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giovedì 23 ottobre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 23 ottobre.

Il 23 ottobre 2011, in un incidente durante una corsa di MotoGP, muore il pilota Marco Simoncelli.

Con la sua moto correva come un fulmine in pista, sempre con il gas al massimo, come tutti i suoi più illustri colleghi ed avversari. Tutti lo potevano riconoscere, senza casco, per quella sua irriverente folta e riccia capigliatura. Ma se c'era una caratteristica che lo faceva spiccare in mezzo a tutti, era proprio la simpatia, la grande amicizia che dimostrava con chiunque, fino ad arrivare a bucare radio e teleschermi per trasmetterla via etere. Ecco perché quando se n'è andato, in un tragico incidente occorso in gara il 23 ottobre 2011, ha lasciato sgomenti non solo colleghi e amici, ma anche ogni fan e ogni persona che l'aveva conosciuto attraverso i media. La sua ultima avventura in sella è stata quella di Sepang, circuito della Malesia che solo tre anni prima gli aveva regalato il titolo mondiale in classe 250.

Marco Simoncelli nasce a Cattolica (Rimini) il 20 gennaio 1987 e vive fin da piccolo a Coriano, un comune di circa diecimila abitanti sulle colline sopra Cattolica. Comincia a correre in tenerissima età, quando ha solo sette anni, in sella alle minimoto. A dodici anni è già campione italiano; l'anno dopo, nel 2000, gareggia per il titolo europeo arrivando secondo. A quattordici anni prende parte al Trofeo Honda NR (salendo in due occasioni sul podio) ed al campionato italiano 125 GP.

Nel 2002 si laurea campione europeo classe 125cc e lo stesso anno, dopo un buon apprendistato a livello nazionale ed europeo, debutta nel Motomondiale classe 125. Nel GP della Repubblica Ceca, con il team dell'Aprilia CWF - Matteoni Racing, corre al posto di Jaroslav Hule, passato alla classe 250. Termina la sua prima stagione al 33º posto con solo 3 punti.

E' il 2003 l'anno che vede Marco Simoncelli impegnato per un'intera stagione del motomondiale: corre in squadra con Mirko Giansanti, terminando la stagione al 21º posto.

Nonostante la stagione del 2004 si dimostri difficile dimostra grandi capacità nel gestire al meglio la moto sul bagnato: a Jerez ottiene la pole position e consegue la sua prima vittoria in carriera. Termina la stagione in 11ª posizione.

Dopo un altro gran premio vinto a Jerez e alti sei podi nel 2005, coglie l'opportunità di passare alla classe superiore e correre con le moto 250. Nel 2006 sale in sella alla Gilera RSV con capotecnico Rossano Brazzi, già tecnico in passato di campioni come Valentino Rossi e Marco Melandri, il quale però si ammala dopo le prime gare lasciandolo senza una vera "guida" durante tutta la stagione. Simoncelli si classifica decimo senza ottenere risultati eclatanti (il sesto posto in Cina è il miglior risultato).

Dopo un brutto 2007, povero di risultati il pilota romagnolo conosce finalmente una stagione esaltante: come sopra citato è Sepang, in Malesia, il circuito dove Marco Simoncelli, all'età di 21 anni, si laurea campione del mondo della 250; vince poi ancora a Valencia e corona una grande stagione, in cui totalizza 281 punti.

Durante la stagione 2009, partecipa alla quattordicesima prova del campionato mondiale Superbike sull'Aprilia RSV4 in sostituzione di Shinya Nakano. Il suo compagno di squadra è Max Biaggi.

Nel 2010 passa alla classe regina, la MotoGP, guidando la RC212V del team San Carlo Honda Gresini: il suo nuovo compagno di squadra è Marco Melandri. Ottiene come miglior risultato un quarto posto in Portogallo e termina la stagione all'8º posto con 125 punti.

Nel 2011 resta nello stesso team avendo però una fornitura uguale a quella ufficiale del team HRC, questa volta con compagno di squadra Hiroshi Aoyama. Ottiene due quinti posti e due pole position. Al GP della Repubblica Ceca arriva terzo e ottiene il suo primo podio nella classe regina. Al Gran Premio motociclistico di San Marino e della Riviera di Rimini 2011 Simoncelli ottiene un quarto posto dopo un finale di gara molto concitato durante il quale, negli ultimi 3 giri, lotta con il connazionale Andrea Dovizioso e con lo statunitense Ben Spies per mantenere la sua quarta posizione. In Australia "SuperSic" - così viene da tutti soprannominato - arriva secondo, registrando il suo miglior risultato in carriera in MotoGP.

Il 23 ottobre 2011 si corre il Gran Premio della Malesia: nel corso del secondo giro, la moto del pilota romagnolo perde aderenza alla ruota posteriore, cade e taglia trasversalmente la pista; i piloti che lo seguono da brevissima distanza non possono in alcun modo evitarlo: l'impatto delle moto con il corpo del pilota è di intensità tale che gli fa addirittura perdere il casco. Marco Simoncelli muore a causa del terribile colpo, che gli procura traumi a testa, collo e torace. Aveva 24 anni.

Dopo la sua morte tifosi e appassionati hanno promosso l'idea di intitolare la pista di Misano Adriatico alla memoria del pilota italiano, il quale viveva a pochi chilometri di distanza. Il 2 novembre 2011 il consiglio di amministrazione di Santamonica S.p.A., proprietaria del tracciato, ha deciso di accogliere la richiesta e di associare il nome del circuito romagnolo a quello di Simoncelli; il cambio di denominazione è stato ufficializzato il 9 giugno 2012, in occasione del Gran Premio di Superbike di San Marino. Inoltre, alla memoria di Simoncelli è stata realizzata a Coriano l'opera Ogni domenica dallo scultore Arcangelo Sassolino.

mercoledì 22 ottobre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi



Buongiorno, oggi è il 22 ottobre.

Il 22 ottobre 1441 ha luogo a Firenze il certame coronario.

Il Certame coronario fu una gara di poesia in lingua volgare ideata nel 1441 a Firenze da Leon Battista Alberti, con il patrocinio di Piero de’ Medici.

L’intenzione era quella di dimostrare come il volgare avesse piena dignità letteraria e potesse trattare anche gli argomenti più elevati, in un periodo che assisteva, col fiorire dell’Umanesimo, ad una forte ripresa dell’uso del latino. Alla gara, che aveva come premio una corona d’alloro in argento (da ciò il nome), parteciparono sia noti letterati dell’epoca sia rimatori popolari, che dovettero comporre testi sul tema “la vera amicizia“. Si svolse il 22 ottobre 1441 nella cattedrale di Santa Maria del Fiore e vi assistette un pubblico numeroso, nonché un gruppo di autorità civili e religiose della città.

Il premio non venne assegnato a nessuno dei poeti dicitori perché le opere non vennero ritenute degne, ma fu consegnato dai dieci segretari apostoloci di Eugenio IV, come si può desumere dal codice Palatino 215 della Biblioteca Nazionale di Firenze, alla chiesa dove si era svolta la gara.

Il fatto che la corona non venisse assegnata ad alcuno dei poeti in gara testimonia come la riabilitazione del volgare non fosse ancora del tutto matura; tuttavia il Certame coronario è indizio di una tendenza ormai in atto e irreversibile. Secondo Parronchi, che riprese una conferenza di Lanyi (1940), nell’occasione potrebbe essere stata donata al mecenate Medici la statua del David di Donatello come ringraziamento.

Nella seconda metà del secolo la ripresa letteraria del volgare avvenne in primo luogo a Firenze: e non c’è da meravigliarsi, poiché a Firenze la letteratura volgare aveva una tradizione illustre e prestigiosa, che poteva vantare veri e propri classici, come Dante, Petrarca e Boccaccio. Proprio a questa tradizione i poeti della cerchia medicea, Lorenzo il Magnifico in testa, si rifanno in cerca di modelli.

Un documento prezioso di questa attenzione alla tradizione volgare è la cosiddetta Raccolta Aragonese, un’antologia dei primi secoli della poesia toscana inviata nel 1476 da Lorenzo de’ Medici in dono a Federico d’Aragona. La lettera che funge da prefazione è firmata da Lorenzo, ma è quasi sicuramente di Angelo Poliziano. Oltre che a Firenze, però, il volgare riacquista dignità letteraria a Ferrara con Matteo Maria Boiardo e Pietro Bembo, a Napoli con Jacopo Sannazaro, Masuccio Salernitano e i poeti petrarchisti.

La ripresa del volgare è accompagnata anche dal ritorno a generi letterari consolidati come la lirica amorosa di ascendenza petrarchista, la narrativa cavalleresca di origine romanza, la novella boccacciana.

martedì 21 ottobre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 21 ottobre.

Il 21 ottobre 1944 ha luogo il primo attacco kamikaze di aerei giapponesi contro navi statunitensi.

I primi attacchi suicidi di piloti giapponesi vengono effettuati con un certo successo nelle Filippine dall’ottobre 1944. La parola kamikaze significa in giapponese “vento divino” ed è riferita a un leggendario tifone che si dice abbia salvato il Giappone da una flotta di invasione mongola inviata da Kublai Khan nel 1281.

Il ricorso a questa arma estrema era il risultato dello stato dell’aviazione nipponica negli ultimi 12 mesi di guerra. L’arma aerea del Sol Levante pativa una doppia inferiorità rispetto alla controparte americana: gli F4U Corsair e i  Grumman F6F Hellcat surclassavano sotto il profilo tecnologico gli aerei nipponici e soprattutto la generazione di piloti esperti e coraggiosi era stata praticamente spazzata via nel corso delle operazioni belliche.

Contro questa schiacciante superiorità americana i piloti nipponici male addestrati e che utilizzavano tattiche convenzionali andavano incontro a perdite pesantissime. Pianificando la propria morte come una certezza invece che come un’altissima probabilità i kamikaze erano tendenzialmente in grado di infliggere danni più pesanti alla marina americana, vulnerabile soprattutto sotto il profilo psicologico a questo genere di attacchi.

L’immagine di piloti giapponesi che partono entusiasti per andare a schiantarsi sui ponti delle navi americane è però sostanzialmente fasulla. Tra i primi piloti suicidi, nell’autunno del 1944, ci furono parecchi veri piloti volontari. Successivamente però le scorte di piloti fanatici si ridussero e molte reclute vengono convinte ad accettare questo incarico “senza ritorno” al prezzo di pressioni morali insostenibili quando non di vera e propria coercizione.

Kasuga Takeo che prestava servizio nella mensa ufficiale di Tsuchiura, una base di kamikaze, fu testimone dell’isteria e della profonda malinconia che dominavano le ultime ore di vita dei piloti. Gli aviatori si spostavano da una base all’altra con una piccola borsa di effetti personali tra le cui cose spiccava la biancheria contrassegnata con la dicitura “Effetti personali del defunto tenente comandante….” indicando la promozione postuma che spettava ad ogni pilota caduto in combattimento.

Per la marina americana combattere contro i kamikaze fu una delle esperienze più sanguinose e dolorose della guerra. Tra l’11 maggio e la fine di giugno 1945 gli aviatori giapponesi eseguirono 1700 sortite verso Okinawa. Giorno dopo giorno i marinai americani si mettevano ai pezzi per effettuare un fitto fuoco di sbarramento anti aereo che i piloti nipponici cercavano di evitare per schiantarsi sul ponte delle navi nemiche. Qualcuno però riusciva sempre a passare e si immolava sul ponte di volo di una portaerei o sulle sovrastrutture di un incrociatore con effetti devastanti quando la benzina si incendiava o le munizioni esplodevano. Il 12 aprile 1945 quasi tutti e 185 kamikaze furono abbattuti a fronte di 2 navi americane affondate ed altre 14 danneggiate, compreso 2 corazzate.

Il 16 fu colpita la portaerei Intrepid. Il 4 maggio i piloti kamikaze affondarono cinque navi statunitensi e ne danneggiarono altre 11. Tra l’11 e il 14 maggio furono colpite tre navi ammiraglie tra cui le portaerei Bunker Hill ed Enterprise. Dal 6 aprile al 22 giugno, in tutto il teatro di operazioni, ci furono 10 attacchi suicidi al giorno che riguardarono 1465 aerei più 4800 sortite convenzionali. I kamikaze affondarono 27 navi e ne danneggiarono 164 mentre gli attacchi convenzionali ne affondarono una soltanto, danneggiandone 63.

La percentuale di successo delle missioni suicide fu di circa il 20%, dieci volte superiore agli esiti degli attacchi convenzionali. Alla fine della seconda guerra mondiale il servizio aeronautico della marina giapponese aveva sacrificato 2.526 piloti kamikaze, mentre quello dell’esercito ne aveva sacrificati 1.387. Secondo fonti americane, approssimativamente 2.800 attaccanti kamikaze affondarono 34 navi della marina, ne danneggiarono altre 368, uccisero 4.900 marinai e ne ferirono oltre 4.800. Nonostante l’allarme dei radar, l’intercettazione in volo ed un massiccio fuoco antiaereo il 14% degli attacchi Kamikaze giungeva fino all’impatto contro una nave; circa l’8,5% delle navi colpite dagli attacchi kamikaze affondò.

I dati giapponesi sono un po’ più importanti. Resta il fatto che il sacrificio di quasi 4.000 giovani piloti giapponesi non ebbe alcun impatto strategico sull’esito della guerra e non risparmiò né i bombardamenti strategici ed indiscriminati sulle città nipponiche né tantomeno quelli atomici su Hiroshima e Nagasaki.

 

lunedì 20 ottobre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 20 ottobre.

Il 20 ottobre 1740 Maria Teresa sale al trono di Vienna.

Maria Teresa d'Austria nasce il 13 maggio 1717 a Vienna. Il padre è l'imperatore Carlo VI e la madre è Elisabetta Cristina di Brunswick-Wolfenbüttel. Nella giovinezza le viene impartita un'istruzione di alto grado e all'età di quattordici anni, pur non avendo ricevuto un'educazione politica, partecipa con il padre ai lavori del Consiglio della Corona. Nel 1736 Maria Teresa sposa secondo il rito cattolico Francesco Stefano, duca di Lorena.

Nel 1740 l'imperatore Carlo VI muore e Maria Teresa diventa imperatrice d'Austria, d'Ungheria e Boemia grazie alla "Prammatica Sanzione", atto contenente la clausola secondo cui, in caso di mancanza di figli maschi, la Corona imperiale sarebbe stata ereditata da una delle figlie dell'imperatore. Presto però l'imperatrice d'Austria inizia ad avere innumerevoli nemici, tra cui Elisabetta Farnese, Alberto di Baviera e Augusto III di Polonia.

Il primo vero attacco all'Impero asburgico è fatto dal re di Prussia, Federico II che occupa la Slesia. Inizia così la guerra di successione austriaca che vede come protagoniste anche Francia e Spagna. La situazione è difficile, ma con coraggio Maria Teresa riesce a recuperare i territori persi grazie al sostegno degli ungheresi. La guerra si protrae per altri sette anni, l'imperatrice ottiene il sostegno anche della Sassonia, preoccupata della grande forza dell'esercito prussiano, e le simpatie di Olanda e Inghilterra.

Nel 1742 Federico II firma con l'Austria una pace separata con cui riesce a mantenere una piccola parte della Slesia. La guerra è ancora in atto a causa delle mire espansionistiche della Spagna nei possedimenti imperiali in Italia e a causa della sete di conquista francese nell'area renana. La Spagna conquista la Lombardia, ma nel 1746 le truppe dell'imperatrice aiutate da quelle sabaude riescono a riprendere sotto il loro controllo il Nord-Italia. Nel 1748 la guerra di successione si conclude con la firma della pace di Aquisgrana, la quale attribuisce a Maria Teresa tutti i territori ereditati dal padre a eccezione della Slesia, di qualche territorio lombardo concesso a Carlo Emanuele III di Savoia in cambio del sostegno dato all'Impero asburgico contro spagnoli e francesi e dei ducati di Parma e Piacenza concessi a Filippo I di Parma.

Con la fine del conflitto, la sovrana consolida i suoi poteri, servendosi di un esercito forte e di una burocrazia alle sue dipendenze. Nei quaranta anni del suo regno l'imperatrice realizza tutta una serie di riforme politiche, sociali, economiche e finanziarie. Molto importante è ad esempio la riforma sociale del 1774 volta a introdurre l'istruzione primaria obbligatoria, finanziandola con i beni posseduti dalla Compagnia di Gesù, la quale viene soppressa.

Maria Teresa introduce il catasto, creato con l'intenzione di imporre le tasse anche sulle terre possedute dai nobili. La sovrana vuole creare un impero multiculturale, con l'obiettivo di unificare tutte i popoli sotto il dominio dell'Austria dal punto di vista politico, sociale, culturale. L'imperatrice emana anche il noto "Editto di tolleranza" che concede la libertà di culto, il diritto di possedere beni e di negoziare. Tra gli altri suoi provvedimenti vi sono ad esempio anche quelli volti a diminuire i poteri del Clero, a fissare l'età in cui potere ricevere i voti monastici a ventiquattro anni.

Durante il suo lungo regno sono realizzate all'interno dei territori imperiali numerose opere pubbliche e Vienna diventa una capitale culturale in grado di ospitare intellettuali e artisti di grande fama. Nel 1765 il marito Francesco I muore, per cui Maria Teresa si fa aiutare nella gestione politica dell'Impero dal figlio Giuseppe II, il futuro imperatore d'Austria.

Nell'ultimo decennio del suo regno, su suggerimento del figlio, attua una politica espansionistica, caratterizzata dalla spartizione della Polonia con la Russia, ottenendo la Lodomiria e la Galizia. L'Austria partecipa anche alla guerra bavarese, ottenendo nel 1778 il territorio dell'Innviertel.

Maria Teresa d'Asburgo muore a Vienna il 29 novembre 1780, lasciando la Corona imperiale nelle mani del figlio Giuseppe II.

Fu madre di sedici figli, tra cui gli imperatori Giuseppe II e Leopoldo II, nonché di Maria Antonietta, regina di Francia, e Maria Carolina, regina di Napoli e Sicilia.

domenica 19 ottobre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 19 ottobre.

Il 19 ottobre 202 a.C. ebbe luogo la battaglia di Zama tra le forze romane di Scipione e quelle cartaginesi di Annibale, che decretò la fine della Seconda Guerra Punica.

Ci restano due tradizioni sulla battaglia di Zama:

- una di Tito Livio (Patavium, 59 a.c. – Patavium, 17) e una di Polibio (Megalopoli, 206 a.c. – Grecia, 124 a.c.), seguita dalla maggior parte degli storici moderni,

- l'altra di Appiano (Alessandria d'Egitto, 95 – 165) e Cassio Dione ( Nicea, 155 – 235), meno attendibile e meno seguita.

Le differenze tra le due versioni sono notevoli, differendo per i luoghi, i tempi, le strategie e i numeri. I testi storici antichi, ma pure quelli moderni, non sempre erano attendibili, perché ciò che è riferito muta nel tempo arricchendosi di variazioni anche inventate, ma pure quando si tratti di documenti scritti da generali, la tentazione di incensarsi un po' era grande, o perché volevano osannare i romani per far piacere agli imperatori. Nei resoconti di Zama si ha qualche perplessità.

Scipione era un genio della strategia, forse pari o comunque vicino al grande Giulio Cesare. Anche Annibale però fu un grandissimo stratega e tra i due uomini vi fu sempre un grande rispetto reciproco, non consueto per Annibale che spesso disprezzava i suoi nemici romani.

Scipione si recò fino ai pressi di Narraggara, vicino Zama, e annunciò ad Annibale che si poteva iniziare a discutere del luogo migliore per i colloqui. Annibale seguì Scipione verso ovest, spostando il proprio campo nei pressi di Sicca Veneria. Entrambe le armate erano lontanissime dalle loro basi, ma mentre per Annibale Hadrumentum sarebbe stata un rifugio sicuro in caso di sconfitta, per Scipione i Castra Cornelia erano solo un punto di imbarco.

Come narrano Polibio e Livio, Annibale cerca di convincere Scipione a non rischiare una sconfitta, ma di stipulare una pace più giusta per Cartagine, perché "oggi sei tu quello che io fui a Trasimeno e a Canne" (Livio XXX 30 12).

Annibale ha 45 anni, con molta più esperienza di Scipione che ha solo 33 anni, ma che in realtà sta nell'esercito da 16 anni. E' giovane, risoluto, ammira Annibale di cui riconosce il valore tattico ma comunque è certo di poterlo battere. Scipione chiede la guerra e guerra fu…

Il luogo della battaglia di Zama non è certo; è stata di recente collocata a Naraggara (per es. da De Sanctis) o a Margaron (da Veith); ma senza prove inoppugnabili.

La legione romana era generalmente schierata “a scacchiera” su tre file di combattimento divise in manipoli. La prima fila era formata dai manipoli degli hastati, intervallati dallo spazio di un manipolo; dietro al quale si locavano i manipoli dei principes, che si schieravano sulla seconda fila; l’ultima fila era formata dai triarii che coprivano gli intervalli lasciati vuoti dai manipoli dei principes.

Gli hastati e i principes, sempre piuttosto giovani, erano equipaggiati con un elmo di bronzo, una corazza e un grande scudo ovale. L'armamento era composto di due giavellotti di peso diverso (s. pilum - pl. pila) e da una spada corta per il corpo a corpo dopo avere scagliato i giavellotti.

La fanteria leggera era costituita dai velites, soldati giovanissimi a supporto del manipolo. Portavano un elmo di bronzo, spesso coperto da una pelle di lupo, uno scudo rotondo (Parma), alcuni giavellotti leggeri e una corta spada di tipo italico o spagnolo come quella dei fanti pesanti.

I legionari meno giovani formavano i manipoli dei triarii che nello schieramento della legione erano disposti in terza fila. Erano equipaggiati come i principes e gli hastati, ma al posto del pilum avevano una lunga lancia di tipo oplitico. I triarii erano una riserva mobile alle spalle della legione, o per respingere con le lunghe aste gli attacchi dei cavalieri nemici, o per attaccare i fianchi o il retro delle formazioni avversarie.

L’esercito cartaginese era formato da truppe mercenarie reclutate tra le popolazioni soggette al dominio cartaginese. Popoli diversi con lingue diverse e diversi stili di combattimento. Nella II guerra punica vennero reclutati nell’entroterra africano, come i famosi cavalieri leggeri numidi, e la fanteria pesante libo-fenicia, nonché i coloni iberici, con un'ottima fanteria medio-leggera e una buona cavalleria.

Le vittorie di Annibale in Italia fecero accorrere nel suo esercito i Galli della pianura padana e molti Italici del centro-sud.

Nel corso della campagna di Annibale, le sue truppe spesso si riequipaggiarono con il materiale catturato ai Romani sul campo di battaglia, e saranno questi i suoi “veterani” a Zama.

Annibale, come Scipione aveva previsto, lanciò la carica degli elefanti. 

Però i romani avevano avevano già avuto a che fare con questi giganteschi animali; che se da un lato si lanciavano pungolati dai loro padroni, dall'altro si frastornavano se udivano suoni forti e acuti.

Infatti i romani iniziarono a trarre suoni acutissimi dalle trombe, batterono sugli scudi e innalzarono alte grida, al che gli elefanti si imbizzarrirono.

Così gli animali fuggirono volgendosi contro la cavalleria numidica dell'ala sinistra cartaginese che si scompaginò. Scipione ne approfittò mandando Massinissa, che era stato posto di fronte a questa, con i suoi cavalieri, per sbaragliare gli avversari già disorientati..

Tuttavia qualche elefante non imbizzarrito proseguì la corsa iniziale avventandosi sui romani. Subentrarono allora i veliti a bersagliare da distanza i pachidermi, che per sfuggire ai dardi, cercarono di fuggire, trovando aperti gli spazi che i manipoli degli hastati romani avevano liberato, tirandosi di lato e creando dei corridoi nello schieramento romano.

Una strategia simile a quella di Annibale l'aveva usata il re indiano Poro contro l'esercito macedone di Alessandro Magno nella battaglia di Idaspe, ponendo gli elefanti in prima linea.

Comunque i Romani già conoscevano gli elefanti: infatti, nella battaglia di Benevento (275 a.c.) riuscirono ad avere la meglio sulle truppe epirote e tarantine, facendo scagliare dai propri arcieri frecce infuocate e torce contro le torri montate dagli elefanti, in modo da far imbizzarrire i pachidermi e creare così scompiglio tra le stesse truppe amiche (Floro, I, XVIII).

(Livio e Polibio riferiscono che ottanta elefanti furono utilizzati da Annibale nella battaglia di Zama, undici dei quali furono poi portati a Roma. Tra le condizioni di pace imposte ai Cartaginesi, Polibio ci informa che era richiesta anche la consegna di tutti gli elefanti.)

Colpiti dai veliti, che si erano riparati dietro le file degli hastati, e dai principes, questi elefanti fuggirono addosso all'altra ala della cavalleria cartaginese.

Le prime file di Annibale come previsto arretrarono fra le seconde file, mentre la cavalleria fuggì inseguita da Massinissa e Lelio.

La cavalleria romana in effetti non temeva rivali, i cavalieri sapevano tirare da cavallo, salire o scendere al volo, sapevano far fare grossi salti ai cavalli e pure comandarli con la voce.

Gli astati romani ebbero la meglio sulla prima linea cartaginese (del resto erano quasi tutti mercenari), che iniziò ad arretrare. 

Ma la seconda linea formata dai veterani di Annibale resistette e ingaggiarono i corpo a corpo della fanteria. Alla fine gli astati di Scipione erano stanchi per cui subentrarono i principi che contrattaccarono seriamente.

Scipione tentò di ripetere la manovra dei Campi Magni e mosse le sue file di principi e triari sui fianchi per accerchiare le forze di Annibale, ma i veterani che Annibale teneva di riserva nella terza linea, ne rimasero fuori, e Inoltre lo spazio tra loro e i romani era disseminato di cadaveri, formando una barriera invalicabile.

Scipione dovette rinunciare e far retrocedere le seconde file per reggere l'urto dei cartaginesi. Inoltre i corridoi creati per far fuggire gli elefanti, non permettevano l'utilizzo della tattica manipolare, che necessitava di una disposizione a scacchiera. Perciò, gli hastati furono i più penalizzati nell'urto del combattimento. 

Ora la battaglia per i romani era diventata molto dura, e i fanti erano stanchi.

Aveva si fatto compiere ai suoi legionari il movimento sui fianchi, già utilizzato con successo in precedenza, ma questa volta solo per estendere da entrambi i lati il fronte degli hastati, non per aggirare il nemico.

Così il fronte romano risultò pari o di poco superiore a quello cartaginese ma con principes e triarii, finora poco impegnati, che si trovarono a combattere sulle ali contro forze più stanche, anche se gli hastati, impegnati finora nello scontro, dovevano ora vedersela con i veterani cartaginesi ancora freschi.

La manovra geniale di Scipione aveva esteso il suo fronte, assottigliando i ranghi fino a coprire tutto il fronte punico, evitando così un possibile accerchiamento da parte dei cartaginesi… Però ora i romani dovevano arrivare allo scontro frontale con un nemico che li soverchiava per numero e per la maggiore freschezza.

La cavalleria avversaria era dispersa, ma pure quella di Scipione che li inseguiva e che venne tosto richiamata. Finalmente tornarono Lelio e Massinissa con i loro cavalieri e si avventarono alle spalle delle forze cartaginesi, accerchiandoli e massacrandoli. Annibale aveva contato di poter fiaccare i romani sullo scontro con ben tre linee: elefanti, mercenari, e soldati cartaginesi, prima di arrivare al confronto decisivo con i veterani dell'ultima linea, dove i romani dovevano essere ormai stanchissimi.

Ma i legionari romani non erano soldati qualsiasi. Non era la leva dei contadini che abbandonavano il campo per una guerra tornandovi l'anno dopo. Erano volontari scelti e addestrati in tutti i modi e con tutti i tempi. 

Scipione, come Cesare, addestrava i suoi uomini col sole e con la pioggia, e magari con la neve, di giorno e di notte, con un compito molto specialistico per ciascuno ma in grande sintonia con gli altri.

La legione romana era un corpo unico e come tale funzionava senza personalismi o privilegi. 

I romani sapevano combattere bene e a lungo, e i veterani di Annibale non poterono competere con quelli di Scipione, seppure più stanchi. 

Come al solito i romani ebbero la meglio.

Finita la battaglia iniziò I 'inseguimento e il massacro, come era accaduto a Canne sui romani, ma stavolta era sui cartaginesi…

Annibale riuscì a fuggire verso Cartagine. Scipione aveva avuto la sua battaglia campale e come ne aveva avuto in anticipo la certezza, aveva vinto.

Cartagine era finita.

La vittoria di Zama pose fine alla II guerra punica (219-202 a.c.) e sancì il crollo della potenza cartaginese nel Mediterraneo.

Cartagine che per sessant’anni aveva conteso a Roma il predominio sul Mediterraneo occidentale, era sconfitta per sempre.

Roma non fu tenera con la sua rivale:  le fece smantellare completamente la flotta da guerra, consentendole solo poche decine di navi, tutte le colonie cartaginesi in Spagna passavano al dominio romano; in più Cartagine doveva pagare un pesantissimo tributo che per cinquant'anni avrebbe gravato sulla sua economia.

Mezzo secolo dopo ci sarebbe stata una III guerra punica, culminata con la distruzione di Cartagine, ma fu la vendetta su di un rivale già distrutto.

Per paura della vendetta romana la città costrinse il grande Annibale, il vincitore di tante battaglie, ad andare in esilio presso il re di Siria Antioco III; ma dopo la sconfitta di quest'ultimo contro i Romani in Bitinia, Annibale si avvelenò per non essere consegnato a Roma.

sabato 18 ottobre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 18 ottobre.

La notte del 18 ottobre 1534, i protestanti francesi pubblicarono proclami contro la Messa in varie parti del paese e persino sulla porta della stanza di Francesco I ad Amboise.

Fu la prima manifestazione di ostilità tra protestanti e cattolici in Francia. Venticinque anni dopo, condusse alle guerre di religione…

Nata in Germania circa quindici anni prima, la Riforma luterana era entrata lentamente in Francia. Nel 1522, un monaco francese scomunicato si  sposò a Wittenberg, la "Roma" della nuova religione. Altri chierici seguirono le sue orme e formarono la nuova dottrina che tornarono a insegnare in Francia.

Contro questi eretici, i teologi della Sorbona e del Parlamento adottarono una vecchia ricetta, usata anche contro la stregoneria: la pira.

Il primo a pagare il prezzo, l'8 agosto 1523, di fronte a Notre-Dame de Paris, fu un ex monaco di Livry-en-Aulnois (ora Livry-Gargan), Jean Vallière. A Meaux, a est di Parigi, Jean Leclerc, un ex cardatore di lana, fu torturato e ucciso il 29 luglio 1525. Ma la maggior parte dei processi per eresia ebbero un esito meno tragico.

La notte del 10 giugno 1528, la mutilazione di una statua della Vergine (i protestanti sfidarono il culto rivolto alla madre di Cristo) commosse i parigini e il re. Francesco I stesso condusse una processione di espiazione. Il passare degli anni ammorbidì gli animi, ma inaspettatamente  il "caso dei manifesti", che minava l'istituzione ecclesiastica e, di conseguenza, la monarchia per diritto divino, riportò a una recrudescenza dei malumori.

Questi manifesti furono scritti da Antoine Marcourt, un pastore di Neuchàtel, Svizzera, un seguace di Ewingli, e stampati nella stessa città.

Su di essi era scritto: "Veri articoli sugli orribili, grandi e insopportabili abusi della Messa papista, inventati direttamente contro la Santa Cena di Nostro Signore, l'unico mediatore e salvatore Gesù Cristo".

I manifesti insultavano la religione cattolica, il suo clero e i suoi riti in termini così offensivi che anche i protestanti li disapprovarono. Così denunciavano la Messa: "Non dobbiamo ripetere il sacrificio di Cristo" e il dogma dell'Eucaristia che afferma la presenza reale del corpo di Cristo nell'ospite consacrato: "Non può essere che un uomo di venti o trent'anni sia nascosto in un pezzo di pasta".

Non è il re stesso "re per grazia di Dio", l'unico laico autorizzato alla comunione con pane e vino, al momento dell'incoronazione? L'idea che tutti i seguaci di Lutero si permettano la comunione contribuì ad accrescere la sua rabbia.

Per rappresaglia, il re giurò di reprimere i "mali della fede". Emise un bando che prometteva 200 scudi  a chiunque avesse denunciato gli autori dei manifesti: gli arresti si moltiplicarono.

Il 13 novembre fu bruciato un primo eretico. Il 13 gennaio 1535, il Parlamento di Parigi creò una commissione speciale, la "camera ardente" per rintracciare libri sediziosi. Un editto reale vietò la stampa e chiuse le librerie. Fu il primo atto di censura dall'invenzione della macchina da stampa.

Infine, il 21 gennaio 1535, un giorno di solenne espiazione terminò con la morte sul rogo di sei nuovi eretici protestanti. La sera stessa, il re dichiarò davanti a un'assemblea di notabili: "Se il mio braccio fosse stato infettato da tale marciume, lo avrei separato dal mio corpo".

Il giurista Jean Calvin, padre del Calvinismo, che viveva a Nérac, sotto la protezione della sorella del re, Margherita di Navarra, si vide improvvisamente in pericolo. Preferì rifugiarsi a Basilea, dove pubblicò L'Istituzione della Religione Cristiana nel tentativo di convincere il re dei meriti della Riforma.

A quel punto, la rabbia del re svanì, specialmente sotto l'influenza di sua sorella, che era vicina ai circoli protestanti. Il 29 luglio 1535, mentre rafforzava la sua alleanza con i principi protestanti di Germania contro il suo rivale Carlo V, pubblicò l'editto di Coucy, che emise un'amnistia generale.

Un nuovo colpo di scena si ebbe con un editto pubblicato a Fontainebleau nel 1541, che ordinò agli inquisitori di riprendere la caccia agli eretici. Nel 1546, il parroco di Meaux, fratello del martire Jean Leclerc, fu arrestato e condotto al rogo insieme ad altri tredici fedeli.

Tra il 15 e il 20 aprile 1545, Francesco I acconsentì al massacro di 3000 Valdesi che vivevano nel sud della Francia. Circa 20 villaggi furono devastati, su ordine del parlamento di Aix. 600 sopravvissuti vennero inviati nelle galere.

Questa azione offuscò gli ultimi anni del re, che morì due anni dopo con, si dice, un forte rammarico per questa decisione.

La scomparsa di Francesco I fu seguita da una breve tregua, ma l'intolleranza religiosa riacquistò il sopravvento dopo la morte del suo successore Enrico II e portò alle guerre di religione.

venerdì 17 ottobre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 17 ottobre.

Il 17 ottobre 1860 si disputa il primo Open Championship di Golf.

Sport tipicamente anglosassone, dove anche gli italiani iniziano a distinguersi sempre più, ma la storia è lì: il 17 ottobre 1860, al Prestwick Golf Club, si disputa la prima edizione del “The Open championship”. Per tutti è il British Open, uno dei quattro tornei “Major”. Il terzo nel calendario golfistico annuale, ma il primo in assoluto se consideriamo la sua storia. E, soprattutto, talmente prestigioso e universalmente riconosciuto da essere l’unico “Major” che si disputa al di fuori dei confini statunitensi.

La prima edizione, naturalmente, non ha nulla a che vedere con il ricco torneo che si disputa ora nel mese di luglio. La prima edizione viene disputata su 36 buche, un’unica giornata di gara, tra otto atleti che vogliono stabilire chi è il più bravo dopo la scomparsa di Allan Robertson che, da tutti, era indicato come il migliore in circolazione. Il successo sarà di Willie Park che, per due colpi, riuscirà ad avere la meglio su Tom Morris. Sarà un’edizione del tutto speciale, visto che dall’anno successivo, il 1861, il torneo apre anche ai non professionisti (di qui l’appellativo di Open).

Negli anni non mancheranno le novità. Tra le maggiori l’aggiunta di altri club finché, dal 1920, il British Open finisce esclusivamente nelle mani del Royal and Ancient Golf Club di Saint Andrews. Nel frattempo, dal 1892, l’Open non rimane confinato alla 36 buche, bensì si passa alle 72. E, nel 1898, per la prima volta si passa all’introduzione del “cut”, ovvero del taglio dei giocatori più indietro nella graduatoria, al termine dei primi due giri.

Malgrado l’unico organizzatore, tuttavia, il British Open al giorno d’oggi prevede ben nove campi da gioco che, a rotazione, si alternano quale sede della manifestazione.

Uno di questi, il Carnoustie Golf Links, non molto distante da Dundee, a noi dice qualcosa in particolare: è il campo dove si è disputata l’edizione 2018 che ha visto il trionfo di Francesco Molinari. Un successo che lo porta direttamente nella storia di questo sport, primo italiano di sempre non solo a vincere il British Open ma, addirittura, ad aggiudicarsi un “Major”.

giovedì 16 ottobre 2025

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 Buongiorno, oggi è il 16 ottobre.

Il 16 ottobre 2002 viene inaugurata ad Alessandria d'Egitto la nuova Biblioteca Alexandrina, a ricordo della grande biblioteca dell'antichità.

La Biblioteca di Alessandria ha origini molto antiche. Essa infatti fu opera dei Tolomei e in particolare di Tolomeo I. Egli diede l’ordine di costruire la Biblioteca di Alessandria, nel III Secolo a.C.. In quel momento, infatti, aveva in mente un progetto particolarmente arduo cioè quello di custodire tutta la sapienza umana, rendendo così questo posto un fiore all’occhiello nonché la culla della cultura dei paesi del Mediterraneo.

L’idea iniziale era quella di conservare le nozioni attraverso la scrittura e raccogliere in veri e propri volumi partendo dall’Antica Grecia con le celeberrime opere di Aristotele.

La realtà però fu molto diversa. Infatti, fu solo Tolomeo a capire quanto fosse utile conservare il sapere, cristallizzandolo, non solo per i colti del tempo ma soprattutto per tramandarlo intatto alle generazioni future.

Anche se fino ad allora la conservazione dei testi veniva comunque effettuata, essa era riservata solo agli scribi o ai sacerdoti che avevano le competenze adeguate, con pergamene e papiri.

Tolomeo prese ispirazione dalla biblioteca aristotelica, fu proprio un greco a collaborare con lui per realizzare questo progetto. L’idea era quella di mettere a disposizione tutti i testi per un pubblico molto più vasto, infatti si credeva già allora nel forte potere della cultura, dunque si voleva arrivare a istruire il popolo rendendolo saggio e sapiente.

La Biblioteca di Alessandria era molto estesa e presentava una struttura che comprendeva al suo interno anche un museo. Essa era situata nell’area che ospitava il Palazzo dell’Imperatore.

Nel museo venivano custodite per lo più le critiche alle opere presenti nella biblioteca. La crescita della popolarità di questa magnifica struttura andava di pari passo con l’aumento delle raccolte, non solo quelle classiche greche ma anche le più moderne pseudo scientifiche.

Il nome del primo custode, nonché bibliotecario fu Zenodoto di Efeso, in seguito a lui successe un poeta molto famoso ancora oggi cioè Callimaco, il quale ebbe la grande idea dell’inserimento di un apposito catalogo per trovare le opere da leggere e studiare, dato che il numero delle raccolte presenti era sempre più vasto.

Alessandria grazie a questa struttura divenne una vera e propria culla per la cultura classica, infatti divenne una tappa fissa per tutti i poeti e gli scienziati del tempo.

Durante il corso degli anni, questo suggestivo luogo fu cornice di numerosi incendi e ricostruzioni. Il primo avvenne nel 48 a.C., sotto l’impero di Giulio Cesare. Fonti ufficiali sostengono che solo una parte dei testi conservati andò bruciata durante un tragico incendio.

Il secondo evento che portò alla parziale distruzione della biblioteca fu l’attacco di Aureliano contro la regina Zenobia di Palmira del 270 d.C. In quell’occasione, gli scontri portarono alla distruzione dell’intero quartiere in cui aveva sede la biblioteca.

Purtroppo la gloria di questo posto era destinata a decadere, e con l’avvento dei romani venne incendiata per la terza volta un’area della biblioteca, per poi susseguirsi tutta una serie di saccheggi e danni dolosi fino alla totale distruzione dopo il 300 d.C. da parte dei turchi.

Nel 391 d.C., infatti, fu emanato l’editto dell’imperatore romano Teodosio I, il quale stabilì la distruzione di quella che veniva chiamata saggezza pagana custodita e promulgata dai testi.

I resti della biblioteca poi si sono conservati nel tempo, nonostante l’incendio abbia avuto notevole importanza, in quanto alimentato dai volumi stessi. Dopo la distruzione è rimasta nel tempo, nell’immaginario collettivo, l’idea di questo luogo come culla della cultura.

Nel 2002 è stata inaugurata una nuova biblioteca. La costruzione di essa è stata gestita da architetti di tutto il mondo che hanno saputo creare una miscela tra classico e moderno, tradizione e prospettiva per il futuro, per dare a questo luogo finalmente la vita che merita.

Negli anni si sono anche susseguite diverse teorie e leggende sulla distruzione di questo luogo che sembra aver acquisito una connotazione mistica.

mercoledì 15 ottobre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 15 ottobre.

Il 15 ottobre 1675, nella parrocchia svedese di Torsåker, iniziò il processo che si doveva concludere con la più grande caccia alle streghe nella storia della Svezia, l’episodio fu l’apice dell’isteria collettiva che colpì il paese scandinavo nel tardo Seicento (Det Stora Oväsendet, 1668–1676).

Tutto ebbe inizio quando il parroco di Torsåker chiese al famoso “inquisitore” Lars Christophri Hornæus di investigare su alcuni presunti casi di stregoneria nella sua parrocchia: erano stati infatti segnalati casi di sparizione di bambini: essi subito furono associate al sabbath e all’isola demoniaca di Blockula.

Hornæus portò avanti velocemente le indagini, i documenti originali sono piuttosto scarni di notizie, ma una testimonianza resa anni dopo da parte di Brita Rufina, moglie del pastore-inquisitore, ampliò di molto la narrazione dell’evento. Hornæus utilizzò due ragazzi (detti visgossarna ossia “i ragazzi del racconto”), posti davanti alla porta della chiesa, affinché lo aiutassero a identificare il segno demoniaco sulle fronti di streghe e stregoni.

Anche la stessa Brita Rufina, secondo la testimonianza che essa stessa rese al nipote, fu indicata da uno dei ragazzi, ma ebbe la prontezza di schiaffeggiarlo immediatamente tanto che questi si scusò subito dicendo che il sole lo aveva accecato.

Con questo metodo vennero indicate e conseguentemente accusate più di 100 persone; tra queste furono 71 le condanne a morte, ben 65 riguardarono donne.

Venne istituita una commissione giudicante nel paese; nessuno dei membri aveva l’autorità per condannare a morte; secondo la legge svedese, infatti, le eventuali condanne andavano ratificate da una corte superiore, e comunque erano rari i casi in cui si giungeva a tanto.

A Torsåker, invece, si procedette direttamente senza consultare alcuna autorità superiore: gli stessi abitanti, parenti degli accusati, li circondarono con le picche e li condussero presso la “Montagna del Palo”.

Gli accusati piangevano, altri svennero e furono portati dai loro parenti nel luogo della condanna. Qui fu loro mozzata la testa, i corpi furono quindi spogliati e legati al palo a cui si diede fuoco finché le fiamme non si estinsero. Secondo Rufina, i parenti delle vittime tornarono alle loro case in stato di shock, non mostrando alcuna emozione visibile.

La caccia alle streghe durò ancora due anni, l’anno successivo a Stoccolma fu uccisa la presunta strega Malin Matsdotter, ma successivamente le autorità riuscirono a provare che il ragazzo che la accusava aveva mentito. Nel 1677 fu infine ordinato ai pastori di affermare, nelle loro parrocchie, che le streghe erano state scacciate definitivamente dal paese.

Nel frattempo, a Torsåker, i ragazzi che avevano accusato le 100 persone della parrocchia di essere in combutta con il Diavolo, furono ritrovati con la gola tagliata.

martedì 14 ottobre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 14 ottobre.

Il 14 ottobre 1980 la città di Torino si svegliò con un’invasione di 40mila persone in corteo nelle vie del centro. Erano i colletti bianchi e le tute blu, impiegati, quadri, ma anche operai della Fiat che sfilavano contro i picchettaggi che da 35 giorni impedivano di entrare in fabbrica. Ciò che caratterizzò quella marcia, nota come “La marcia dei quarantamila”, oltre al numero di partecipanti, fu la straordinaria capacità di organizzarla in una sola notte, con un giro di telefonate, e senza far trapelare nulla, lasciando il sindacato a bocca aperta. Da tempo, infatti, si era creato un braccio di ferro tra il sindacato e la Fiat, e, dopo scioperi interni in cui avvenivano anche minacce fisiche, si era deciso di picchettare, bloccando l’accesso all’azienda torinese.

La manifestazione, che divenne il simbolo della frattura tra i colletti bianchi e chi lavorava alla catena di montaggio, le tute blu, spinse il sindacato a chiudere la vertenza con un accordo favorevole alla Fiat, portando, inoltre, a un radicale cambio di relazioni tra grandi aziende e sindacati in Italia. Allo scopo di comprendere le motivazioni della marcia, bisogna ricordare che non era la prima volta che la Fiat metteva in cassa integrazione migliaia di dipendenti, soprattutto operai, e, quando capitò nuovamente il 5 settembre 1980, la reazione, dopo difficili trattative, sfociò nello sciopero con decorrenza immediata, cui fecero seguito il blocco dei cancelli di Mirafiori e il picchettaggio davanti agli accessi.

Il clou della protesta si verificò il 26 settembre di quell’anno, quando Enrico Berlinguer, a Torino per un comizio, espresse agli scioperanti il pieno appoggio del Partito Comunista Italiano e l’impegno a costringere il governo a dichiarare quale fosse la sua posizione in merito. Ciò che accadde il giorno dopo fu la sospensione, da parte della Fiat, delle procedure di licenziamento, e l’accordo con i sindacati per la messa in cassa integrazione di 24mila dipendenti, più l’uscita dal lavoro degli anziani tramite i prepensionamenti. Furono oltre 22mila gli operai di tutte le fabbriche del Paese che ricevettero gli avvisi di cassa integrazione ordinaria a zero ore fino al 31 dicembre, e, il conseguente picchettaggio a Mirafiori portò anche alla morte sul posto per infarto di un caporeparto di 48 anni, Vincenzo Bonsignore. Alla fine Fiat ritirò i licenziamenti, mantenendo però la cassa integrazione a zero ore per gli operai.

lunedì 13 ottobre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 13 ottobre.

Il 13 ottobre 1990 ha fine la guerra civile in Libano.

La guerra civile del Libano è stato un brutale conflitto di faglia, inteso come terreno di scontro di opposte culture, orientamenti religiosi, etnie, rivendicazioni politiche e/o ideologiche. Le sue origini risalgono alla caduta dell’Impero Ottomano, che nel bene e nel male aveva mantenuto sotto il suo imperio una certa stabilità in tutta la regione per circa quattro secoli, e l’avvento della Francia come nuova superpotenza regionale.

Grazie al mandato della Società delle Nazioni – ma soprattutto agli accordi segreti di Sykes-Picot tra i governi di Londra e Parigi, che ne avevano preparato il terreno, in contrasto con le promesse britanniche fatte agli alleati arabi – la Francia aveva ottenuto sia il Libano che la Siria come sue zone di influenza. Per mantenere il proprio predominio i transalpini si allearono con la classe dirigente locale di fede cristiano-maronita, che affiancò in ruoli importanti di governo locale.

I cristiani, nelle tre correnti principali di maroniti, greco-ortodossi e greco-uniati (ovvero di rito bizantino ma cattolici fedeli al Pontefice di Roma) risultavano essere la maggioranza relativa della popolazione, e al loro interno vantavano l’élite più ricca e influente nel paese, mettendo in ombra i drusi e i mussulmani sciiti e sunniti. Per tale affinità religiosa i francesi privilegiarono le comunità cristiane, facendone il baluardo del loro potere. Allo stesso tempo queste ultime videro Parigi come un punto di riferimento sociale e culturale, creando un rapporto privilegiato che sopravvisse anche oltre l’indipendenza.

Nel 1943, a causa della caduta della Francia in mano tedesca e all’occupazione britannica della regione, il leader cristiano-maronita Bishara al-Khuri – che divenne il primo presidente – negoziò con tutte le forze politiche e religiose libanesi in vista di una pacifica via verso una stabile indipendenza. Dal suo impegno vide la luce il cosiddetto “Patto Nazionale”, che resse tra alti e bassi fino allo scoppio definitivo della guerra civile nel 1975.

Il nocciolo di questo accordo era molto semplice: dividere equamente le posizioni di potere tra le varie componenti nazionali. In pratica secondo il suo disegno, accettato in forma di gentlemen’s agreement e quindi non messo nero su bianco in una Costituzione, ci sarebbe stato sempre un Presidente della Repubblica cristiano-maronita, un Primo Ministro sunnita, un Presidente dell’Assemblea Nazionale sciita e un Vice-Presidente greco-ortodosso. Ogni incarico di governo sarebbe stato ripartito secondo uno schema di delicati equilibri di pesi e contrappesi, in modo da non avvantaggiare in modo eccessivo un’etnia o religione rispetto alle altre.

A corollario di tutto questo, le classi dirigenti cristiane accettarono formalmente l’identificazione del paese nel mondo arabo, affievolendo il legame profondo con i francesi. Al contempo i musulmani dovettero lasciar perdere l’orientamento filo-arabo e soprattutto l’idea di una futura integrazione – leggasi, visti gli accadimenti futuri, annessione – alla vicina e ambiziosa Siria.

I problemi giunsero pochi anni dopo. Nel 1948, infatti, il Libano partecipò alla coalizione pan-araba unitasi contro Israele, uscendone sconfitto. In virtù degli accordi presi con i suoi alleati, il piccolo paese accettò di ospitare nel suo territorio ben 150.000 profughi palestinesi, che diedero un primo scossone al delicato equilibrio etnico-religioso dello Stato.

A questo si unì il nascente nazionalismo arabo filo-comunista di Gamal Abd el-Nasser, nuovo leader carismatico dell’Egitto, che nella seconda metà degli anni ’50 entrò in rotta di collisione con Gran Bretagna, Francia e Israele per il Canale di Suez. Il Libano, guidato dal maronita Camille Chamoun, decise di non sostenere le pretese panarabe del presidente egiziano, creando una spaccatura con le frange più giovani e dinamiche dei musulmani libanesi, che vedevano in Nasser un capo della riscossa nazionale contro l’Occidente e Israele.

La tensione giunse al calor bianco nel febbraio del 1958, quando Egitto e Siria si unirono nell’effimera Repubblica Araba Unita, o RAU. Ovviamente le forze islamiche nel paese dei Cedri volevano unirsi a questo nuovo gigante politico, ma furono osteggiate da Chamoun e dai cristiani.

Questo fatto portò, durante lo stesso anno, ad un assaggio di quello che scoppierà un decennio e mezzo dopo. L’opposizione politica al presidente si compattò intorno al primo ministro Rashid Karame, che unì sotto di sé filo-nasseriani, comunisti e socialisti, che iniziarono una serie di scioperi e proteste, che ben presto degenerarono in attentati, omicidi e la formazione delle prime milizie armate etnico-religiose che diventeranno tristemente famose durante la guerra civile.

Chamoun, in ottemperanza al Patto di Baghdad, un accordo stretto dei paesi mediorientali con gli Stati Uniti per prevenire un’espansione comunista in quello scacchiere, chiese un intervento militare americano per ristabilire l’ordine. Eisenhower, all’epoca presidente, non voleva in principio impegnarsi, ma la caduta del regime filo-occidentale dell’Iraq e il suo riallineamento in chiave filo-nasseriana fecero temere alla leadership statunitense un possibile collasso anche di Giordania e Libano, perciò venne autorizzato l’invio di 20.000 tra soldati e marines e della Sesta Flotta del Mediterraneo.

La potenza e il prestigio USA erano al loro apice e in brevissimo tempo, usando una buona miscela di intimidazione e diplomazia, la crisi fu sventata e la spirale di violenze disinnescata prima di una sua piena esplosione. Il generale Fu’ad Shihab, che si era impegnato affinché l’esercito libanese rimanesse neutrale durante i mesi delicati di interregno, fu apprezzato da tutte le parti ed eletto quindi presidente del paese, ristabilendo il “Patto Nazionale” del 1943 fino alla fine degli anni ’60.

Tra il 1967 e il 1973 la situazione si aggravò in maniera irreversibile a causa delle sconfitte arabe della Guerra dei Sei Giorni e dello Yom Kippur, ma soprattutto in seguito alla violenta cacciata dei palestinesi – con il loro braccio armato dell’OLP – da parte del sovrano di Giordania Ḥusayn bin Ṭalāl, che temendo un loro prossimo colpo di Stato agì in maniera preventiva durante il celebre Aylūl Al-Aswad o “Settembre Nero” del 1970.

A causa di questi tragici avvenimenti, la popolazione palestinese in Libano superò le oltre 300.000 persone, tra cui migliaia di miliziani e terroristi dell’OLP, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. Questi soffiarono sul fuoco dell’insofferenza musulmana e drusa nel piccolo paese, che si sentiva non adeguatamente rappresentata – oltre che molto più povera – nel governo e nell’economia, rispetto alla supremazia dei cristiani in generale e dei maroniti in particolare.

Tutti gli elementi del conflitto di faglia erano ora pronti, bastava una scintilla. Questa venne innescata dai palestinesi, che il 13 aprile del 1975 aprirono il fuoco con dei mitra contro un gruppo di cristiani che assistevano alla consacrazione di una chiesa a Beirut, nel quartiere ʿAyn al-Rummāna, uccidendo quattro persone e ferendone il doppio. Poche ore dopo membri delle milizie maronite attaccarono un gruppo di guerriglieri palestinesi che si stavano muovendo nell’area con le medesime intenzioni, annientandoli dopo un violento scontro a fuoco.

Il conflitto interno, una delle peggiori tragedie che possono travolgere una Nazione, perdurò per quindici anni, sostenuto e incancrenito da interventi di attori esterni. I capofila delle due fazioni antagoniste erano il partito falangista cristiano-maronita di Pierre Gemayel da un lato e il Partito Socialista Progressista dall’altro, sotto la cui ala si riunivano palestinesi, sunniti, sciiti e drusi libanesi.

Questi si resero protagonisti di massacri indiscriminati nei campi profughi palestinesi, nei quartieri o nei villaggi musulmani o cristiani. Beirut, un tempo considerata il cuore della Svizzera del Medio Oriente, un centro di benessere, ricchezza, tolleranza e cultura in una regione difficile, diventò un campo di battaglia per cecchini, autobombe e miliziani armati di kalašnikov.

Lo schema era sempre lo stesso. Una fazione compiva una strage – ad esempio a Qarantina, il 18 gennaio 1976, dove le milizie cristiane uccisero più di 1.000 persone tra curdi, siriani e palestinesi – e pochi giorni dopo scattava una sanguinosa risposta – come a Damur, villaggio cristiano attaccato dall’OLP, con oltre 500 morti e tutti i restanti abitanti scappati.

Nel 1978 la Siria, intervenuta due anni prima con l’assenso della Lega Araba come forza di dissuasione tra le parti in lotta, manifestava sempre più l’intenzione di annettere il paese come parte del progetto della “Grande Siria”. Questo fatto scatenò le ostilità dei cristiano-maroniti verso le “forze di pace” siriane, oltre che un primo intervento di Israele, che invase la parte meridionale del paese per creare una fascia di sicurezza.

Nel 1982, per risolvere una volta per tutte la questione palestinese in Libano, Tel Aviv decise un intervento massiccio in Libano, che verrà ribattezzato “Prima Guerra Israeliano-Libanese”. L’OLP e i suoi alleati musulmani e drusi vennero messi alle corde dalle superiori forze israeliane nonostante la loro fiera resistenza. Alla fine, con un “cessate il fuoco” imposto dagli Stati Uniti i combattenti palestinesi, assieme ad Arafat e tutto il suo entourage, dovettero abbandonare Beirut e il Libano.

Sembrava la vittoria definitiva per i cristiano-maroniti, ma al contrario i musulmani libanesi, messi all’angolo, reagirono con violenza. Il quartier generale falangista fu attaccato con un attentato terroristico dove persero la vita ben 25 alti dirigenti tra cui Bashir Gemayel, da poco eletto presidente del Libano.

Animati da un bruciante desiderio di vendetta, i falangisti cristiani compirono l’atto che è forse la memoria più tragica di tutto il conflitto, ovvero l’assalto ai campi profughi di Sabra e Shatila. Per due giorni, dal 16 al 18 settembre del 1982, le milizie cristiane di Elie Hobeika, un superstite a sua volta del massacro di Damur di sei anni prima, inflissero lo stesso destino ai profughi palestinesi ivi stanziati. Le cifre discordano a seconda delle fonti, ma vanno da un minimo di 500 ad un massimo di 4.000.

Lo shock internazionale per il precipitare della situazione portò alla formazione di una missione militare di peacekeeping ONU con americani, francesi e italiani per prevenire ulteriori massacri – su quello di Sabra e Shatila si è discusso per anni e anni, con numerosi processi intentati ai responsabili tra cui anche Ariel Sharon, responsabile delle truppe israeliane che all’epoca assediavano Beirut, che aveva lasciato campo libero alle milizie falangiste in quei terribili due giorni di sangue e vendetta.

I leader libanesi musulmani non si accontentarono di queste misure, ma accettarono invece il sostegno dell’Iran di Khomeini, che inviò centinaia di pāsdārān – le guardie della rivoluzione – che addestrarono la comunità sciita locale alla guerra, portando alla nascita il “Partito di Dio”, conosciuto ancora oggi con il nome di Ḥizbu ‘llāh o Hezbollah.

Questi ultimi divennero una vera spina nel fianco per Israele, sostituendo in tutto e per tutto – e forse anche di più – i guerriglieri e i terroristi palestinesi. A chiarire il fatto che ogni occidentale non era ben visto, questi ultimi organizzarono un attentato dinamitardo il 23 ottobre del 1983 dove persero la vita circa 300 militari americani e francesi.

Con una serie sempre più risoluta e violenta di attentati e rapimenti gli hezbollah costrinsero la missione internazionale a levare le tende, spingendo poi tutta la loro attenzione a meridione, con attacchi che andarono ben oltre l’area di sicurezza controllata da Israele nel sud del Libano, colpendo fino in Galilea.

Questo fatto spinse Tel Aviv ad abbandonare quasi del tutto l’occupazione militare della zona, limitandola ad un piccolo contingente che rimase fino al 2000.

L’operato di hezbollah, sostenuto da Iran e Siria, riequilibrò le sorti del conflitto in favore dei musulmani. Questo fatto, unito ad una sempre maggior consapevolezza della rovina del paese, portò i leader cristiani a cercare un accordo. Il presidente Amin Gemayel, alla conclusione del suo mandato nel settembre 1988 decise di affidare il potere al generale Michel Aoun, che sciolse formalmente tutte le milizie, attaccando con l’esercito non solo quelle musulmane, ma anche quelle cristiane che rifiutarono di consegnare le armi e tornare a casa.

A questo punto, visto il disimpegno di Israele, Aoun richiese lo stesso da parte della Siria, che stazionava ad est con le proprie truppe. Ottenuto un rifiuto, cercò di scatenare una “guerra di liberazione” contro di loro, ma venne rovinosamente sconfitto dalle superiori forze siriane.

Questa vittoria portò questi ultimi a diventare gli arbitri supremi della politica del piccolo paese, sostenuti dagli hezbollah e dagli altri partiti islamici. Alla fine i deputati libanesi della vecchia classe dirigente – non si svolgevano più regolari elezioni fin dal 1975 – si riunirono in Arabia Saudita e firmarono un accordo di “Intesa Nazionale” nell’ottobre del 1989.

Quest’ultimo pose le basi per la conclusione – per esaurimento – della guerra civile. Gli Accordi di Ta’if stabilirono un nuovo equilibrio tra le culture religiose e le istituzioni politiche dello Stato – ad esempio stabilendo che i deputati del parlamento dovessero essere equamente divisi tra cristiani e musulmani – e diedero una giustificazione artificiosa alla sostanziale occupazione militare siriana, che venne definita “fraterna” e in ultimo accettata giocoforza anche dalla comunità internazionale.

I conti che si fecero il 13 ottobre del 1990, data che segnò ufficialmente la fine della guerra civile, furono devastanti. Il paese, un tempo pacifico, moderno e prospero, era annichilito. Più di 150.000 morti e decine di migliaia di emigrati che diedero vita alla cosiddetta “Diaspora Libanese”. Questi ultimi erano il meglio delle classi dirigenti, degli uomini di cultura, scienza ed economia, che emigrarono negli Stati Uniti, in Canada, in Gran Bretagna, in Francia e in generale nei paesi occidentali. La loro fuga impoverì ulteriormente il paese, che perse i suoi uomini e donne migliori, che non furono presenti per ricostruirlo.

In più la leadership politica nazionale rimase debole, condizionata da Israele a sud e dalla Siria est. I primi abbandonarono del tutto le aree da loro occupate solo nel 2000 e i secondi nel 2005, in seguito alle manifestazioni di piazza che passeranno alla storia come Thawrat al-arz o Rivoluzione del Cedro.

Furono gli ultimi strascichi della triste sequenza di eventi scatenatasi con i primi colpi di arma da fuoco esplosi nell’aprile di trent’anni prima. E ancora, visti gli accadimenti più recenti, questa ferita non è ancora del tutto sanata.

domenica 12 ottobre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 12 ottobre.

Il 12 ottobre 1984 l'IRA mette in atto un attentato per uccidere il primo ministro britannico Margareth Thatcher.

Gli anni ’80 verranno ricordati essenzialmente per tre cose: il duo Thatcher/Reagan, i focolai di guerra in tutto il mondo (dal Libano al Centro America, passando per le Falkland e l’Afghanistan, arrivando all’Iran e all’Iraq)  e soprattutto per il crollo del gigante comunista. C’è però un giorno di questo decennio che avrebbe potuto cambiare, forse come non mai,  il destino del mondo. Brighton, 12 ottobre 1984. Protagonista è proprio lei, Margareth Thatcher, la Lady di Ferro, suo malgrado. Il fatto: un attentato, il più clamoroso, perpetrato nei suoi confronti da parte della PIRA (o IRA Provisional), la reincarnazione meglio organizzata del vecchio Esercito Repubblicano che aveva combattuto nella Guerra d’Indipendenza e in quella civile tra il 1919 e il 1923. Dopo questo fatto di sangue, la questione irlandese prese un altro corso, più politico, che ha portato fino all’evoluzione nei nostri giorni.

Erano anni difficili, storicamente parlando, tanto in Gran Bretagna, quanto nell’isola di Smeraldo: il governo della Lady di Ferro (al 10 di Downing Street dal 1979 al 1990), non aveva fatto altro che peggiorare le cose. Oltre allo smantellamento progressivo dello stato sociale, arrivò addirittura ad abolire le razioni gratis di latte nelle scuole, la stessa non esitò a reprimere duramente manifestazioni di dissenso. Gli scioperi dei minatori del 1984-1985, contrò i quali usò il pugno di ferro, sono solo un esempio lampante. Quelli però erano anche gli anni dei “Troubles”, orribile eufemismo usato per definire le lotte tra “cattolici e protestanti” in Nord Irlanda. Una vera e propria guerra civile che in trenta anni (dal pogrom di Bogside nel 1969 alla ratifica dell’Accordo del Venerdì Santo nel 1998) causerà oltre tremila morti. Guerra che sembrava non aver fine; alla violenza di stato, ai paramilitari lealisti, all’apartheid legalizzato, le oppresse comunità cattoliche non potevano che affidarsi all’IRA, praticamente l’unica forza che, ricorrendo al terrorismo e alla lotta armata, sembrava poterli difendere dai soprusi. L’IRA stessa però, in quei primi anni ’80 commise un grave errore strategico. Dopo lo sciopero della fame del 1981, in cui morirono il martire Robert Sands e suoi nove compagni, i paramilitari e il loro braccio politico, lo Sinn Fein, avevano ottenuto un crescente peso politico. Lo stesso Sands infatti, poco prima di morire, era stato eletto a Westmister, in controtendenza anche con il noto astensionismo repubblicano. Il movimento repubblicano invece, anziché puntare su una decisa strategia politica, continuò convinto anche nella lotta armata. Dopo un grande gesto politico come quello dello sciopero della fame che aveva commosso il mondo intero, altri attentati, come quello di Enniskillen nel 1987, risulteranno impossibili da legittimare, anche per i più intransigenti.

Quando il Grand Hotel Royal di Brighton, maestoso edificio in stile vittoriano, venne scelto come sede per il congresso del Partito Conservatore, in quel 1984, nessuno poteva sospettare. D’altronde, gli episodi di violenza al di fuori del Nord Irlanda erano stati piuttosto sporadici, anche se non meno efferati. Invece, alle 14:54 locali di quel 12 ottobre, esplode una bomba. La bomba fu in realtà piuttosto atipica, “appena” 9 chilogrammi ma l’effetto fu devastante. Era stata piazzata da Patrick Magee tra il 14 e il 17 settembre nella camera 629, una piano sopra alla suite in cui la Thatcher avrebbe dovuto tenere le conferenze. L’albergo è stato praticamente sventrato, solo lo scheletro restò in piedi. Nonostante la potenza, il clamore e l’ardore, l’attentato in sé si rivelava un vero fiasco: non solo la Thatcher rimase pressoché illesa e tenne un infuocato discorso in quella stessa convention, attaccando non solo l’IRA ma anche i laburisti e ribadendo l’impegno britannico nelle sei contee dell’Ulster. Non furono tuttavia così fortunati suoi cinque compagni Tories, rimasti uccisi nell’esplosione. All’evento seguiranno parole di cordoglio da parte dei principali leader, parole che non faranno altro che screditare e delegittimare l’esercito repubblicano.

Tra i tanti messaggi di cordoglio, quello di Garret FitzGerald, all’epoca Taoiseach, primo ministro, in Eire, assunse un particolare significato: lo stesso, pur non perdendo occasione per ribadire la ferma condanna nei confronti della lotta armata, sottolineò come effettivamente il problema delle sei contee andasse risolto in maniera democratica ed efficace una volta per tutte, convocando tutte le parti in causa. Piuttosto liberale in patria, FitzGerald si era contraddistinto per la sua avversione repubblicana, anche durante il periodo degli scioperi della fame. Tuttavia in questo contesto, oltre a far forza sulle rivendicazioni territoriali presenti fino al 1998-1999 nella costituzione dell’Eire, riuscì a strappare un accordo con la stessa Thatcher: era il trattato di Hillsborough del 1985. Questo trattato concedeva voce in capitolo al popolo irlandese e alla stessa Dublino negli affari del nord e avrebbe rappresentato il primo passo verso il difficile compromesso che, sotto forma del Good Friday Agreement, nel 1999 scrisse la parola pace, seppur così fragile e controversa, in questa triste storia.

sabato 11 ottobre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è l'11 ottobre.

L'11 ottobre 1961 muore Chico Marx, il più grande dei fratelli Marx.

I fratelli Marx segnano un’ulteriore evoluzione del genere comico. La commedia è stata incentrata prima su un singolo attore, poi sulla coppia Laurel e Hardy (e, in misura minore, su quella formata da Bert Wheeler e Robert Woolsey) e quindi sul quartetto (diventato successivamente un trio) dei fratelli Marx.

La loro produzione appartiene tutta al periodo del sonoro: il primo film, The Cocoanuts, è infatti del 1929. Le loro azioni nel mondo dei cinema andarono alle stelle proprio quando crollavano quelle di Wall Street. Distruttivi, pungenti, assurdi, i fratelli aggredivano le buone maniere. Alla base dei loro film non c’è l’idea di affermazione che ricorreva nel cinema dei comici degli anni venti. Ad esempio, pur aiutando gli altri nelle loro storie d’amore, essi non si fanno mai coinvolgere a livello sentimentale. A parte Zeppo – che si ritirò dopo avere interpretato, in alcuni dei loro primi film, un ruolo romantico e leggero – è possibile rintracciare una parvenza di sentimento in Harpo; le scene in cui suona l’arpa possono sembrare strane, poiché stridono con lo spirito iconoclasta che anima il resto del film.

Pur rivelandosi, a tratti, un sentimentale, Harpo è anche capace di assumere improvvisamente atteggiamenti osceni, anarchici, dannosi. Harpo il muto fa pensare a un’immagine frantumata dei comici del cinema muto. Groucho e Chico, per contro, non smettono mai di parlare. Le loro parole distruggono il significato del linguaggio e la dignità delle istituzioni, che Keaton e gli altri comici della sua epoca trattavano invece con rispetto. I danni provocati da Harpo sono al contrario sempre concreti – le sue forbici non si fermano mai. I disastri che causa Harpo, a differenza di quelli che avevano per protagonisti Keaton e Langdon, rivelano un’aggressione anarchica verso oggetti sociali come gli abiti, i pianoforti, il cibo.

In A night at the opera (Una notte all’opera), ad esempio, i fratelli si prendono gioco delle sacre istituzioni americane con un discorso sui più grandi aviatori del mondo. Mettendo in ridicolo la dimensione eroica e romantica della transvolata atlantica ridimensionano la portata delle imprese di Lindbergh e dei suoi epigoni. A essere irriverente è soprattutto il commento con il quale Chico svaluta i pericoli corsi da Lindbergh: "La prima volta che ci abbiamo provato, dopo avere sorvolato metà oceano abbiamo finito la benzina. Siamo dovuti tornare indietro a fare il pieno".

Ancora più insolente è la loro distruzione dei totem del commercio e della cultura. Groucho e Chico strappano e fanno a pezzi un contratto scritto in un linguaggio, quello legale, che non capiscono, e che riducono a una serie di parole incomprensibili. Quando Groucho finalmente riesce ad arrivare al teatro dell’opera, domanda se lo spettacolo è già finito; dopo avere saputo di essere in tempo per l’ultimo atto, rimprovera il suo autista: "te l’avevo detto, di andare più piano". A provocare i maggiori danni materiali è invece Harpo, che demolisce lo spettacolo, butta giù le scene e poi si mette a vendere noccioline. Il loro attacco all’autorità sociale è evidente nella sequenza del film in cui, per far ammattire un poliziotto, continuano a spostare mobili da una stanza all’altra di un albergo.

Con i fratelli Marx l’angoscia dell’individuo che era al centro del genere comico, del personaggio clownesco che cercava di rapportarsi alla società americana senza sapere se prendere la strada della ribellione o dell’affermazione, si trasforma in ironia venata di amarezza, in aggressività sociale. Durante gli anni della Depressione i fratelli fecero parte del sistema, eppure cercarono ugualmente di ridicolizzarlo e di distruggerlo; proprio come lo spettatore, che quasi certamente faceva parte del sistema, da esso dipendeva nel modo più completo, ma da esso veniva anche, nel modo più completo, deluso.

venerdì 10 ottobre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 10 ottobre.

Il 10 ottobre 1970 va in onda la prima puntata dell'anno di Canzonissima, il programma della Rai abbinato alla Lotteria Italia.

Che le canzoni entrino in gara! Questo è il motto di Canzonissima. E così, la canzone italiana sfonda sulla tv nazionale, il primo canale della RAI. Andrà in onda per ben dodici anni allietando il sabato sera degli italiani fra vecchi e nuovi ritornelli, arie e melodie abbinate ai fantastici premi della lotteria.

Gli italiani sembrano gradire...e molto! Strappando l'idea alla radio, che nel 1956 mandava in onda 'Le canzoni della fortuna', nel 1958, Canzonissima debutta come analogo format in tv. La prima edizione è vinta da Nilla Pizza con 'L'edera'. Il premio della lotteria vale nientepopodimeno che...100 milioni di lire!

Il programma è condotto da Renato Tagliani, Ugo Tognazzi (poi sostituito da Walter Chiari), Gianni Agus ed Enzo Sordi.

Siamo nel 1958. Muore Papa Pio XII e gli succede Giovanni XXIII. Nel mondo spopolano Elvis Presley e il rock 'n roll. In Italia ci sono le elezioni e il governo viene affidato ad Amintore Fanfani. Nasce la SIP e vengono abolite le case chiuse con la Legge Merlin...E il programma di canzoni sul primo canale della RAI piace un sacco agli Italiani!

L'arma in mano al pubblico è la cartolina. Con quella si vota e, la notte della Befana, grazie all'estrazione a sorte, si spera di vincere un bel gruzzolo. Tutta l'Italia è in gioco e tutta l'Italia gioca per ben tredici puntate. Tredici sabati d'intense emozioni!

Il gioco fa presto a prendere la mano agli italiani, perché a Canzonissima la temperatura delle rivalità fra cantanti sale vertiginosamente...e l'Italia adora fare il tifo! Nelle diverse recensioni dell'epoca, in effetti, si raccontano le feroci polemiche fra gli acerrimi avversari, per esempio Gianni Morandi vs. Claudio Villa o Ornella Vanoni vs. Iva Zanicchi.

Nel 1959, a condurre la partita sono Delia Scala, Paolo Panelli e Nino Manfredi. Quest'ultimo debutta con il suo personaggio Bastian, il barista ciociaro che diventerà celebre grazie al famoso tormentone: 'Fusse che fusse la vorta bbona'.

In Italia, intanto, la scuola obbligatoria viene innalzata fino alla quinta elementare. E inizia il miracolo economico. Nelle famiglie italiane è l'ora degli elettrodomestici. Al governo c'è Antonio Segni.

Altro giro, altra compagnia. Nell'edizione di Canzonissima del 1960, Mina canta Tintarella di luna. Alla lira va l'oscar della moneta. Muore Fausto Coppi. Esce nei cinema 'La dolce vita' di Federico Fellini, scatenando polemiche e voglia di censura. Antonio Segni si dimette dall'incarico di presidente del consiglio, mentre 'La dolce vita' vince la palma d'oro al Festival del cinema di Cannes. Nasce il terzo governo Fanfani. Si inaugura la trasmissione 'Tribuna politica'. Negli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy diventa il 35° presidente americano. Ma all'Italia cantare piace troppo e si è sempre in attesa del prossimo numero...

Per questa ragione, nel 1961 al comando di Canzonissima c'è l'irrefrenabile Sandra Mondaini, coadiuvata da Enzo Garinei e da Paolo Poli. La trasmissione, questa volta, prende decisamente il volo. Esilarante la performance della Mondaini e di Poli nello sketch 'I ragazzi irresistibili'. In Italia nascono le Frecce Tricolori, la Pattuglia acrobatica Nazionale. Jurji Gagarin appassiona il mondo: è il primo uomo nello spazio! Altrove, debutta un certo Bob Dylan... Al congresso Americano, il presidente Kennedy annuncia il programma Apollo, che prevede lo sbarco dell'uomo sulla luna. Si suicida Ernest Hemingway. I Beatles debuttano col loro primo concerto. Nasce il secondo canale della RAI.

Nel 1962, il cast di Canzonissima prevede Franca Rame, Dario Fo e, come spalle, Tino Buazzelli e Sandra Mondaini. La trasmissione va in onda dal Teatro Fiera di Milano. Questa edizione viene ricordata come la Canzonissima dello scandalo. Dario Fo, infatti, propone al grande pubblico uno sketch sui lavoratori edili mentre nel paese è in corso una vertenza sindacale. Scoppia lo scandalo con tanto di interrogazioni parlamentari! Così, l'ultimo sabato di novembre, l'annunciatrice avviserà gli italiani che Dario Fo e Franca Rame si sono ritirati dalla conduzione del programma. Dopo questo episodio, Dario Fo tornerà in televisione solo nel 1977. Nel mondo, la messa in orbita di un satellite consente telefonate a lunga distanza e trasmissioni telefoniche dal vivo. Il papa scomunica Fidel Castro. Antonio Segni viene eletto presidente della repubblica. A Voghera avviene il più grave disastro ferroviario dopo la guerra. Il Napoli vince la coppa Italia. A Los Angeles muore Marilyn Monroe. Esce il primo singolo dei Beatles e il primo film di 007. 

Nel 1963, dopo i problemi causati dall'edizione precedente, la trasmissione più amata dagli italiani va in onda con un altro nome. Riprenderà il suo titolo originale solo nel '68. Esce il primo LP dei Beatles 'Please please me'. Il Milan vince la coppa dei campioni. Muore papa Giovanni XXIII. Viene eletto Paolo VI. A Washington, Martin Luther King tiene il famoso discorso 'I have e dream'. Una frana determina il disastro del Vajont, dove si piangono più di duemila vittime... A Dallas viene ucciso il presidente John Fitzgerald Kennedy.

Nel 1964, nella gara canora più famosa d'Italia vince Claudio Villa con 'O sole mio'. Alla trasmissione partecipa anche lo strepitoso imitatore Alighiero Noschese. In Italia viene effettuata la vaccinazione antipolio. Sergio Leone gira il film 'Per un pugno di dollari'. Nei cinema viene proiettato il film 'Il dottor Stranamore' di Stanley Kubrick. Si apre la circolazione nel traforo del Gran San Bernardo, che collegherà l'Italia con la vicina Svizzera. Nasce la Nutella. Esce il primo film dei Beatles 'A hard day's Night'. Nasce il secondo governo Moro e l'Italia piange Palmiro Togliatti. Negli Stati Uniti viene pubblicato il 'Rapporto Warren' sull'omicidio Kennedy. A Milano nasce la prima linea di metrò. Giuseppe Saragat è il quinto presidente della repubblica italiana.

1965. La gara canora che ancora non ha ripreso il suo nome storico, è vinta da Gianni Morandi con 'Non son degno di te'. Vittorio De Sica vince l'oscar per 'Ieri, oggi, domani'. I presidenti Saragat e De Gaulle inaugurano il traforo del monte Bianco. Al cinema escono 'Il tormento e l'estasi' con Charlton Heston, 'Uccellacci e uccellini' di Pier Paolo Pasolini e 'La Mandragola' con Totò. In tv nasce la prima edizione di 'Giochi senza frontiere'. Si formano le band dei Pink Floyd e The Doors, mentre i Beatles diventano baronetti.

1966. Il programma è condotto da Peppino De Filippo. Patty Pravo canta 'Ragazzo triste'. Claudio Villa, 'Granada'. Luigi Tenco, la sua nostalgica 'Lontano, lontano'. Morandi tuona con 'La fisarmonica'. Intanto, Caterina Caselli è la rivelazione del Festival di Sanremo. In Italia, Aldo Moro vara il suo terzo governo. John Lennon rilascia la sua dichiarazione più scandalosa: 'Siamo più famosi di Gesù'. Sophia Loren e Carlo Ponti si sposano segretamente in Francia. E in Italia, ci si gode la luce: viene introdotta l'ora legale. A Cannes, Pietro Germi vince la Palma d'oro ex aequo con Claude Lelouch. A San Francisco il mondo assiste all'ultima esibizione dei Beatles. La guerra in Vietnam raggiunge il suo apice...

E' il 1967 e, a condurre lo spettacolo di canzoni è Alberto Lupo. Le ultime puntate inchiodano davanti al video la stragrande maggioranza di italiani. Vince Dalida con 'DanDanDan'. In Italia si comincia a discutere il divorzio... In America si fortifica l'opposizione contro la guerra in Vietnam... Scoppia la guerra nel Medio Oriente. I Beatles pubblicano 'Sgt. Pepper Lonely Hearts Club Band. Felice Gimondi vince il cinquantesimo giro d'Italia. Carol Wojtyla diventa cardinale. La prima edizione del premio Viareggio premia Pablo Neruda. E per la prima volta nella tv italiana, si vede un goal alla moviola. Luigi Tenco si suicida al festival di Sanremo.

1968. Al timone di Canzonissima, che finalmente ha recuperato il suo nome storico, c'è Mina insieme a Walter Chiari e a Paolo Panelli. Le sigle d'apertura e di chiusura del programma, rimaste storiche, sono cantate da Mina e sono 'Zum, zum, zum' e 'Vorrei che fosse amore'. Corrado conduce la prima puntata della Corrida sul secondo canale della RAI. In Sicilia, il violento terremoto del Belice fa 370 vittime. Ci sono disordini nelle università fra opposte fazioni politiche. A Memphis viene ucciso Martin Luther King. Il maggio Francese è al suo apice. A Los Angeles Robert Kennedy viene assassinato. L'Italia vince i campionati Europei. Richard Nixon è eletto presidente degli Stati Uniti. Muore Padre Pio.

Nel 1969, Canzonissima è affidata a Johnny Dorelli, Raimondo Vianello, Alice ed Ellen Kessler. Le lunghe gambe delle gemelle tedesche incantano gli italiani. Vince Morandi con 'Chi se ne importa'. La sigla è affidata alle Kessler che cantano 'Quelli belli come noi'. Anche questa è rimasta storica nella storia del programma. Da quest'anno, Canzonissima risulterà fra i dieci programmi più visti dell'anno... ...E manterrà questa posizione fino al 73! In Israele, Golda Meir è primo ministro. Georges Pompidou è presidente della Francia. Brian Jones, dei Rolling Stones, viene trovato morto nella sua casa in Inghilterra. Massimo Ranieri vince il Cantagiro con 'Rose rosse'. E l'uomo posa il suo primo piede sulla luna. Al via ARPANET, 'bisnonno' di Internet. Al cinema esce 'Satyricon' di Federico Fellini e 'Nell'anno del signore' di Luigi Magni. Dario Fo presenta 'Mistero Buffo'. E, per la gioia dei bambini, nasce il mitico Paperinik. Negli Stati Uniti termina la serie televisiva 'Star Trek'.

Nel 1970, Canzonissima è condotta da Corrado in coppia con Raffaella Carrà. La sigla è 'Ma che musica maestro'. Vince massimo Ranieri con 'Vent'anni'. In questa edizione, la Carrà lancia Maga Maghella, un personaggio da lei ideato per strizzare l'occhio ai bambini a cui la soubrette piace moltissimo. Maga Maghella fa gli oroscopi e, ovviamente, predice il futuro in rima cantando e ballando! A Londra, i Beatles si riuniscono per quella che sarà la loro ultima fatica: Let it be. I cieli vedono il primo volo del Boeing 747 e il primo Concorde. Debutta, sul secondo canale della RAI, 'Rischiatutto', condotto da Mike Buongiorno. Il gruppo dei Beatles si scioglie. Il Cagliari vince lo scudetto. Viene varato lo Statuto dei lavoratori. Nasce l'istituzione del Referendum. L'Italia mondiale batte la Germania 4 a 3. Debutta alla radio 'Alto gradimento' un programma d'intrattenimento assolutamente rivoluzionario con Renzo Arbore e Gianni Boncompagni. Giacomo Agostini vince il primo titolo nel Moto Mondiale. Muore Jimi Hendrix. E, a Los Angeles, muore anche Janis Joplin. In Italia è operativa la Teleselezione che evita il passaggio dal centralino per le telefonate. Al cinema escono 'Il giardino dei Finzi Contini' e 'Fragole e sangue'.

L'edizione di Canzonissima del 1971 è condotta da Corrado, Raffaella Carrà, Alighiero Noschese e Vittorio Gassman. Vince Nicola di Bari con 'Chitarra suona più piano' e la sigla è la celebre 'Chissà se va'. Anche quest'anno, Canzonissima risulta il programma più visto della stagione. La Carrà si esibisce con Alberto Sordi in una performance rimasta storica ballando il Tuca Tuca e mostrando all'Italia, un po' divertita, un po' scandalizzata, l'ombelico. Canzonissima è davvero al suo apice! Nel mondo, intanto... Nascono le mail, negli spot viene bandita la pubblicità alle sigarette, i Beatles si contendono il loro patrimonio artistico in tribunale... Mentre in Italia la pillola anticoncezionale non è più vietata. Elio Petri vince il premio Oscar con il film 'Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto'. Muore Jim Morrison. Il mondo assiste al grande concerto per sostenere il Bangladesh, al Madison Square Garden. In Italia, Giovanni Leone è il sesto presidente della Repubblica Italiana.

Nel 1972, Canzonissima è affidata a Pippo Baudo, Loretta Goggi, Monica Vitti e Vittorio Gassman. Loretta Goggi canta la sigla 'Vieni via con me taratapunzi è. Massimo Ranieri canta 'Erba di casa mia', vincendo la competizione. In Italia nasce il primo governo Andreotti. Da Cape Kennedy parte la prima sonda per Giove. Gustav Thoeni vince la coppa del mondo di sci. A Milano, Giorgio Strehler diventa direttore del Piccolo Teatro. A Cannes vincono ex aequo Elio Petri con 'La classe operaia va in paradiso' e Francesco Rosi con 'Il caso Mattei'. Tutti e due i film sono interpretati dall'attore Gian Maria Volonté. A Roma, la pietà di Michelangelo è presa a martellate da un folle. Eddie Merckx vince il Giro d'Italia e, per la terza volta, Pietro Mennea è primatista in Europa nei cento metri. Si scioglie il partito monarchico. Pier Paolo Pasolini vince L'Orso d'oro a Berlino con il film 'I racconti di Canterbury'. I sindacati CGIL, CISL e UIL si uniscono in una confederazione. Mark Spitz, nuotatore statunitense, stabilisce un record vincendo la settima medaglia d'oro alle Olimpiadi di Monaco. Grave attentato, nella medesima Olimpiade, da parte di terroristi palestinesi. Nei cinema esce 'Il padrino' con Marlon Brando. La Fiat conclude la produzione della 500 e nasce la 126. Entra in vigore la legge per l'obiezione di coscienza al servizio militare. Il 1972 è l'anno in cui non è stato assegnato nessun Nobel per la pace.

1973: Canzonissima è ancora affidata a Pippo Baudo. Al suo fianco, una novità: Mita Medici. Con loro, Maria Rosaria Omaggio. La competizione canora è vinta da Gigliola Cinquetti con la canzone 'Alle porte del sole'. E' l'anno in cui 'avanzano' i cantautori e Canzonissima incomincia a perdere mordente... Grazie al satellite, il mondo assiste al primo concerto in mondovisione. L'onore è concesso ad Elvis Presley. Viene effettuata la prima telefonata con un cellulare. A New York si inaugura il World Trade Center. L'Italia è attraversata da violenti scontri fra le opposte fazioni politiche. Viene rapito Paul Getty, nipote dell'uomo più ricco del mondo e, per ottenere il pagamento del riscatto, i rapitori inviano un lembo dell'orecchio del giovane alla famiglia a scopo intimidatorio. A Napoli scoppia un'epidemia di colera dovuta, probabilmente, al mancato smaltimento dei rifiuti. Novella Calligaris, nuotatrice, è campionessa mondiale negli 800 stile libero, stabilendo un record. 'Il Padrino' di Francis Ford Coppola vince l'Oscar come miglior film.

1974: Canzonissima viene spostata alla domenica pomeriggio. Alla guida la sua 'mamma' per eccellenza: Raffaella Carrà. Al suo fianco, Renato Pozzetto e Cochi Ponzoni. Special guest: Topo Gigio. La sigla è cantata da Cochi e Renato. E' l'anno di Wess e Dori Ghezzi. Ma l'Italia non è più spensierata come un tempo e ha meno voglia di canzonette. Adesso è tempo di canzoni impegnate. Il panorama, in effetti, non è dei migliori... A Washington scoppia lo scandalo Watergate. In Italia, il governo Roumor è in crisi. In Sicilia si teme per l'eruzione dell'Etna. A Roma si ricordano terribili scontri nel derby Roma Lazio. ...Mentre, in America, debutta la famosissima serie televisiva 'Happy days'. Il Parlamento italiano approva il finanziamento pubblico ai partiti. E, dopo un'aspra battaglia, in Italia viene abrogata, per effetto del referendum, la legge sul divorzio. In Francia, Valery Giscard d'Estaing diventa presidente. A Brescia esplode la bomba di piazza della Loggia. Gianni Agnelli è eletto presidente della Confindustria. Indro Montanelli fonda 'Il Giornale. Purtroppo, ancora una volta, l'Italia è attraversata dalla violenza e dal sangue... Una bomba esplode sull'espresso Roma - Monaco: E' la strage dell'Italicus. Dall'altra parte del mondo, il film 'La stangata' con Robert Redford e Paul Newman, vince l'Oscar come miglior film. Quell'anno, partecipa all'Oscar anche 'Ultimo Tango a Parigi', film scandalo di Bernardo Bertolucci. Ma, per Canzonissima, i grandi sfarzi sono ormai lontani... ...Come abbiamo detto, la trasmissione è in mano alla Carrà che si è tagliata i capelli ed ha accentuato la nuance 'platino'. A farle da spalla fissa, a parte qualche breve apparizione di Corrado, c'è Topo Gigio. E, ironia della sorte, a causa di uno sciopero degli 'addetti ai lavori', l'ultima edizione di Canzonissima non avrà un finale e non verrà proclamato un vincitore.

E' proprio il caso dirlo: 'E la vita, la vita...' come cantano, nella sigla di chiusura, Cochi e Renato...

giovedì 9 ottobre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 9 ottobre.

Il 9 ottobre 768 Carlo Magno e suo fratello Carlomanno vengono proclamati re dei Franchi.

Primogenito di Pipino detto "il Breve" e Bertrada di Laon, Carlo Magno è l'imperatore a cui si devono ben quarantasei anni di dominio dell'Europa occidentale (dal 768 al 814), un lasso di tempo in cui riuscì ad estendere il regno a più del doppio rispetto a quello del padre. Con una particolarità: fu sempre personalmente alla guida di tutte le imprese militari, vero esempio di monarca eroico e trascinatore.

Nato il 2 aprile del 742, dopo aver condiviso per alcuni anni il regno col fratello Carlomanno, nel 771 assunse il potere su tutti i territori che il padre aveva unificato sotto un unico dominio. Dopo aver ripudiato la moglie Ermengarda, figlia di Desiderio re dei Longobardi, divenne il paladino della difesa del papato contro le mire espansionistiche di questi ultimi. L'alleanza col papato fu importante per il consolidamento del suo potere sull'occidente cattolico. La guerra tra Franchi e Longobardi iniziò nel 773 e terminò nel 774 con la caduta di Pavia e il "confino" di Desiderio in un monastero francese.

Nel 776 Carlo Magno impose in Italia il sistema feudale franco con l'introduzione dei comitati e delle marche in sostituzione dei ducati longobardi. Ancora sollecitato dal papato, Carlo scese in Italia una terza volta nel 780 per riaffermare il suo potere: nel 781 creò il regno d'Italia affidandolo ad uno dei suoi figli. Dovette combattere contro i Bizantini, gli Arabi in Spagna, i Sassoni, gli Avari, gli Slavi e i Danesi allargando così i confini del suo regno che divenne di fatto il Sacro Romano Impero con l'incoronazione celebrata da papa leone III nella notte di Natale dell'anno 800.

Carlo Magno organizzò una struttura di funzionari statali (laici ed ecclesiastici) con l'obiettivo di amministrare i territori che avevano comunque mantenuto istituzioni e caratteristiche diverse. Il governo era centralizzato e si poneva lo scopo di mantenere la pace, proteggere i deboli, bloccare ogni rigurgito di violenza, diffondere l'istruzione, creare scuole, sviluppare l'arte e la letteratura.

Dopo aver provveduto a garantire la successione incoronando imperatore il figlio Lodovico, si ritirò ad Aquisgrana (la città che di fatto era stata la capitale del suo impero) dedicandosi allo studio ed alla preghiera sino alla morte avvenuta il 28 gennaio 814.

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