle donne e dei bambini, e diventa in poco tempo molto popolare. Decide di sposare il cugino Alberto, che si dimostrerà di grande aiuto: il loro sarà inoltre un vero matrimonio d'amore.
In meno di undici anni Vittoria mette al mondo nove figli. Alice è la figlia prediletta della regina, ma anche lei, come le altre figlie, porta con sé il gene dell'emofilia e anche due figli maschi vengono colpiti. La regina viene colpita così dal dolore della perdita di alcuni dei suoi figli. Nel 1861 anche il marito muore a causa della febbre tifoidea.
Dopo due anni di lutto e di dolore, instaura una profonda amicizia con John Brown, il suo stalliere, che diventa suo uomo di fiducia e suo consigliere fino alla morte di lui, che avviene nel 1883, per i postumi di una aggressione (subita da invidiosi che vedevano di cattivo occhio la situazione dello stalliere che diventava fiduciario della regina).
All'età di 64 anni Vittoria è sola con un figlio, Edoardo, l'erede al trono, grasso e abulico, incapace di aiutarla nella conduzione del regno. Alice, la figlia prediletta, muore giovane; gli altri figli sono sistemati in matrimoni di interesse per l'Europa e assenti dalla vita politica internazionale; nessuno dei figli è all'altezza del ruolo della madre. Gli affetti della regina sembrano vivere una situazione disastrosa, tuttavia la caparbia regina Vittoria viaggia e lavora sodo per fare dell'Inghilterra una potenza internazionale.
Arriva anche in Italia dove acquista numerose opere d'arte che si trovano tuttora esposte alla National Gallery di Londra. Diventa così la regina dell'impero più potente della terra: vanta possedimenti in India, Oceania, Africa e tutto il mondo guarda all'impero economico del Regno Unito come ad una guida assoluta, grazie alla lungimiranza e alle straordinarie capacità di statista della regina Vittoria.
Muore a 82 anni il giorno 22 gennaio 1901: stanca e malata chiede di fare una gita in carrozza nei boschi di Osborne; qui chiude gli occhi dolcemente, e la sua dama di compagnia ordina al cocchiere di rientrare in silenzio, credendo che la regina stia dormendo; Vittoria non si sarebbe più svegliata.
Il suo lunghissimo regno viene oggi anche chiamato come "epoca vittoriana".
Il regno della regina Vittoria ha permesso al regno britannico di essere la nazione più potente del mondo. Potenza e ricchezza dovute soprattutto al fatto di aver saputo precedere ogni altro paese europeo sulla via del progresso industriale. La maggior parte delle invenzioni che favorirono lo sviluppo del XIX secolo e che portarono ad una vera rivoluzione nel campo economico e sociale, infatti, sono state compiute in territorio anglosassone. La più importante di esse, l’invenzione della macchina a vapore, cominciò ad essere sfruttata su scala economica ed industriale alla fine del XVIII secolo per opera di un ingegnere scozzese, James Watt, e da allora l’Inghilterra si pose a guida del mondo europeo sulla via delle applicazioni della potenza-vapore prima nelle fabbriche e poi nelle ferrovie. Sicché quando nel 1837 la diciottenne Vittoria salì al trono il paese aveva un numero di fabbriche azionate dall’energia del vapore e un numero di ferrovie superiore a quello di tutto il resto del mondo. Tale supremazia fu mantenuta fino agli ultimi anni della regina, da ciò si deduce che il suo regno ha costituito, almeno per i primi due terzi, la grand’età della superiorità politica e industriale inglese. Ma anche in Inghilterra e nelle isole britanniche nel 1837 la maggior parte delle fabbriche era ben lontana dallo sfruttare l’energia del vapore e le prime ferrovie erano state costruite da non più di dieci anni. In quel primo terzo di secolo l’Inghilterra non era stata governata da re di gran polso: Giorgio III (1760-1820) aveva manifestato fin dal 1810 segni di pazzia; il figlio Giorgio IV era stato più amante dei piaceri che della vita politica e l’immediato predecessore di Vittoria, lo zio Guglielmo IV non aveva dimostrato di aver molto buon senso. Questo però non mancò nè a Vittoria nè al giovane principe Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha il quale sposato nel 1840 seppe esercitare una così vasta influenza sul governo e sulla politica inglese per tutto il tempo in cui visse (morì a 42 anni nel 1861) da meritarsi davvero il titolo di re, pur non avendo altro riconoscimento ufficiale che quello di principe consorte. Prima del matrimonio Vittoria aveva subito l’influsso del primo ministro Lord Melbourne ed egli, benché fosse più uomo di mondo che statista, aveva saputo assumere con tanta serietà il compito di educare politicamente la giovane regina che quando uscì di scena nel 1841, la regina poteva dire di conoscere il suo mestiere non meno del marito. In effetti, i due per i venti anni successivi seppero esercitare un ruolo assai importante nella vita del paese e diedero alla nazione quella caratteristica impronta per metà d’origine tedesca e per metà evangelica che era loro propria e che contraddistinse gli aspetti migliori del cosiddetto periodo vittoriano. Non ugual fortuna ebbe Vittoria col successore di Melbourne, Robert Peel che era un uomo timido e riservato. La Regina era incline a ritenerlo “sciocco” a confronto del beneamato Melbourne, ma non ci fu tuttavia alcun grave disaccordo tra i due. Anzi il ministro Peel (1841-1846) si rese benemerito di riforme assai importanti nel mondo del lavoro e del commercio. Il rapido sviluppo del sistema industriale in Inghilterra provocava già gravi abusi: gli operai erano sovraccarichi di lavoro, sfruttati, e cosa ancor più grave era diffuso l’utilizzo di manodopera infantile. Nei casi peggiori erano costretti a lavorare bambini di cinque e sei anni e anche meno per più di 18 ore al giorno e li si puniva con severità se commettevano qualche mancanza. Si doveva correre al riparo e due leggi del Parlamento, durante il governo Peel, cercarono di rispondere al bisogno: con la prima fu proibito di far lavorare donne e fanciulli sottoterra nelle miniere di carbone e con la seconda si limitò in molte industrie la giornata lavorativa dei bambini a sei ore e mezza e a dodici quella delle donne (diminuita a dieci tre anni dopo). Un altro importante passo avanti, compiutosi sotto il ministro Peel, concerne la così detta legge del “libero commercio” con la quale si abolì ogni dazio sulle merci importate. Il precoce sviluppo industriale inglese aveva permesso alla nazione di produrre manufatti a prezzo assai inferiore a quello degli altri paesi europei e di trovare ampi sbocchi commerciali sui mercati stranieri. Ma nessuno stato estero poteva pagare le merci inglesi senza esportare le proprie in Inghilterra e questo era impedito dagli alti diritti doganali che la stessa Inghilterra, non diversamente dal resto del continente, manteneva su tutte le merci d’importazione, La follia di un simile sistema era stata proclamata fin dal 1776 da un professore scozzese Adam Smith. Nel suo “Wealth of nations” (ricerca sulla natura e cause della ricchezza delle nazioni) egli sosteneva che tutti i paesi avrebbero tratti grandi benefici se si fosse permesso al commercio di trovare libero sfogo grazie all’abolizione di tutti i diritti e dazi doganali che ostacolavano le importazioni. Ma pochi paesi potevano permettersi una cosa simile. Anzi la sola Inghilterra era in grado di mettere in pratica le idee di Smith dato il grande incremento industriale che le era proprio e qui, infatti, fin dal 1820 erano pressoché aboliti tutti i dazi d’importazione per ogni genere di merci, salvo per il grano. Al riguardo sarebbe stato pericoloso per un'isola come quella britannica mettersi in condizione di dipendere quasi esclusivamente dall’estero per i propri approvvigionamenti alimentari col rischio di morire di fame in caso di guerra. Ciò nonostante gli industriali inglesi spinti dal desiderio di ottenere sempre più vasti profitti insistevano, governo dopo governo, perché si corresse questo rischio e nel 1846 ottennero il loro scopo. Peel cedette e da allora si può affermare che tutte le merci straniere abbiano potuto essere liberamente importate in Inghilterra senza l’oppressione d’imposte doganali. Si era giunti al sistema del “libero commercio” ed esso durò ininterrottamente per un centinaio d’anni fino a che le guerre del XX secolo non ne incrinarono le basi e non ne resero impossibile la continuazione.


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