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domenica 26 aprile 2020

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 26 aprile.
Il 26 aprile 1986 alle ore 1:23:44 presso la centrale nucleare V.I. Lenin di Černobyl', in Ucraina vicino al confine con la Bielorussia, allora repubbliche dell'Unione Sovietica, nel corso di un test definito "di sicurezza" (già eseguito senza problemi di sorta sul reattore n°3), furono paradossalmente violate tutte le regole di sicurezza e di buon senso portando ad un brusco e incontrollato aumento della potenza (e quindi della temperatura) del nocciolo del reattore numero 4 della centrale: si determinò la scissione dell'acqua di refrigerazione in idrogeno ed ossigeno a così elevate pressioni da provocare la rottura delle tubazioni di raffreddamento. Il contatto dell'idrogeno e della grafite incandescente con l'aria, a sua volta, innescò una fortissima esplosione e lo scoperchiamento del reattore.
Una nube di materiali radioattivi fuoriuscì dal reattore e ricadde su vaste aree intorno alla centrale che furono pesantemente contaminate, rendendo necessaria l'evacuazione e il reinsediamento in altre zone di circa 336.000 persone. Nubi radioattive raggiunsero anche l'Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia con livelli di contaminazione via via minori, raggiungendo anche l'Italia, la Francia, la Germania ecc.
Il reattore necessitava di essere isolato al più presto possibile assieme ai detriti dell'esplosione, che comprendevano 180 tonnellate di combustibile e pulviscolo altamente radioattivo e 740.000 metri cubi di macerie contaminate. Fu quindi progettata la realizzazione di un sarcofago di contenimento per far fronte all'emergenza. Viste le necessità, furono impiegati una fila di camion come fondazioni delle pareti di cemento, per un totale di 300.000 tonnellate; per il contenimento del reattore e la struttura portante del sarcofago sono state usate le stesse macerie del reattore numero 4 e materiale metallico (1.000 tonnellate), il che rende il complesso sia instabile che poco sicuro. La volta è sostenuta da tre corpi principali che sorreggono la copertura superiore costituita da tubi di 1 metro di diametro e di pannelli di acciaio. La parete sud è realizzata prevalentemente da pannelli di acciaio che alzandosi per alcune decine di metri si inclinano di circa 115 gradi per poi concludere verticalmente formando il tetto. La parete est è la parete non collassata dello stesso reattore mentre la parete a nord è un puzzle di acciaio, cemento e mura semidistrutte. La parete ovest, quella più spesso impressa sulle foto, per la sua complessità è stata realizzata a parte e poi montata con l'ausilio di gru sulla facciata.
Detto sarcofago è stato creato a tempo record tra il maggio ed il novembre 1986, ma purtroppo ogni anno, proprio per la povertà dei materiali usati e per la mancanza di una più seria progettazione, nuove falle si aprono sulla struttura, per un totale di oltre 1.000 metri quadrati di superficie. Alcune fessure raggiungono dimensioni tali da potervi lasciar passare tranquillamente un'automobile, pari a circa 10/15 metri di diametro. La pioggia vi si infiltra all'interno e rischia di contaminare le falde seppur sotto il reattore sia stato costruito a braccia un tunnel per isolare il nocciolo fuso dal terreno. Circa 2.200 metri cubi di acqua si riversano all'interno del sarcofago ogni anno facendo aumentare di 10 volte il peso sulle fondazioni che va da un minimo di 20 fino ad un massimo di 200 tonnellate per metro quadrato. Il basamento è sprofondato di 4 metri permettendo l'infiltrarsi di materiale radioattivo nelle falde acquifere che sono correlate ai fiumi Pripjat' e Dnepr che a loro volta portano il loro carico fino al mar Nero. 30 milioni di persone lungo il corso dei fiumi si servono di essi. La temperatura all'interno del sarcofago raggiunge in alcuni punti, ancora oggi, 1.000 gradi centigradi in prossimità del nocciolo e tale temperatura contribuisce al costante indebolimento ed alla deformazione della struttura.
Nel 2016 il vecchio sarcofago è stato sostituito da una nuova struttura, impedendo così che una nuova nube comporta da 5 tonnellate di polveri radioattive si liberasse nell'atmosfera europea.
Ad aggravare la situazione è la sismicità della zona del Pripjat'.
Nell'area compresa in un raggio di 10 km dall'impianto furono registrati livelli di fallout radioattivo fino a 4,81 GBq/m². In quest'area si trovava un boschetto (circa 4 km²) di pini che a causa delle radiazioni virò verso un colore rossiccio e morì, assumendo il nome di foresta rossa. Vicine foreste di betulle e di pioppi tuttavia restarono verdi e sopravvissero. Nelle settimane e mesi successivi al disastro nella stessa area alcuni animali come una mandria di cavalli lasciati su un'isola del fiume Pripyat' a 6 km dalla centrale, morirono per danni alla tiroide dopo aver assorbito 150-200 Sv. Su una mandria di bovini lasciata sulla stessa isola si osservò uno sviluppo ritardato, per quanto la generazione successiva risultò normale.
Dei circa 440.350 cinghiali cacciati in Germania nella stagione venatoria, più di 1.000 sono stati trovati contaminati con livelli di radiazioni oltre i limiti permessi di bequerel, probabilmente dovuti alla radiazione residua derivante dal disastro.
Nel 2009, l' autorità norvegese per l'agricoltura ha riportato che in Norvegia un totale di 18.000 animali hanno dovuto essere nutriti con cibo non contaminato per un certo periodo di tempo prima di essere macellati in modo da garantire che la carne potesse essere poi consumata. Anche questo era dovuto alla radioattività residua nelle piante con cui gli animali si cibano durante l'estate. Altri effetti della catastrofe di Chernobyl sono da aspettarsi per i prossimi 100 anni, sebbene la loro gravità è destinata a diminuire in tale periodo.

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