Buongiorno, oggi è il 4 luglio
Il 4 luglio 1910 si incontrano a Reno, in Nevada, il pugile afroamericano Jack Johnson, detentore del titolo dei pesi massimi, e il bianco Jim Jeffries.
Jim non era un razzista, ma dovette recitare la parte della Grande Speranza Bianca per far ritornare il massimo titolo della boxe alla “razza superiore”. L’incontro del secolo fu chiamato, vi era anche quale corrispondente il giovane Jack London a bordo ring quando la speranza bianca Jim Jeffries salì sul ring a Reno nel Nevada il 4 luglio 1910 per tentare di strappare il titolo dei Massimi al “negro” Jack Johnson. Troppo Forte, Troppo Irrispettoso, Troppo Ciarliero e soprattutto troppo nero per tenere la corona dei Massimi che fu di Sullivan, Corbett e di Jeffries. Il californiano ritornò controvoglia e costretto sulle 4 corde dopo sei anni di assenza, imbattuto e ritenuto imbattibile. Fu il primo match del secolo, si organizzarono treni speciali e vi fu tanto tanto pubblico pagante. Era dato per favorito il bianco invitto campione e prima che il gong suonasse Jeffries dichiarò: "Sto affrontando questo incontro con il solo proposito di provare che un uomo bianco è meglio di un Negro." Prima dell’incontro ci fu un’esplosione di entusiasmo, quando una banda a bordo ring suonò un pezzo che si intitolava: "All coons look alike to me" (che tradotto significa: "tutti i procioni per me sono uguali", dove per procioni si alludeva chiaramente al nomignolo spregiativo con cui venivano indicati i neri). Johnson vinse, anzi stravinse; il vecchio campione era troppo ingrassato e troppo lento per controbattere l’atletico nero, dalla grande velocità e tecnica sopraffina. Il massacro di Reno terminò al 15° round, quando dall’angolo di Jeffries fu gettata la spugna. Jeffries finita la parte del vendicatore della razza bianca non accampò scuse, riconoscendo che non sarebbe riuscito a sconfiggere Johnson nemmeno nei suoi momenti migliori. Questo non potremmo mai saperlo, di certo James Jeffries arrivò per caso alla boxe e anche in ritardo spinto dalla madre e dal padre; di certo amava di più la caccia, ma poi diventò uno dei migliori massimi di tutti i tempi. Forte, erculeo ed atleta completo: alto 183 cm, pesava 101 kg e, a dispetto della propria mole, era uno sprinter che poteva correre i 100 m in poco più di 10 secondi e saltare in alto oltre alla propria altezza.
Ed era un tecnico, fu tra gli innovatori della boxe: usava una tecnica insegnatagli dal suo allenatore ed ex straordinario campione dei pesi welter e medi Tommy Ryan; Jeffries combatteva con il braccio sinistro disteso in avanti. Mancino naturale, aveva una potenza da KO con un solo pugno nel proprio gancio sinistro. Jeffries ruppe le costole di tre avversari in incontri validi per il titolo: Jim Corbett, Gus Ruhlin e Tom Sharkey. L’allenamento quotidiano di Jeffries comprendeva 8 km di corsa, 2 ore di salto alla fune, allenamenti con la palla della salute, 20 minuti di allenamento con il sacco pesante, e come minimo 12 round di allenamento sul ring. L’allenamento comprendeva anche la lotta. Eccezionale colpitore ma anche grande incassatore: una vera roccia umana quando incontrò nella rivincita mondiale a San Francisco, il 25 luglio 1902, l’inglese di Australia Bob Fitzsimmons; per quasi otto round subì le mazzate di Fitz, un pestaggio violentissimo. Jeffries subì una frattura al naso, su tutti e due gli zigomi la pelle era aperta fino all’osso, e le sopracciglia di entrambi gli occhi erano tagliate profondamente. Sembrava che l’incontro dovesse essere arrestato, perché il sangue scorreva negli occhi di Jeffries. Poi, nell’8° round, Jeffries fece partire un terrificante destro allo stomaco, seguito da un gancio sinistro alla mandibola, che lasciarono a terra Fitzsimmons privo di sensi. Il grande mediomassimo e massimo Sam Langford, uno dei maggiori di tutti i tempi e che non aveva paura nemmeno di Belfagor pubblicizzò sui quotidiani il proprio desiderio di sfidare chiunque al mondo, eccetto Jim Jeffries. Il suo record fu di 18 vittore (15 ko) due pari e una sola sconfitta contro l’immenso Jack Johnson. Jeffries è osannato dagli uomini della boxe e fu un vero idolo delle folle, anche dopo tanti anni dal suo ritiro. Jeffries si dedicò all’agricoltura e all’allevamento, inoltre dedicava molto tempo alla propria comunità specie per i giovani.
Alla sua morte, avvenuta nel 1953, James Jackson Jeffries fu sepolto nell’Inglewood Park Cemetery di Inglewood, in California.
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