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venerdì 4 settembre 2020

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 4 settembre.
Il 4 settembre 1904 a Buggerru, in Sardegna, i militari sparano sulla folla di minatori in protesta, uccidendone alcuni. Da questo fatto scaturì il primo sciopero generale in Italia.
Buggerru era un grosso borgo minerario i cui abitanti giunsero nei periodi floridi sino a novemila. Era il quinto centro dell'isola, quando Cagliari contava poco più di cinquantamila abitanti. Ogni cosa apparteneva alla società proprietaria della miniera, la "Societé anonime des mines de Malfidano". Suoi i pozzi, le laverie, le officine, i magazzini, sue le case, il suolo, sul quale a nessuno era consentito costruire neppure la più povera delle baracche, piantare un albero o raccogliere legna per il focolare, suoi l'ospedale, le scuole, la chiesa, il cimitero.
Il plenipotenziario della società mineraria era il direttore, che in quei primi anni del secolo era un greco di Costantinopoli, l'ingegnere Achille Georgiades, la cui autorità prevaleva in larga misura su quella degli stessi depositari dei poteri istituzionali.
La residenza era una piccola reggia. Il direttore fu forse il primo in Sardegna a possedere un'automobile, massiccia e vistosa quanto era necessario. I salari andavano da un massimo di due lire e settantacinque centesimi al giorno per gli armatori che lavoravano nelle gallerie, agli ottanta centesimi per le cernitici.
Ma la società aveva tutto in paese, compresi i negozi dove c'erano i generi alimentari, vi imponeva i prezzi, per cui quello che i minatori guadagnavano lo dovevano restituire se volevano vivere. Un sistema più vicino alla servitù della gleba che ai giorni nostri. Spaventose le condizioni umane di lavoro: non vi erano contratti di garanzia, pesantissimi i turni di lavoro, di almeno otto ore; non vi era un giorno di riposo settimanale.
Tutto accadde all'improvviso, ma evidentemente il fuoco covava sotto la cenere, e quella che un tempo si chiamava coscienza di classe doveva essere ben presente, se lo sciopero per i diritti di una parte dei minatori coinvolse alla fine tutto il paese.
Il direttore, il 2 settembre, dispose l'entrata in vigore dell'orario invernale, che riduceva di un'ora, dalle undici all'una invece che dalle undici alle due del pomeriggio, la pausa del lavoro concessa a coloro che lavoravano fuori dalla miniera, nelle ore centrali della giornata. A settembre però c'era ancora caldo, e la riduzione di un'ora di riposo sembrava impossibile. All'una di quel giorno nessuno si presentò al lavoro.
I pozzi, le laverie, le officine, i magazzini, restarono deserti. I lavoratori, in una massa che si andava ingrossando via via, si diressero verso l'abitato e la direzione della miniera e lì si riunirono. Il direttore trattò con la commissione operaia, ma in realtà cercò di prendere tempo in attesa dell'arrivo da Cagliari, come promesso dal viceprefetto, di un battaglione dell'esercito. Gli aiuti invocati giunsero, infine, nel pomeriggio della domenica 4 settembre. Erano costituiti da due compagnie del 42° reggimento di fanteria. Partirono le prime sassate, mentre i soldati disposti a presidio della falegnameria spianavano i fucili. Fu il segnale della sparatoria, che fu breve e intensa. Sulla terra battuta della piazza giacevano una decina di minatori. Due, Felice Littera di 31 anni e Salvatore Montixi di 49, erano morti, un terzo, Giustino Pittau, morì dopo quindici giorni in ospedale. Un quarto minatore dell'Oristanese morì dopo venti giorni, ma non si riuscì mai a collegare quella morte alla sparatoria.
L'impatto nel paese, non solo in Sardegna, fu immediato. La Camera del lavoro di Milano indette proprio a seguito dei fatti di Buggerru il primo
sciopero generale d'Italia. E da quello sciopero nacque poi l'idea della prima centrale sindacale. Un momento storico fondamentale per il mondo del lavoro italiano.


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