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martedì 14 dicembre 2021

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 14 dicembre.
Il 14 dicembre 1900 Max Planck pubblica i suoi studi sulla teoria quantistica, dando il là a una rivoluzione scientifica che spazzò via i più normali concetti del "senso comune".
La meccanica quantistica nasce all'inizio del XX secolo grazie all'ingegno di scienziati del calibro di Planck, Schrödinger, de Broglie e Bohr: anche Einstein, che passerà alla storia piuttosto per la sua nota teoria della relatività, contribuirà in parte allo sviluppo della teoria, della quale però più tardi non riuscirà mai ad accettare le implicazioni più profonde e rivoluzionarie (in riferimento al probabilismo che contraddistingue l'intero impianto della fisica dei quanti avrà a pronunciare la famosa frase "Dio non gioca a dadi").
Tutto prende le mosse dal tentativo di risolvere un apparente paradosso della fisica dell'epoca, dovuto all'emissione di onde elettromagnetiche da parte di un corpo quale un forno. Seguendo le teorie riconosciute valide, un simile corpo avrebbe propagato durante il proprio riscaldamento onde in ogni lunghezza e frequenza possibile, la cui energia sarebbe andata aumentando proporzionalmente a quest'ultima. Facendo i conti risultava però che tale forno avrebbe pertanto emesso una quantità infinita d'energia, perché infinite sono le lunghezze d'onda che si possono generare tra le sue pareti interne ed ognuna di esse porta un contributo al totale dell'energia emessa, per quanto piccolo: la somma di un numero infinito di addendi, qualunque sia la loro dimensione numerica, porta comunque ad un risultato infinito. Questo calcolo era però in evidente contraddizione con l'osservazione e con la logica, dato che nessun forno (e nessun altro oggetto, se è per questo) emette mai una quantità infinita d'energia: l'emergere di infiniti all'interno di una teoria fisica è sempre sintomo di qualche sua lacuna.
Questa contraddizione portò Planck ad ipotizzare nel 1900 che non tutte le lunghezze d'onda siano in realtà possibili: solo alcune particolari configurazioni energetiche si verificano effettivamente, e pertanto l'energia totale emessa dal corpo è pari alla somma delle sole onde permesse. Questo costituisce un grande passo avanti, in quanto elimina l'infinito di cui parlavamo più sopra.
Secondo Planck perciò la distribuzione delle onde possibili non è continua ma discreta, ovvero esse non si dispongono senza soluzione di continuità lungo lo spettro delle energie possibili ma si posizionano solo in corrispondenza di determinati punti, corrispondenti a precise lunghezze d'onda e frequenze.
Ad integrazione di questo studio arrivò in seguito un lavoro di Einstein del 1905 sui fotoni (le particelle elettromagnetiche responsabili tra l'altro della trasmissione delle immagini dagli oggetti alla retina), il quale determinò che l'energia associata ad un flusso di tali particelle segue anch'essa schemi ben precisi, e può aumentare o diminuire solo in quantità fisse. Tali pacchetti di energia furono definiti quanti, e da questi prese il nome la teoria che a quel punto stava andando formandosi. Einstein concludeva ipotizzando che l'energia associata ai fotoni fosse direttamente proporzionale alla loro lunghezza d'onda.
A questo punto cominciava a delinearsi chiaramente un quesito: i fotoni sono particelle singolarmente individuate oppure onde? E' qui che la fisica quantistica comincia ad offrire risposte interessanti ma anche ad allontanarsi di pari passo da quello che siamo soliti indicare come "senso comune"…
Esperimenti condotti su un fascio di fotoni dimostrarono infatti che essi si comportano alternativamente come un flusso di particelle e come un onda, al punto che si riconosce ad essi questa natura duale senza che una prevalga definitivamente sull'altra. L'idea venne presto estesa anche ad altre particelle elementari, fino a quando Schrödinger non propose nel 1927 la cosiddetta funzione d'onda che prenderà poi il suo nome (anche se su questa questione lavorarono ed ottennero risultati assai significativi anche de Broglie e Born): stando a questa interpretazione, non solo ad ogni particella microscopica ma ad ogni corpo fisico è associata un'onda. Tutti i corpi, anche quelli all'apparenza più solidi, sono in realtà descrivibili anche in termini di onde!
Ma di che onde stiamo parlando esattamente? Di onde probabilistiche, indicanti ovvero la probabilità di trovare la particella in una posizione piuttosto che in un'altra. La certezza è bandita dalla meccanica quantistica, o per meglio dire noi non possiamo sperare di raggiungere alcun risultato certo a meno di non modificare radicalmente ciò che stiamo osservando. Il principio di indeterminazione di Heisenberg, risalente sempre al 1927, ci insegna infatti che più cerchiamo di conoscere la posizione di una particella, più disturberemo il suo moto e quindi meno riusciremo ad avere informazioni su di esso: viceversa, se ci limitiamo a determinare con precisione le caratteristiche del suo moto, la posizione effettiva della particella rimarrà per noi insondabile. Non siamo nella condizione di ottenere tutta l'informazione possibile sull'oggetto in questione, per quanto siano accurati i nostri tentativi: anzi, più precisamente misuriamo un parametro, più rendiamo incerta la rilevazione dell'altro. La coperta è sempre troppo corta.
A questo punto il quadro teorico generale della meccanica quantistica poté dirsi sostanzialmente completo. In meno di trent'anni non si era solo scosso l'edificio della fisica tradizionale (in virtù anche del lavoro di Einstein sulla relatività), ma si erano levati profondi interrogativi sulla natura ultima del mondo che ci circonda e sulle nostre pretese di arrivare ad una sua completa conoscenza.
La meccanica quantistica dice che le forze sono create dallo scambio di "pacchetti" discreti di energia, chiamati "quanta". Questi pacchetti (chiamati fotoni, nel caso della luce) vengono misurati in unità estremamente piccole. Il grande problema è che a volte le particelle si comportano come tali e a volte come onde. Così non sappiamo che cosa siano e non sappiamo come chiamarle; molti scienziati si riferiscono quindi alle particelle, in meccanica quantistica perlomeno, come "entità quantiche".
La teoria quantistica stabilisce che esse si comportano come particelle od onde, ma noi non siamo ancora riusciti a spiegare questo dualismo. Il fisico Erwin Schrödinger concepì un esperimento immaginario, chiamato il gatto di Schrödinger, solo per dimostrare quanto tutto questo sia stupido.
La spiegazione più comunemente accettata del problema del gatto di Schrödinger è quella avanzata nella cosiddetta interpretazione di Copenhagen della meccanica quantistica: che il gatto non sia né vivo né morto finché non si apre la scatola. In modo similare, un'unità quantica non è una particella né un'onda finché non compiamo un'osservazione; allora la "funzione d'onda" cade e noi otteniamo l'una o l'altra.
Peggio, il principio di indeterminazine di Heisenberg pone stretti limiti a quanto possiamo capire del mondo intorno a noi. Il principio afferma che noi possiamo conoscere la velocità o la posizione di un'entità quantica, ma non entrambe.
Un'altra predizione della meccanica quantistica è che c'è una probabilità finita che le particelle possano scavare un tunnel, o fare un balzo quantico, attraverso barriere impenetrabili. In altre parole, se mettiamo una particella in un contenitore, e se questa particella non ha abbastanza energia per uscirne, c'è ancora una probabilità misurabile che la particella sfugga veramente dal contenitore. Questo è stato provato sperimentalmente innumerevoli volte. L'effetto è chiamato "traforo quantistico"; detto più semplicemente, vuol dire che le particelle possono fare strane cose!
La fisica quantistica non sostituisce la meccanica newtoniana: la comprende. La meccanica newtoniana rimane valida entro i propri limiti, ma noi sappiamo ora che non c'è un orologio che batte, che lo si guardi o meno.
Nel 1927 Werner Heisenberg disse che una particella dà solo limitate informazioni su di sé. Si può determinare dove sia in ogni momento, ma se lo si fa non si può conoscere la sua velocità o la direzione del moto. Oppure si possono misurare velocità e direzione, ma allora non si può determinare il punto di partenza o quello di arrivo - e dunque dove essa sia. In altre parole, si può sapere solo l'una o l'altra delle cose. (Naturalmente il tutto può essere esposto più precisamente in termini matematici.) Heisenberg chiamò questo fatto principio di indeterminazione.
In termini filosofici questo era molto profondo. Si stava dicendo, in chiari termini matematici, che c'è un limite a quello che possiamo conoscere. Non possiamo sapere di più. Infatti la maggior parte del lavoro in meccanica quantistica, come risultato, è intorno alle probabilità. Così se spariamo degli elettroni attraverso una fessura ricavata da uno schermo, noi possiamo sapere esattamente quanti elettroni si spargeranno in ogni direzione particolare, ma non potremo predire accuratamente cosa farà un particolare elettrone. E questo non perché non abbiamo adeguati strumenti di misura, ma solo perché siamo vincolati ad una legge naturale.
Questo è profondamente scioccante. Il principio di indeterminazione è la parte più controversa della meccanica quantistica, tuttavia è quella che ha resistito a 70 anni di prove in laboratorio.
L'interpretazione "ortodossa" della teoria quantistica è la cosiddetta interpretazione di Copenhagen. Si tratta di una spiegazione di meccanica quantistica che si suppone sia stata avanzata la prima volta a Copenhagen (anche se probabilmente non è vero).
La spiegazione più comunemente accettata del problema del gatto di Schrödinger, l'esperimento immaginario proposto da Erwin Schrödinger per dimostrare quanto sia stupida la meccanica quantistica, è quella avanzata nella cosiddetta interpretazione di Copenhagen di meccanica quantistica. Questa dice che il gatto non è né vivo né morto finché non si apre la scatola. In modo similare l'entità quantica non è né una particella né un'onda finché non si compie un'osservazione; allora la "funzione d'onda" crolla e noi abbiamo l'una o l'altra.
Questa interpretazione sfida il senso comune, ma è la più comunemente accettata. Però c'è un'altra interpretazione, la cosiddetta interpretazione Everett, o interpretazione dei mondi multipli. Questa interpretazione, proposta da Hugh Everett III nel 1957, dice che, nel caso del gatto di Schrödinger, per esempio, quando mettiamo il gatto nella scatola l'Universo si divide in due universi: uno contenente un gatto morto, e uno che ne contiene uno vivo.
Si può vedere che questo creerebbe ben presto un numero pressoché infinito di mondi paralleli.
Sarà vero? E chi lo sa!
La meccanica quantistica sembra incompatibile con le teorie della relatività di Einstein. Infatti le due teorie sono virtualmente una l'opposto dell'altra. La relatività è alla ricerca della semplicità, della chiarezza, della bellezza. La Meccanica Quantistica dice che questo è impossibile. L'Universo è un posto disordinato.
Per dare un esempio specifico: la relatività dice che nulla può superare la velocità della luce (questo nella teoria della relatività ristretta). Mentre nella meccanica quantistica la nostra teoria dice che in qualche modo l'informazione sta circolando più velocemente della luce. Vedere in proposito il famoso paradosso di Einstein, Podolsky e Rosen, che era un esperimento destinato a provare che nulla può viaggiare più velocemente della luce. In effetti esso parve provare l'opposto: l'informazione sembra circolare più velocemente della luce, e ancora nessuno capisce il perché.
In effetti, o la meccanica quantistica, o la relatività, o entrambe, sono sbagliate. Ma non sappiamo quale. Il problema è anche che ognuna delle due sembra corretta all'interno del proprio ambito. Ed entrambe ci hanno messo in grado di fare grandi progressi nelle scienze. È chiaro che c'è qualcosa che non va, ma a tutt'oggi non abbiamo idea di cosa.
Alcuni scienziati, compreso Stephen Hawking, stanno lavorando a una scienza del tutto nuova denominata cosmologia quantistica, tentando di unire la meccanica quantistica alle nostre conoscenze attuali di cosmologia. L'idea deriva dalla possibilità di applicare al nostro Universo la meccanica quantistica: solo un Universo possibile in un numero infinito di Universi possibili.
Proprio come nella meccanica quantistica le particelle hanno funzioni d'onda, o insiemi di possibilità, così nelle teorie di Hawking noi abbiamo una funzione d'onda che descrive l'insieme di tutti gli universi possibili. Quindi il nostro punto di partenza potrebbe essere un insieme infinito di universi paralleli, di cui il nostro Universo è solo uno quando la "funzione d'onda" crolla (quando noi, o qualcosa, compie l'osservazione).
Quindi "universo" non è tutto ciò che esiste, ma è "tutto ciò che può esistere".
Alan Guth ha descritto un universo che va oltre i principi quantistici un "Universo del pranzo gratuito".
L'idea che l'Universo possa essere comparso dal nulla e abbia complessivamente energia nulla. Ciò lo renderebbe, secondo l'espressione di Alan Guth, "il supremo pranzo gratuito".
Le ipotesi di base sono che l'Universo si trovi all'interno di un buco nero. Secondo la teoria quantistica, piccole bolle di energia possono crearsi dal nulla, posto che esse esistano solo per un breve momento e poi spariscano. Meno energia è coinvolta, più a lungo esse possono esistere.
Ora, supponiamo che l'energia gravitazionale sia negativa e l'energia racchiusa nella materia sia positiva. Se l'Universo è esattamente piatto è possibile che queste due addizionate fra loro diano zero energia. Nel qual caso le regole della teoria quantistica permetterebbero all'Universo di esistere per sempre.
Così, forse, l'Universo è una piccola bolla di energia (energia totale: zero) che è comparsa dal nulla. Il supremo pranzo gratuito.
Ma allora - se l'Universo è una fluttuazione quantica, come può fluttuare se non c'è nulla in cui fluttuare? E potevano esserci regole matematiche - le regole della meccanica quantistica - prima che l'Universo esistesse? Se le regole arrivarono con l'Universo, allora non potevano esserci prima per permettere all'Universo di essere creato!
Che mal di testa Eh?


2 commenti:

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