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domenica 20 dicembre 2020

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 20 dicembre.
Il 20 dicembre 2006 Piergiorgio Welby si fece staccare il respiratore che lo teneva in vita e, una volta sedato, spirò alle 23,45.
Welby era affetto da distrofia muscolare progressiva dall'età di 16 anni, una malattia che nel tempo ridusse la sua autonomia fino a quando nel 97, all'età di 52 anni, lo costrinse definitivamente a letto con un respiratore automatico a seguito di una tracheotomia.
Nel 2002 Welby iniziò la sua battaglia perchè gli fosse riconosciuto il diritto di interrompere il trattamento e lasciarsi morire, aprendo un forum sull'eutanasia e un blog sull'argomento. Ne nacque un caso mediatico e l'opinione pubblica si divise sull'argomento. Da un lato la Chiesa assolutamente contraria all'eutanasia, dall'altro il mondo laico che considerava un accanimento terapeutico costringere Welby a restare in vita grazie al respiratore.
Welby scrisse una lettera aperta nel 2006 al presidente della Repubblica Napolitano, il quale auspicò un confronto politico sull'argomento.
Il 16 dicembre 2006 il tribunale di Roma respinse la richiesta di Welby di porre fine all'accanimento terapeutico, poichè a causa di un vuoto normativo essa era inammissibile. Infine, proprio mentre la polemica politica ed etica infuriava, Welby mise in atto la sua morte, coadiuvato dal Dott. Marco Riccio, anestesista.
Il vicariato di Roma negò l'autorizzazione a funerali religiosi, poichè Welby si era suicidato. Fu lo stesso vicario di Roma, il cardinal Ruini, a dichiarare di aver preso personalmente la decisione, asserendo "Io spero che Dio abbia accolto Welby per sempre, ma concedere il funerale sarebbe stato come dire "il suicidio è ammesso"".
In funerale si svolse in piazza Don Bosco a Roma, davanti alla chiesa che i familiari avevano scelto per quelli religiosi (chiesa in cui nel 2015 fu invece autorizzato il funerale del Boss mafioso Vittorio Casamonica), alla presenza di circa un migliaio di persone.
L'8 giugno 2007 il Dott. Marco Riccio è stato incriminato per omicidio del consenziente, e rinviato a giudizio. Il 27 Luglio dello stesso anno il GUP di Roma, Zaira Secchi, lo ha prosciolto perchè il fatto non costituisce reato.
Il dibattito politico si è lentamente spento, il vuoto normativo è ancora lì.

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