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mercoledì 9 agosto 2023

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 9 agosto.
Il 9 agosto 1991 il giudice Antonino Scopelliti viene ucciso da Cosa Nostra a Campo Calabro. E' l'inizio della stagione delle stragi di mafia.
Lo chiamavano il “giudice solo”, e da solo morì nella sua Calabria, vittima di un agguato mafioso, mentre era in auto, da solo e senza scorta, che riteneva uno status symbol. Antonino Scopelliti era nato a Campo Calabro il 20 gennaio 1935 ed era entrato in magistratura a 24 anni, diventando pubblico ministero prima a Roma e poi a Milano. Con una carriera di prim’ordine, diventò prima procuratore generale della Corte d’Appello e poi numero uno dei sostituti procuratore generale in Cassazione.
La sua attività di magistrato si è incrociata con i grandi misteri d’Italia: fu lui a rappresentare la pubblica accusa durante il primo Processo Moro, poi nel processo per la Strage di Piazza Fontana, per il sequestro dell’Achille Lauro e infine per quello sulla strage del Rapido 904. In questo processo, Scopelliti dimostrò il collegamento tra i gruppi eversivi che portavano avanti la strategia della tensione e la criminalità organizzata, rappresentata dai boss mafiosi Pippo Calò e Guido Cercola. Riuscì a ottenere la condanna, ma la prima sezione della Cassazione, guidata dal giudice “ammazzasentenze” Corrado Carnevale annullò tutto.
Nel 1991, Scopelliti stava preparando il rigetto dei ricorsi in Cassazione avanzati dagli avvocati di alcuni dei maggiori boss mafiosi condannati al Maxiprocesso contro Cosa Nostra istruito dal pool antimafia di Palermo e dai giudici Falcone e Borsellino. Per questo, la ‘ndrangheta e Cosa Nostra prima tentarono di corrompere il giudice offrendogli 5 miliardi di lire, poi al suo rifiuto organizzarono l’attentato, portato a termine da almeno due persone a bordo di una moto, che spararono a Scopelliti con fucili calibro 12.
Ai funerali di Scopelliti, a Campo Calabro, arrivò un uomo baffuto dall'altra parte dello Stretto, un magistrato, si chiamava Giovanni Falcone. Furono emblematiche quelle parole sorde, cupe, nette, lapidarie. Quattro parole quattro pronunciate a fianco della bara del suo collega ed amico ucciso: “il prossimo sono io”. Profetico: il 23 maggio del '92, a Capaci, viene fatto saltare in aria assieme agli uomini della sua scorta. Sono trascorsi appena nove mesi dall'omicidio Scopelliti. Per il “giudice solo” la Calabria fu protagonista di una settimana di lutti e strette di mano, poi il nulla.
Le indagini hanno portato a due processi, il primo contro Riina e il secondo contro Provenzano e altri boss di primo piano, ma in appello le condanne di primo grado sono state annullate. Solo nel 2012 il pentito di ‘ndrangheta Antonino Fiume è tornato a parlare dell’omicidio Scopelliti portando alla riapertura delle indagini, pur non facendo i nomi dei killer.
Nel 2019 il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo riaprì l'inchiesta a seguito di nuove rivelazioni del collaboratore di giustizia catanese Maurizio Avola (che consentì di ritrovare alcune armi che, a suo dire, sarebbero state usate nell'omicidio) e risultarono iscritti nel registro degli indagati esponenti di Cosa Nostra e della 'Ndrangheta come mandanti ed esecutori materiali: i siciliani Matteo Messina Denaro, Marcello D'Agata, Aldo Ercolano, Eugenio Galea, Vincenzo Salvatore Santapaola, Francesco Romeo, lo stesso Avola e i calabresi Santo Araniti, Pasquale Bertuca, Vincenzo Bertuca, Giorgio De Stefano, Gino Molinetti, Antonino Pesce, Giuseppe Piromalli, Giovanni e Pasquale Tegano e Vincenzo Zito

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