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venerdì 11 dicembre 2020

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è l'11 dicembre.
L'11 dicembre 1997 veniva ratificato a Kyoto l'omonimo protocollo, che prevede l'obbligo in capo ai paesi industrializzati di operare una riduzione delle emissioni di elementi inquinanti (biossido di carbonio ed altri cinque gas serra, ovvero metano, ossido di diazoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoruro di zolfo) in una misura non inferiore al 5% rispetto alle emissioni registrate nel 1990, considerato come anno base, nel periodo 2008-2012.
Il protocollo prevedeva che entrasse in vigore nel momento in cui almeno 55 nazioni lo avessero firmato, a patto che queste producessero almeno il 55% degli elementi inquinanti. Pertanto il trattato è entrato in vigore solo nel novembre 2004, con l'adesione della Russia.
Le attività umane immettono 6.000 Mt (milioni di tonnellate) di CO2, di cui 3.000 dai paesi industrializzati e 3.000 da quelli in via di sviluppo; per cui, con il protocollo di Kyoto, se ne dovrebbero immettere 5.850 anziché 6.000, su un totale di 3 milioni attualmente in atmosfera. Ad oggi, 174 Paesi e un'organizzazione di integrazione economica regionale (EEC) hanno ratificato il Protocollo o hanno avviato le procedure per la ratifica. Questi paesi contribuiscono per il 61,6% alle emissioni globali di gas serra.
Per l’Unione Europea il Protocollo di Kyoto prevede un taglio delle emissioni di gas serra dell’8% rispetto alle emissioni del 1990. Stando all’ultimo Rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (“Greenhouse gas emission trends and projections in Europe 2007”) le emissioni dell’UE15 nel 2005 sono state ridotte del 2% rispetto ai valori del 1990. Il Rapporto prevede anche che l’Unione Europea, nel caso dia attuazione a tutte le misure aggiuntive previste, è in grado di rispettare gli impegni di riduzione.
Gli Stati membri con maggiori difficoltà a rispettare i propri impegni sono la Danimarca, la Spagna e l’Italia, che rappresenta il terzo paese emettitore dell’Unione europea.
L’Italia doveva ridurre le sue emissioni di gas serra nel periodo 2008 – 2012 del 6,5% rispetto al 1990.
I dati ufficiali del 2005 indicavano un aumento delle emissioni nel nostro paese del 12,1%. Le stime degli ultimi anni hanno indicato invece un trend di riduzione delle emissioni collocando il nostro paese alla fine del 2007 a valori sicuramente al di sotto del 10%. Questo miglioramento è dovuto principalmente a fatti congiunturali, legati a condizioni climatiche invernali più miti, ma presenta anche qualche elemento strutturale dovuto al verificarsi di un disaccoppiamento tra crescita economica e consumi energetici ed ai provvedimenti presi nell’ultimo periodo.
A partire dal 2005 sono state messe in atto una serie di misure finalizzate alla riduzione delle emissioni di gas serra. In particolare si fa riferimento alle misure di incentivazione del fotovoltaico, di promozione dell’efficienza energetica negli edifici, della cogenerazione e dell’utilizzo dei biocombustibili nei trasporti, agli incentivi previsti dalla legge finanziaria 2007 ed alle misure di incentivazione a carattere più strutturale previste dalla legge finanziaria 2008.
Nonostante ciò, l'Italia ha fallito i suoi impegni attestandosi a una riduzione del 4,6% anzichè il 6,5% pattuito.
Il Protocollo di Kyoto è stato un trattato importante, anche se si tratta solo di un primo passo, insufficiente per contenere i cambiamenti climatici in atto. Tuttavia si trattato di un inizio importante, nella speranza che i futuri obiettivi di riduzione identificati dagli scienziati si trasformino in accordi internazionali ed in politiche efficaci, necessariamente molto più ambiziosi rispetto a quelli passati.
Attualmente le COP (Conference of the Parties) più recenti sono rivolte alla definizione degli obiettivi per il periodo "post-Kyoto", dal momento che il Protocollo di Kyoto è terminato nel 2012: la Conferenza di Copenhagen (Cop 15, Dicembre 2009) ha lasciato molta delusione, non riuscendo a raggiungere alcun accordo. Anche la Conferenza di Cancun (Cop 16, Dicembre 2010), non è riuscita ad organizzare una azione coordinata tra gli Stati nazionali per il contrasto al cambiamento climatico, obiettivo che non è stato ottenuto neppure con la più recente Conferenza di Durban (Cop 17, Dicembre 2011). Anche alla Cop 18 di Doha non si siano raggiunti accordi adeguati all'urgenza climatica, e neppure nelle COP seguenti: alla COP 21 di Parigi (dicembre 2015) è stato finalmente concordato un accordo climatico che sulla carta è molto importante ed ambizioso, da attuarsi entro il 2020.
A dicembre 2012 si è conclusa la deludente Cop 18 di Doha (in Quatar), dove è stato approvato un documento finale (“Doha climate gateway”) che si costituisce come una specie di “ponte” che dovrebbe far passare dal vecchio sistema di contrasto al climate change basato sul Protocollo di Kyoto (e sui suoi impegni vincolanti), al nuovo sistema “Kyoto 2″ basato in buona parte su obiettivi meno vincolanti (e comunque non ancora definito a livello di contenuti).
Tutto ciò nonostante la scienza concordi nel dire che entro il 2015 le emissioni debbano necessariamente calare per poter sperare di restare entro i + 2°C di riscaldamento del clima del pianeta (ed avere così effetti climatici relativamente contenuti), dovendo quindi avviare da subito azioni importanti per la salvaguardia del clima globale.
Come ben descritto nel report "Warnings of climate science - again - written in Doha sand" (realizzato dal Climate Action Tracker del Potsdam Institute for climate impact research (Pik), da Ecofys - experts in energy e da Climate Analytics) gli impegni di riduzione emissiva definiti a Doha sono ampiamente inferiori a quelli che sarebbero necessari per garantire un trend di riduzione emissiva idoneo a limitare l’aumento delle temperature medie globali al di sotto dei + 2°C (rispetto ai livelli pre-industriali)
Le preoccupazioni sono molte dal momento che ad oggi, avviato il secondo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto, sono usciti dal Protocollo anche Giappone, Nuova Zelanda, Canada e Russia: ad oggi, quindi, il nuovo trattato "Kyoto 2" copre solo il 15% circa delle emissioni di gas serra globali, con Unione Europea, Australia, Norvegia e Svizzera al primo posto.
Il rimanente 85% delle emissioni (comprese quelle di USA e Cina), saranno gestite all’interno del percorso negoziale definito alla Cop 17 di Durban nel dicembre 2011, in cui si prospetta un regime “pledge and review”, ossia di impegni non vincolanti ma volontari, da verificare collettivamente.

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