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domenica 11 aprile 2021

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è l'11 aprile.
L'11 aprile 1868 in Giappone viene definitivamente abolita la carica di Shogun.
Il termine seii tai shogun, o semplicemente shogun, significa propriamente "grande generale conquistatore dei barbari" e tende a indicare quella carica che, tra l'VIII e il XII secolo, il governo imperiale conferiva provvisoriamente ai generali inviati a combattere le popolazioni ribelli delle frontiere nord-orientali del paese.
Quello di shogun era, in pratica, un titolo che ricevevano i capi più meritevoli per fronteggiare le tribù seminomadi dell'Honshu settentrionale, gli emishi o ezo (antenati degli attuali ainu), considerate barbare e causa di disordine politico. Infatti, queste popolazioni contrastavano la diffusione della cultura sedentaria e agraria, rappresentando, quindi, una minaccia per l'autorità imperiale, che da tale cultura si era sviluppata.
La carica di shogun cominciò, poi, ad assumere un significato diverso, quando l'Imperatore Go Toba la assegnò nel 1192 a Minamoto Yoritomo, membro di un ramo cadetto della famiglia imperiale, nonché l'uomo più potente nel Giappone dell'epoca. La novità di tale assegnazione consisteva nel fatto che, da quel momento, designava non più solo il generale provvisorio dell'esercito imperiale, ma anche il titolare permanente di un potere politico, che fino ad allora era stato esercitato esclusivamente dalla dinastia regnante e dai suoi reggenti (come nel caso dei Fujiwara).
Così, dal momento che Yoritomo poteva trasmettere il titolo di shogun all'interno della sua famiglia, vennero gettate le basi di una nuova forma di governo che sarebbe durata fino alla seconda metà del XIX secolo. Si tratta del bakufu, o "governo della tenda", un'istituzione militare a carattere nazionale presieduta, appunto, dallo shogun. Detto anche shogunato, il bakufu operò, inizialmente, in equilibrio con la corte imperiale, la quale garantiva la sua legittimità. Ne derivò una diarchia: da una parte c'era lo shogun, il detentore del potere militare; dall'altra, l'imperatore, fonte di legittimazione di tale potere in virtù del prestigio e della sacralità di cui godeva.
Ciononostante, lo shogun avrebbe finito, in seguito, per esercitare il potere effettivo e il controllo reale sulla nazione, mentre l'imperatore avrebbe, si, conservato la propria funzione sacerdotale ma perso il suo ruolo politico, occupando invece una posizione marginale nella gestione dello Stato.
L'ultimo Shogun, Tokugawa Yoshinobu, dovette rassegnare le dimissioni nel 1868, a seguito della guerra Boshin, persa contro le truppe dei clan fedeli all'Imperatore Meiji. La crisi che stava attraversando il paese da diverso tempo, si era acuita con l'intromissione nella politica interna delle potenze occidentali, in particolare degli Stati Uniti, che con la minaccia di aggressione obbligarono lo shōgun ad aprire i porti giapponesi al commercio con l'estero. Il paese uscì dall'isolamento in cui si era chiuso da lungo tempo e questo venne preso come pretesto da quei clan che erano stati messi in minoranza dopo la sconfitta di tre secoli prima a Sekigahara.
Dopo una serie di pesanti sconfitte, Yoshinobu fu costretto a rimettere i suoi poteri nelle mani del sovrano e venne confinato agli arresti domiciliari nel 1868. Le ultime sacche di resistenza da parte delle forze fedeli allo shogunato furono eliminate con le decisive sconfitte del 1869. Ebbe così fine la secolare dittatura degli shogun, con il ritorno al potere politico del sovrano, che diede inizio alla Restaurazione Meiji, nel corso della quale venne definitivamente smantellato tutto l'apparato politico degli shōgun.

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