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martedì 31 ottobre 2023

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 31 ottobre.
Il 31 ottobre 1970 viene completata l'attivazione in tutta Italia della teleselezione telefonica. Da questo giorno ogni abbonato telefonico può raggiungerne un altro senza dover passare dal centralino.
Parlando di telefonia in Italia il 1903 è il nostro anno-zero. Viene infatti per la prima volta promulgata una legge nazionale mirata alla creazione, a spese dello Stato, di una rete telefonica pubblica che attraversi l’intera penisola. La rete così costruita verrà poi privatizzata nel 1923 dal primo Governo Mussolini, suddividendo l’Italia in cinque aree di gestione affidate a società private e riservando allo Stato tramite la ASST (Azienda di Stato per i Servizi Telefonici) le telefonate interurbane e internazionali. La ASST, controllata direttamente dal Ministero per le Comunicazioni, ha anche il compito di vigilare l’operato delle cinque aziende private che gestiscono il traffico telefonico urbano secondo la seguente ripartizione:
Piemonte e Lombardia STIPEL
Tre Venezie, Friuli, Zara TELVE
Emilia, Marche, Umbria, Abruzzo, Molise TIMO
Liguria, Toscana, Lazio, Sardegna TETI
Italia meridionale e Sicilia SET
Siamo nel 1925 e una simile ripartizione, pur affidando alla STIPEL la zona più rilevante per volumi di produzione e per strutture disponibili, viene fatta per evitare una concentrazione del mercato che potesse facilmente finire preda di capitali stranieri. L’ipotesi di una gestione diretta da parte dello Stato viene esclusa a causa del pesante debito pubblico che in quegli anni già doveva sostenere. Inizia a diffondersi contemporaneamente una rete di cabine telefoniche pubbliche. Gli anni venti si concludono con la concentrazione nella SIP (Società Idroelettrica Piemontese), che già possedeva STIPEL, di TELVE e TIMO. Viene così a crearsi il primo grande gruppo telefonico italiano, capace di gestire ben oltre la metà del traffico telefonico nazionale.
 Nel 1933 il Governo crea l’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale), la quale subito acquisisce il pacchetto di controllo della SIP, scorpora STIPEL, TELVE e TIMO e ne trasferisce il controllo alla STET, la prima grande finanziaria di settore dell’IRI. Prima dei bombardamenti del 1942 gli abbonati al servizio telefonico erano 634.483, pari al solo 1,5% della popolazione italiana.
 Nel 1952 per la prima volta tutti i comuni sono collegati alla rete telefonica nazionale. Tra il 1957 e il 1958 l’IRI acquista la SET e la TETI e le trasferisce alla STET. Per la prima volta si ha una totale concentrazione della telefonia italiana (eccezion fatta per le telefonate interurbane di lunga distanza e quelle internazionali, gestite ancora da ASST e Italcable), che verrà definitivamente sancita nel 1964 quando le cinque società telefoniche locali verranno incorporate nella SIP; il Governo inizia a questo punto a trasferire la gestione di una quota sempre maggiore di telefonate interurbane dall’ASST alla SIP stessa, che in seguito all’incorporazione possedeva 4.220.000 abbonati in tutta Italia (circa l’8% della popolazione in quegli anni). Gli anni ’70 e ‘80 sono anni di grandi scoperte tecnologiche nel campo della telefonia e, anche a causa del suo arretramento storico nel settore, l’Italia fatica a seguire lo sviluppo europeo delle telecomunicazioni. La SIP avvia così nel 1988 un massiccio piano di investimenti chiamato “Piano Europa” per raggiungere in quattro anni, tramite l’investimento di 44.000 miliardi di lire, gli standard europei. Nel 1994 gli utenti SIP erano più di 24 milioni  (quasi metà della popolazione), e si apprestavano ad affrontare l’ennesimo cambiamento nel settore: nel 1994 SIP e le altre società del gruppo IRI-STET vengono fuse in un nuovo gestore unico, Telecom Italia.
 Telecom Italia nasce con la fusione di SIP e delle società del gruppo IRI-STET decretata il 30 giugno 1994 con un atto del consiglio di amministrazione dell’IRI. Sotto la presidenza di Guido Rossi, nel 1997 Telecom Italia viene privatizzata dal Governo Prodi: la cessione del 35,26% del capitale frutta 26.000 miliardi di lire. La privatizzazione, nelle intenzioni, sperava di far nascere un “nocciolo duro”  di pochi azionisti capaci di gestire la società: la scarsa risposta degli imprenditori italiani vede formarsi un gruppo di controllo molto fragile (al 6,62% delle azioni), guidato dalla famiglia Agnelli. La fragilità del gruppo favorisce la scalata di Olivetti nel 1999. L’operazione, la prima in Europa per dimensioni, ha portato l’amministratore delegato Roberto Colaninno ad acquisire il controllo di una impresa quattro volte più grande di Olivetti (13.750 miliardi di lire di fatturato e 16.700 dipendenti di Olivetti contro i 46.470 miliardi di lire e i 111.000 dipendenti di Telecom Italia nel 1999), raccogliendo a seguito dell’OPA il 51,02% del capitale di Telecom Italia. Il Ministero del Tesoro, detentore del 3,5% delle azioni di Telecom Italia (e forte di una golden share), preferì nell’occasione tenersi neutrale, e non partecipò all’assemblea degli azionisti che doveva decidere le contromisure alla scalata Olivetti, e ciò agevolò l’esito positivo di questa. La scalata si concluderà con un costo complessivo per Olivetti pari a 61.000 miliardi di lire, tutti raccolti dalle banche tramite emissione di obbligazioni, ai quali vanno aggiunti i 37.000 miliardi raccolti dall’emissione di nuove azioni.
Nel 2001 Olimpia s.p.a., una società costruita per l’occasione da Pirelli (60%), Benetton (20%), Hopa, Unicredito e Banca Intesa, rileva il 23,3% di Olivetti da Bell per 6,56 miliardi di euro. Nel 2003 Olivetti si fonde con Telecom Italia, e sulla società telefonica ricadono tutti i debiti contratti da Olivetti per pagarsi le varie scalate. Nel 2005 Telecom riacquista il controllo di TIM, una delle aziende italiane con i migliori profitti negli ultimi anni,  per favorire la convergenza rete fissa – rete mobile – internet. L’operazione viene ancora una volta finanziata da una cordata di banche, capeggiate da Banca Intesa; l’indebitamento di Telecom in seguito all’acquisizione di TIM passa da 29 a 44 miliardi di euro. Nonostante ciò, i vertici di Telecom decidono di continuare ad aumentare i dividendi azionari e, per questo, il rating di Telecom Italia presso l’agenzia Fitch Ratings scende da A- a BBB+.
L'11 settembre 2006 il consiglio d'amministrazione dell'azienda decide di procedere alla divisione e riorganizzazione dell'azienda Telecom Italia in quattro distinti settori:
    Telecom Italia (telefonia fissa);
    Telecom Italia Mobile (telefonia mobile);
    Telecom Italia Rete (la rete telefonica);
    Telecom Italia Net (Tin.it, internet e media);
Lo scorporo della rete permetterà l'ingresso facilitato a tutti i nuovi operatori alternativi nella telefonia fissa e internet.
In un primo momento si è parlato di una possibile cessione di TIM, sia in Italia sia in Brasile, valutate rispettivamente 30-35 miliardi di euro e 6-7 miliardi di euro. La cessione permetterebbe a Telecom Italia di sanare il suo debito di 44 miliardi di euro. Numerose sono state le polemiche, anche di carattere politico, per quanto riguarda l'eventuale cessione dell'unico operatore mobile italiano a una società straniera o a Mediaset (ipotesi non impossibile ma che comporterebbe delicatissimi problemi relativi alle norme contro i cartelli di società, avendo entrambe posizioni importanti nelle telecomunicazioni). Successivamente il futuro presidente Guido Rossi dichiarerà che non esistono ipotesi di modifica del perimetro delle attività di Telecom Italia, escludendo esplicitamente qualsiasi cessione. La divisione di Telecom Italia da TIM ha portato a un'inversione di tendenza nella strada che era stata intrapresa per la convergenza fisso-mobile.
Telecom Italia si occuperebbe, invece, della telefonia fissa e dei media, soprattutto grazie agli accordi con News Corporation, di Rupert Murdoch, in merito a contenuti televisivi. Gli accordi con Murdoch però non sono stati della portata prevista: è stata annunciata solo la concessione in licenza del catalogo per la diffusione in linea su Alice Home TV.
Dopo la decisione del consiglio di amministrazione, il presidente del Consiglio Prodi lascia trapelare la sua insoddisfazione dicendo di "Non saperne nulla". Il 15 settembre 2006, dopo l'annuncio dello scorporo di TIM, Marco Tronchetti Provera in polemica con Prodi, si dimette dalla guida della società; la presidenza torna, dopo 9 anni, a Guido Rossi, che deve lasciare la FIGC.
La prima mossa di Guido Rossi alla guida di Telecom è la creazione, il 18 ottobre 2006, di un "Patto di controllo" dell'azienda tra Olimpia, Mediobanca e Generali che controllano in tutto il 21,5% della società: Olimpia (ora controllata all'80% da Pirelli e al 20% da Edizione Holding) porta in dote il proprio 18%, Assicurazioni Generali il 2,01%, Mediobanca l'1,54%.
Il 15 febbraio 2007 (comunicazione di Consob del 23 febbraio 2007) Assicurazioni Generali passano dal 2,01% al 4,06% di azioni Telecom Italia. Il Patto di controllo tra le aziende Olimpia + Generali + Mediobanca arriva al 23,6%.
Il patto prevede vincoli sulle quote conferite, la possibilità per i contraenti di aumentare la loro quote e anche quella di vendere in prelazione ai soci. Esiste inoltre la possibilità di entrare nel patto per altri soci che abbiano più dello 0,5% del gruppo: si è parlato dell'ingresso di Intesa Sanpaolo, Capitalia e Unicredit, mentre il secondo azionista l'Hopa (3,72%) ne è rimasto fuori. Il patto è un passo decisivo per il rafforzamento dell'azionariato della società telefonica, che con l'ingresso di nuovi partner potrebbe avvicinarsi alla soglia del 30% oltre la quale è obbligatorio lanciare un'offerta totalitaria.
Presidente del nuovo patto è, dopo la sua uscita da Telecom, Tronchetti Provera.
Anche in conseguenza del patto e dell'influenza dei nuovi soci nel controllo delle strategie del gruppo, è definitivamente tramontata l'ipotesi di ricostituire TIM come società autonoma e di venderla successivamente insieme a Telecom Brasil.
A febbraio 2007 Telecom avvia i contatti con la spagnola Telefónica per l'entrata degli iberici nell'azienda italiana. L'ipotesi è quella di cedere una parte di Olimpia, la finanziaria che controlla il 18% di Telecom. Il 1º marzo 2007 l'azienda Telefónica annuncia in un comunicato che i contatti con Telecom Italia sono temporaneamente sospesi, ma continuano quelli con altri soci al fine di arrivare a una cordata.
Il 9 marzo 2007 viene presentato il nuovo piano industriale per il triennio 2007/2009 al quale, tuttavia, il mercato reagisce facendo registrare un forte ribasso per le azioni di Telecom Italia anche alla luce del fatto che gli utili risultano in calo e, per il futuro, si annuncia una diminuzione dei dividendi.
Il 1º aprile 2007 Pirelli, a seguito di un CdA straordinario, annuncia di avere ricevuto due offerte tese a rilevare il 66% di Olimpia, la holding che detiene il pacchetto di controllo di Telecom Italia.
Le offerte, da parte dell'azienda statunitense AT&T (che, successivamente - il 16 aprile - ha dichiarato di ritirarsi dall'operazione) e dalla messicana América Móvil di Carlos Slim Helú, erano tese a rilevare, ciascuna, il 33% di Olimpia.
A sorpresa, pochi giorni dopo l'annuncio delle due offerte, Guido Rossi, presidente della società dal settembre 2006, non avendo vista rinnovata la propria candidatura a far parte del Consiglio di amministrazione (poi rinnovato nell'assemblea degli azionisti del 16 aprile 2007) si dimette da presidente dell'azienda non senza aver aspramente criticato, in un'intervista a La Repubblica, Tronchetti Provera. Al suo posto viene nominato Pasquale Pistorio come presidente di transizione. Il 28 aprile una cordata italo-spagnola composta da Mediobanca, Assicurazioni Generali, Intesa Sanpaolo, Sintonia e Telefónica lancia un'offerta per rilevare la quota di Pirelli in Olimpia, con la contestuale creazione di una società veicolo, denominata Telco S.p.A. (patto di controllo): quest'ultima nacque con lo scopo di controllare circa il 23% di Telecom Italia. Tale offerta è stata accettata dal CdA straordinario tenutosi in tale data.
Il 24 ottobre 2007 c'è stata la firma per il passaggio da Olimpia a Telco che ha concretizzato l'operazione ma ponendo 28 condizioni all'azienda Telefónica, legate anche ai paesi dove le 2 aziende sono concorrenti, in primis in Sudamerica. A dicembre, saranno nominati come presidente Gabriele Galateri di Genola e come amministratore delegato Franco Bernabè, ex-presidente della compagnia telefonica.
Il 27 ottobre 2009, i soci di Telco S.p.A., con l'eccezione di Sintonia, rinnovarono per altri 3 anni il patto di controllo.
Nella notte del 23 settembre 2013, Generali, Mediobanca ed Intesa Sanpaolo raggiungono un accordo con Telefónica per la cessione a quest'ultima delle loro quote in Telco. L'operazione permetterebbe al gestore spagnolo di portare dal 46 al 66% la sua partecipazione nella holding che controlla il 22,4% di Telecom Italia, con un'opzione per un ulteriore incremento fino al 70% nel breve periodo per poi arrivare al 100% a partire da gennaio 2014 in caso di approvazione da parte delle autorità Antitrust.
Il 3 ottobre 2013 Franco Bernabè da le dimissioni come presidente di Telecom Italia ricevendo una liquidazione di 6,6 milioni; tutte le deleghe sono affidate temporaneamente all'ad Marco Patuano.
Il 16 aprile 2014 si tiene l'assemblea societaria che procede con la nomina dei nuovi amministratori e di Giuseppe Recchi a Presidente del nuovo Consiglio di Amministrazione; nel CdA del 18 aprile vengono conferite le deleghe e Marco Patuano confermato Amministratore Delegato.
Il 16 giugno 2014 Generali, Mediobanca ed Intesa Sanpaolo hanno annunciato l'intenzione di uscire dal patto di controllo inerente l'holding Telco S.p.A.: in virtù di ciò, nei prossimi mesi Telefónica deterrà direttamente una partecipazione di circa il 15% in Telecom Italia, diventandone unico azionista di controllo, anche se di fatto gli amministratori Recchi e Patuano dichiarano che la società viene gestita come una public company.
Il 16 luglio 2014 Telefonica si avvia a ridurre sotto il 10% la propria partecipazione in Telecom Italia attraverso l'emissione di un bond convertendo in azioni Telecom da 750 milioni, pari quindi a circa il 6% del capitale del gruppo italiano. L'annuncio degli spagnoli, che con lo scioglimento di Telco avrebbero il 14,8% di Telecom, è in pratica una mossa preventiva in funzione Cade: a dicembre l'Antitrust brasiliano - dopo il rafforzamento di Telefonica nella holding Telco che è primo socio di Telecom - aveva sottolineato che l'incremento della quota era contraria agli impegni assunti con l'Authority e aveva chiesto agli spagnoli di conseguenza di uscire da Telecom Italia o di vendere Tim Brasil per riequilibrare la propria presenza nel mercato sudamericano. Con il convertendo triennale dunque Telefonica va verso la riduzione del proprio peso in Telecom Italia, in pratica tornando a una situazione simile a quella che aveva prima dell'autunno precedente, e in proiezione conserverà una partecipazione intorno all'8% circa di Telecom Italia.

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