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Il 19 ottobre 202 a.C. ebbe luogo la battaglia di Zama tra le forze romane di Scipione e quelle cartaginesi di Annibale, che decretò la fine della Seconda Guerra Punica.
Ci restano due tradizioni sulla battaglia di Zama:
- una di Tito Livio (Patavium, 59 a.c. – Patavium, 17) e una di Polibio (Megalopoli, 206 a.c. – Grecia, 124 a.c.), seguita dalla maggior parte degli storici moderni,
- l'altra di Appiano (Alessandria d'Egitto, 95 – 165) e Cassio Dione ( Nicea, 155 – 235), meno attendibile e meno seguita.
Le differenze tra le due versioni sono notevoli, differendo per i luoghi, i tempi, le strategie e i numeri. I testi storici antichi, ma pure quelli moderni, non sempre erano attendibili, perché ciò che è riferito muta nel tempo arricchendosi di variazioni anche inventate, ma pure quando si tratti di documenti scritti da generali, la tentazione di incensarsi un po' era grande, o perché volevano osannare i romani per far piacere agli imperatori. Nei resoconti di Zama si ha qualche perplessità.
Scipione era un genio della strategia, forse pari o comunque vicino al grande Giulio Cesare. Anche Annibale però fu un grandissimo stratega e tra i due uomini vi fu sempre un grande rispetto reciproco, non consueto per Annibale che spesso disprezzava i suoi nemici romani.
Scipione si recò fino ai pressi di Narraggara, vicino Zama, e annunciò ad Annibale che si poteva iniziare a discutere del luogo migliore per i colloqui. Annibale seguì Scipione verso ovest, spostando il proprio campo nei pressi di Sicca Veneria. Entrambe le armate erano lontanissime dalle loro basi, ma mentre per Annibale Hadrumentum sarebbe stata un rifugio sicuro in caso di sconfitta, per Scipione i Castra Cornelia erano solo un punto di imbarco.
Come narrano Polibio e Livio, Annibale cerca di convincere Scipione a non rischiare una sconfitta, ma di stipulare una pace più giusta per Cartagine, perché "oggi sei tu quello che io fui a Trasimeno e a Canne" (Livio XXX 30 12).
Annibale ha 45 anni, con molta più esperienza di Scipione che ha solo 33 anni, ma che in realtà sta nell'esercito da 16 anni. E' giovane, risoluto, ammira Annibale di cui riconosce il valore tattico ma comunque è certo di poterlo battere. Scipione chiede la guerra e guerra fu…
Il luogo della battaglia di Zama non è certo; è stata di recente collocata a Naraggara (per es. da De Sanctis) o a Margaron (da Veith); ma senza prove inoppugnabili.
La legione romana era generalmente schierata “a scacchiera” su tre file di combattimento divise in manipoli. La prima fila era formata dai manipoli degli hastati, intervallati dallo spazio di un manipolo; dietro al quale si locavano i manipoli dei principes, che si schieravano sulla seconda fila; l’ultima fila era formata dai triarii che coprivano gli intervalli lasciati vuoti dai manipoli dei principes.
Gli hastati e i principes, sempre piuttosto giovani, erano equipaggiati con un elmo di bronzo, una corazza e un grande scudo ovale. L'armamento era composto di due giavellotti di peso diverso (s. pilum - pl. pila) e da una spada corta per il corpo a corpo dopo avere scagliato i giavellotti.
La fanteria leggera era costituita dai velites, soldati giovanissimi a supporto del manipolo. Portavano un elmo di bronzo, spesso coperto da una pelle di lupo, uno scudo rotondo (Parma), alcuni giavellotti leggeri e una corta spada di tipo italico o spagnolo come quella dei fanti pesanti.
I legionari meno giovani formavano i manipoli dei triarii che nello schieramento della legione erano disposti in terza fila. Erano equipaggiati come i principes e gli hastati, ma al posto del pilum avevano una lunga lancia di tipo oplitico. I triarii erano una riserva mobile alle spalle della legione, o per respingere con le lunghe aste gli attacchi dei cavalieri nemici, o per attaccare i fianchi o il retro delle formazioni avversarie.
L’esercito cartaginese era formato da truppe mercenarie reclutate tra le popolazioni soggette al dominio cartaginese. Popoli diversi con lingue diverse e diversi stili di combattimento. Nella II guerra punica vennero reclutati nell’entroterra africano, come i famosi cavalieri leggeri numidi, e la fanteria pesante libo-fenicia, nonché i coloni iberici, con un'ottima fanteria medio-leggera e una buona cavalleria.
Le vittorie di Annibale in Italia fecero accorrere nel suo esercito i Galli della pianura padana e molti Italici del centro-sud.
Nel corso della campagna di Annibale, le sue truppe spesso si riequipaggiarono con il materiale catturato ai Romani sul campo di battaglia, e saranno questi i suoi “veterani” a Zama.
Annibale, come Scipione aveva previsto, lanciò la carica degli elefanti.
Però i romani avevano avevano già avuto a che fare con questi giganteschi animali; che se da un lato si lanciavano pungolati dai loro padroni, dall'altro si frastornavano se udivano suoni forti e acuti.
Infatti i romani iniziarono a trarre suoni acutissimi dalle trombe, batterono sugli scudi e innalzarono alte grida, al che gli elefanti si imbizzarrirono.
Così gli animali fuggirono volgendosi contro la cavalleria numidica dell'ala sinistra cartaginese che si scompaginò. Scipione ne approfittò mandando Massinissa, che era stato posto di fronte a questa, con i suoi cavalieri, per sbaragliare gli avversari già disorientati..
Tuttavia qualche elefante non imbizzarrito proseguì la corsa iniziale avventandosi sui romani. Subentrarono allora i veliti a bersagliare da distanza i pachidermi, che per sfuggire ai dardi, cercarono di fuggire, trovando aperti gli spazi che i manipoli degli hastati romani avevano liberato, tirandosi di lato e creando dei corridoi nello schieramento romano.
Una strategia simile a quella di Annibale l'aveva usata il re indiano Poro contro l'esercito macedone di Alessandro Magno nella battaglia di Idaspe, ponendo gli elefanti in prima linea.
Comunque i Romani già conoscevano gli elefanti: infatti, nella battaglia di Benevento (275 a.c.) riuscirono ad avere la meglio sulle truppe epirote e tarantine, facendo scagliare dai propri arcieri frecce infuocate e torce contro le torri montate dagli elefanti, in modo da far imbizzarrire i pachidermi e creare così scompiglio tra le stesse truppe amiche (Floro, I, XVIII).
(Livio e Polibio riferiscono che ottanta elefanti furono utilizzati da Annibale nella battaglia di Zama, undici dei quali furono poi portati a Roma. Tra le condizioni di pace imposte ai Cartaginesi, Polibio ci informa che era richiesta anche la consegna di tutti gli elefanti.)
Colpiti dai veliti, che si erano riparati dietro le file degli hastati, e dai principes, questi elefanti fuggirono addosso all'altra ala della cavalleria cartaginese.
Le prime file di Annibale come previsto arretrarono fra le seconde file, mentre la cavalleria fuggì inseguita da Massinissa e Lelio.
La cavalleria romana in effetti non temeva rivali, i cavalieri sapevano tirare da cavallo, salire o scendere al volo, sapevano far fare grossi salti ai cavalli e pure comandarli con la voce.
Gli astati romani ebbero la meglio sulla prima linea cartaginese (del resto erano quasi tutti mercenari), che iniziò ad arretrare.
Ma la seconda linea formata dai veterani di Annibale resistette e ingaggiarono i corpo a corpo della fanteria. Alla fine gli astati di Scipione erano stanchi per cui subentrarono i principi che contrattaccarono seriamente.
Scipione tentò di ripetere la manovra dei Campi Magni e mosse le sue file di principi e triari sui fianchi per accerchiare le forze di Annibale, ma i veterani che Annibale teneva di riserva nella terza linea, ne rimasero fuori, e Inoltre lo spazio tra loro e i romani era disseminato di cadaveri, formando una barriera invalicabile.
Scipione dovette rinunciare e far retrocedere le seconde file per reggere l'urto dei cartaginesi. Inoltre i corridoi creati per far fuggire gli elefanti, non permettevano l'utilizzo della tattica manipolare, che necessitava di una disposizione a scacchiera. Perciò, gli hastati furono i più penalizzati nell'urto del combattimento.
Ora la battaglia per i romani era diventata molto dura, e i fanti erano stanchi.
Aveva si fatto compiere ai suoi legionari il movimento sui fianchi, già utilizzato con successo in precedenza, ma questa volta solo per estendere da entrambi i lati il fronte degli hastati, non per aggirare il nemico.
Così il fronte romano risultò pari o di poco superiore a quello cartaginese ma con principes e triarii, finora poco impegnati, che si trovarono a combattere sulle ali contro forze più stanche, anche se gli hastati, impegnati finora nello scontro, dovevano ora vedersela con i veterani cartaginesi ancora freschi.
La manovra geniale di Scipione aveva esteso il suo fronte, assottigliando i ranghi fino a coprire tutto il fronte punico, evitando così un possibile accerchiamento da parte dei cartaginesi… Però ora i romani dovevano arrivare allo scontro frontale con un nemico che li soverchiava per numero e per la maggiore freschezza.
La cavalleria avversaria era dispersa, ma pure quella di Scipione che li inseguiva e che venne tosto richiamata. Finalmente tornarono Lelio e Massinissa con i loro cavalieri e si avventarono alle spalle delle forze cartaginesi, accerchiandoli e massacrandoli. Annibale aveva contato di poter fiaccare i romani sullo scontro con ben tre linee: elefanti, mercenari, e soldati cartaginesi, prima di arrivare al confronto decisivo con i veterani dell'ultima linea, dove i romani dovevano essere ormai stanchissimi.
Ma i legionari romani non erano soldati qualsiasi. Non era la leva dei contadini che abbandonavano il campo per una guerra tornandovi l'anno dopo. Erano volontari scelti e addestrati in tutti i modi e con tutti i tempi.
Scipione, come Cesare, addestrava i suoi uomini col sole e con la pioggia, e magari con la neve, di giorno e di notte, con un compito molto specialistico per ciascuno ma in grande sintonia con gli altri.
La legione romana era un corpo unico e come tale funzionava senza personalismi o privilegi.
I romani sapevano combattere bene e a lungo, e i veterani di Annibale non poterono competere con quelli di Scipione, seppure più stanchi.
Come al solito i romani ebbero la meglio.
Finita la battaglia iniziò I 'inseguimento e il massacro, come era accaduto a Canne sui romani, ma stavolta era sui cartaginesi…
Annibale riuscì a fuggire verso Cartagine. Scipione aveva avuto la sua battaglia campale e come ne aveva avuto in anticipo la certezza, aveva vinto.
Cartagine era finita.
La vittoria di Zama pose fine alla II guerra punica (219-202 a.c.) e sancì il crollo della potenza cartaginese nel Mediterraneo.
Cartagine che per sessant’anni aveva conteso a Roma il predominio sul Mediterraneo occidentale, era sconfitta per sempre.
Roma non fu tenera con la sua rivale: le fece smantellare completamente la flotta da guerra, consentendole solo poche decine di navi, tutte le colonie cartaginesi in Spagna passavano al dominio romano; in più Cartagine doveva pagare un pesantissimo tributo che per cinquant'anni avrebbe gravato sulla sua economia.
Mezzo secolo dopo ci sarebbe stata una III guerra punica, culminata con la distruzione di Cartagine, ma fu la vendetta su di un rivale già distrutto.
Per paura della vendetta romana la città costrinse il grande Annibale, il vincitore di tante battaglie, ad andare in esilio presso il re di Siria Antioco III; ma dopo la sconfitta di quest'ultimo contro i Romani in Bitinia, Annibale si avvelenò per non essere consegnato a Roma.
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