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giovedì 3 settembre 2020

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 3 settembre.
La sera del 3 settembre 1982, a Palermo, un attentato mafioso toglieva la vita al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, a sua moglie e all'agente di scorta.
Il generale era stato uno dei più fedeli servitori dello stato, carabiniere figlio di carabiniere, distintosi fin dalla gioventù per la brillantezza dei suoi metodi investigativi e i grandi risultati ottenuti.
Negli anni 70 fu investito dei massimi poteri dal ministro dell'interno Virginio Rognoni per coordinare la lotta al terrorismo delle Brigate Rosse; grazie a lui furono arrestati tra gli altri Renato Curcio e Alberto Francheschini (tra i fondatori e ispiratori delle BR), ed altre operazioni consentirono di dare un colpo mortale al terrorismo di sinistra degli anni 70.
A seguito di questi brillanti risultati, Rognoni nell'82 lo volle a Palermo nella speranza che riuscisse ad ottenere gli stessi anche combattendo la mafia; tuttavia, come ebbe subito a lamentare lo stesso generale, non gli fornì mezzi e uomini adeguati ("mi mandano a fare il prefetto di Palermo con gli stessi poteri del prefetto di Forlì").
Dalla Chiesa non si perde d'animo e comincia ad ottenere risultati (arresti, confische, collusioni con la politica locale e nazionale) dando evidentemente fastidio ai vertici di Cosa Nostra.
Alle 21.15 del 3 settembre la A112 bianca guidata dalla moglie veniva affiancata da una BMW in via Carini a Palermo, dalla quale furono esplosi diversi colpi di Kalashnikov. Contemporaneamente un motociclista affiancava l'auto che seguiva, con autista e scorta, uccidendo quest'ultima.
Durante i funerali la folla protestò nei confronti dei rappresentanti politici con lancio di monetine e fischi; solo al presidente Pertini fu risparmiata la protesta. La figlia Rita fece rimuovere le corone inviate dalla Regione Siciliana.
Per l'omicidio Dalla Chiesa furono condannati all'ergastolo come esecutori materiali Vincenzo Garatolo e Antonino Madonia; a 14 anni di reclusione Francesco Paolo Anzelmo e Calogero Ganci.
Come mandanti furono condannati all'ergastolo Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Nenè Geraci.
Ganci e Anzelmo sono oggi collaboratori di giustizia (Anzelmo è il grande accusatore della collusione con la mafia di Marcello Dell'Utri).


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