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martedì 1 luglio 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il primo luglio.

Il primo luglio 1931 viene ufficialmente inaugurata la Stazione Centrale di Milano.

Le vicende che portarono al progetto ed alla realizzazione della Stazione Centrale di Milano furono piuttosto lunghe e complesse, quanto questo edificio imponente e variegato, nel quale la monumentalità si doveva e si deve tutt’oggi coniugare con la funzione a cui esso è destinato. 

La decisione di costruire la stazione scaturì dalla necessità tecnica di un complesso riordino delle ferrovie milanesi, ma l’importanza simbolica dell’opera non sfuggì a chi ne aveva progettato la funzione, così che fin dagli inizi fu chiaro lo sforzo di trovare, tramite un concorso pubblico, una soluzione anche esteticamente degna dell’opera stessa.

Nel dicembre del 1906 fu pertanto lanciato il primo “Concorso per la facciata della nuova stazione viaggiatori”. Al programma del concorso erano allegati dei dettagliati progetti dimensionali e funzionali della nuova stazione, predisposti dai tecnici delle FF.SS., che già definivano gli spazi per gli arrivi e le partenze, l’atrio centrale della biglietteria, ecc., ed anche la presenza di un grande albergo: questi piani non lasciavano quindi ai concorrenti molti spazi, salvo per la parte architettonica/decorativa.

Dopo sette mesi si riunì la commissione designata a giudicare i progetti, presieduta dall’architetto milanese Camillo Boito, preside della locale Accademia di Belle Arti; la commissione scartò ben dieci dei diciassette progetti presentati perché “non soddisfano alle condizioni del programma… o non rispondono nel loro insieme alle esigenze dell’arte applicata allo speciale soggetto”, e non aggiudicò né il primo né il secondo premio, pur segnalandone due progetti come i più meritevoli.

Passarono più di quattro anni prima che fosse bandito, nel settembre del 1911, un nuovo concorso, e nel frattempo il progetto di base delle FF.SS. fu rivisto in diverse parti (fu per esempio eliminato l’albergo incluso nella stazione), anche se rimase una forte definizione degli spazi e delle dimensioni. Questa volta al bando partecipò anche il Comune di Milano, che col suo contributo elevò notevolmente il livello dei premi destinati ai vincitori.

I progetti presentati al secondo concorso furono ben quarantatré, ed a giudicarli fu una commissione ancora presieduta da Boito; anche questa volta ne furono selezionati sette, dai quali estrarre i quattro da premiare. Alla fine degli esami la commissione fu unanime nell’assegnare il primo premio al progetto intitolato “In motu vita” di Ulisse Stacchini, ed il secondo al progetto “Per non dormire” di Boni e Redaelli. L’anno dopo (agosto 1912) il consiglio di amministrazione delle FF.SS. fece suo definitivamente il progetto di Stacchini, ma già da subito i timori che il tumultuoso sviluppo in atto per il traffico ferroviario portasse alla costruzione di un manufatto insufficiente fecero scattare una serie di richieste di varianti ed adeguamenti. Stacchini presentò una prima variante ai vertici delle ferrovie nel marzo del 1913; in essa era degno di particolare nota il fatto che veniva eliminata la galleria anteriore per i tram, inizialmente prevista, e che la facciata, nel primo progetto essenzialmente a sviluppo orizzontale, acquistava ora anche degli elementi verticali. La variante ottenne, come previsto, anche l’approvazione del Consiglio Comunale di Milano, ma nel passaggio alla successiva fase di valutazione dei costi di costruzione e dei compensi per il progettista, cominciarono a manifestarsi pesanti divergenze di opinione fra Stacchini e la direzione delle FF.SS, tanto che nel febbraio del 1914 essa deliberò di abbandonare il progetto di variante, e di troncare ogni rapporto con il progettista, dando però nel contempo il via all’esecuzione del fabbricato interno dei servizi tecnici della stazione, con l’intenzione che essa potesse così entrare in funzione nel 1917. Per quanto riguardava la parte architettonica, le FF.SS. sostenevano che: “si potrà provvedere studiando con maggior agio e d’accordo col Comune la forma e la decorazione del fabbricato esterno… occorrendo mediante un nuovo concorso”. Ma il Comune non era propenso a questa soluzione riduttiva; dopo una serie di batti e ribatti e nuove trattative, svolte sia a Milano che a Roma, si arrivò ad una convenzione definitiva con l’architetto, ed alla redazione di un terzo progetto (inizi del 1915).

Pochi mesi dopo, l’entrata in guerra dell’Italia provvide a bloccare l’inizio di concreti lavori di costruzione, dando per altro tempo a Stacchini di perfezionare il progetto ed i disegni, e di presentare nell’agosto del 1917 un grande modello in gesso (scala 1:50) dell’intera facciata.

Finita la guerra, superato un lungo periodo di crisi del paese e delle Ferrovie dello Stato, si arrivò nell'agosto del 1924 all’approvazione del progetto definitivo, non prima di aver tardivamente inserito una ulteriore, importante variante, cioè la realizzazione delle grandi coperture a tettoia che oggi caratterizzano la stazione, al posto delle pensiline che fino a quel momento erano state previste.

I lavori poterono finalmente riprendere nel dicembre del 1924, con la perentoria volontà di concluderli nel giro di cinque anni, per dimostrare, dopo tanto tempo perduto, “…ciò che possono le virtù del nostro popolo e dei nostri governanti… uniti in uno sforzo tecnico-finanziario senza precedenti, degno della tradizione di Roma”.

La costruzione della Stazione Centrale iniziò dagli edifici laterali, prima l’ala ovest e poco dopo l’ala est. Nel 1926, quando partirono gli scavi delle fondamenta dell’edificio centrale, le ali erano a buon punto e ben percepibili nella loro struttura.

I materiali di scavo delle fondamenta servirono in parte a formare il rilevato su cui sarebbero stati posati i binari, contenuto da due grandi muraglioni che erano già stati costruiti da diversi anni. La struttura portante dell’edificio, che sarà poi ricoperta da un imponente apparato decorativo, era tutta in cemento armato, come si percepisce nelle fotografie del cantiere, ma anche l’acciaio fu abbondantemente utilizzato, per le coperture delle gallerie e fu l’elemento dominante, assieme al vetro, nella costruzione delle tettoie di protezione dei binari.

La prima centina reticolare di questa enorme struttura, la più grande d’Italia, progettata dall’ingegnere delle ferrovie Alberto Fava, fu montata nel febbraio del 1929. Le pesanti strutture in acciaio, realizzate tutte per chiodatura a caldo, furono costruite dalle Officine di Savigliano, vennero messe abbastanza facilmente in opera con gru e paranchi, anche grazie alle cerniere di cui erano dotate, al culmine ed alla base.

Oltre al più appariscente complesso degli edifici furono ovviamente costruiti tutti gli impianti primari (binari, scambi, cabine di controllo, ecc) e secondari (ascensori, montacarichi, impianti termici, ecc.) che costituivano il cuore tecnologico della stazione. A metà maggio del 1931 iniziò il trasferimento dei servizi dalla vecchia alla nuova centrale, e l’imponente edificio fu inaugurato ufficialmente il 1° luglio del 1931.

L’opera “di una vita” di Ulisse Stacchini era finalmente terminata.

All’esterno è ricca di statue, ognuna delle quali nasconde una propria simbologia: dalle aquile che rappresentano la conquista di Trento e Trieste, ai cavalli alati dei bassorilievi raffiguranti lavoro, agricoltura, scienza e commercio fino ai quattro mascheroni di Mercurio, simboli del progresso delle ferrovie.

I diversi restauri avvenuti negli anni hanno portato alla luce luoghi come il Padiglione Reale, formato dalla Sala Reale e la Sala delle Armi, concepito in origine per accogliere i Savoia, e che oggi è visitabile e affittabile per eventi, e il Binario 21, tristemente noto per essere il luogo di partenza di centinaia di deportati durante la Seconda Guerra Mondiale.

Il cuore pulsante delle stazioni sono i numeri: delle partenze dei treni, degli arrivi, dei binari. Questi ultimi nella stazione Centrale di Milano sono 24 e, in totale l’area dei binari occupa circa 66mila metri quadrati. Sormontata da arcate di vetro e ferro, la struttura raggiunge i 72 metri di altezza, mentre il Salone della Biglietteria arriva a 42 metri. Per i materiali interni invece, pochi sanno che i marmi di cui pare rivestita altro non sono se non un’illusione ottica data da altri materiali come la scagliola, gesso, selenite, acqua e colore.

La Cattedrale del Movimento, come venne definita dallo stesso architetto, prende ispirazione della Union Station di Washington ed è forse il più importante e conosciuto esempio italiano di architettura che unisce eclettismo, liberty e razionalismo fascista.

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