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domenica 9 novembre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


Buongiorno, oggi è il 9 novembre.

Il 9 novembre 1989 viene abbattuto il Muro di Berlino.

«Nessuno ha intenzione di costruire un muro». Queste le proverbiali "ultime parole famose" pronunciate da Walter Ulbricht, Presidente del consiglio di Stato della Repubblica Democratica Tedesca (DDR), durante una conferenza stampa del 15 giugno 1961. Eppure, appena due mesi dopo, nella notte tra il 12 e il 13 agosto, il regime comunista iniziò la costruzione di una barriera che per i successivi 28 anni avrebbe separato fisicamente e ideologicamente la città di Berlino. Così come già da tempo la lunga linea di confine nota come "cortina di ferro" separava i paesi sotto influenza sovietica da quelli dell'orbita occidentale.

Nonostante la divisione del territorio tedesco in due Stati (Germania Est e Germania Ovest, con capitali Berlino e Bonn) risalisse al 1949, il Muro fu costruito solo 12 anni dopo. La ragione principale fu quella di bloccare l'esodo di cittadini da Berlino verso i territori occidentali (la città, divisa in quattro settori di occupazione, ricadeva nella Germania Est). Tale fenomeno aveva già visto coinvolti oltre due milioni e mezzo di individui, soprattutto giovani con livello di istruzione medio-alto, intellettuali e lavoratori specializzati, tutti in cerca di condizioni di vita più favorevoli. Una vera fuga di cervelli e di manodopera oltremodo deleteria per la parte orientale, privata gradualmente della sua futura classe dirigente, formata oltretutto a proprie spese. È dunque per tamponare tale emorragia che si decise di "bloccare" i cittadini della zona Est.

Fu sufficiente una sola notte per dividere la città, e così, la mattina del 13 agosto 1961 i berlinesi si svegliarono con centinaia di strade sbarrate e molte linee del trasporto pubblico interrotte. All'inizio fu solo una recinzione di filo spinato, ma nell'arco di pochi mesi il progetto si concretizzò in una vera cortina di cemento lunga 155 chilometri e alta in media oltre tre metri. Non si trattava peraltro di un muro che tagliava la città in due, ma di un sistema divisorio che accerchiava solo Berlino Ovest, facendone di fatto un'enclave della Germania Est.

Oltre al Muro propriamente detto, erano presenti altri recinti fortificati, tratti di filo spinato, fossati, campi minati, bunker e centinaia di torri di guardia. Il tutto, intervallato da posti di blocco come il famigerato "Checkpoint Charlie" (che rimarrà formalmente in esercizio fino al 30 giugno 1990). La Germania Est legittimò la neonata barriera definendola un "muro di protezione antifascista" (Antifaschistischer Schutzwall), ma dall'altra parte della barricata passò alla storia come "muro della vergogna", termine coniato dall'allora sindaco di Berlino Ovest, Willy Brandt.

Nel 1962, nel territorio della Germania orientale, fu eretto un secondo muro parallelo al primo, creando in tal modo un'area denominata "striscia della morte": i vopos, ossia le guardie di frontiera, avevano infatti il permesso di sparare a vista a chiunque tentasse di oltrepassare il confine. Si stima che furono circa 100.000 coloro che tentarono nell'impresa (spesso con metodi rocamboleschi e assai ingegnosi), e almeno 138 di loro vennero uccisi.

Ma le "vittime del muro di Berlino" furono in realtà molte di più: tra il 1961 e il 1988 morirono complessivamente più di 600 persone, perché oltre ai caduti per mano dei soldati di frontiera si verificarono diversi casi di suicidio e innumerevoli incidenti mortali. Molti, per esempio, morirono annegati nel tentativo di oltrepassare i fiumi Spree e Havel, entrambi a cavallo del confine tra Est e Ovest.

La prima tappa della riunificazione andò in scena nell'agosto 1989, quando l'Ungheria eliminò le restrizioni alla frontiera con l'Austria, creando così la prima "breccia" nella cortina di ferro. Dalla metà di settembre dello stesso anno, migliaia di tedeschi orientali tentarono quindi di raggiungere l'Ovest attraverso l'Ungheria, ma vennero respinti. Di lì in poi fu un crescendo di dimostrazioni e proteste che costrinse il governo della Germania Est, nella persona di Egon Krenz, ad allentare i controlli di frontiera.

Tali disposizioni sarebbero dovute entrare in vigore a partire dal 10 novembre 1989, ma ci fu un clamoroso malinteso: alla conferenza stampa internazionale del 9 novembre 1989, il portavoce del governo di Berlino Est, Gunter Schabowski, evidentemente malinformato, annunciò in diretta che a tutti i berlinesi sarebbe stato permesso di attraversare il confine "immediatamente".

Fu allora che la popolazione si riversò contro il muro. Fu una massa impossibile da arginare. Le frontiere furono così aperte e la città si ritrovò finalmente unita. Nell'arco delle settimane successive, migliaia di berlinesi demolirono quel muro che li aveva tenuti in ostaggio per quasi trent'anni, abbattendo di fatto l'ultimo simbolo della Guerra Fredda e anticipando di un anno la riunificazione della Germania (suggellata il 3 ottobre 1990). 

sabato 8 novembre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è l'8 novembre.

L'8 novembre 1939 a Monaco di Baviera, Adolf Hitler sfugge per un soffio ad un tentativo di omicidio.

Gli attentati contro Hitler furono molto più numerosi di quelli organizzati contro Benito Mussolini. Malgrado la tendenza a sminuire la resistenza tedesca, si ricordano oltre 40 eventi diretti ad interrompere la vita di Hitler. 

Tra tutti gli attentati quello maggiormente coinvolgente riguarda Johann Georg Elser, di professione falegname. Georg nacque nel Wurttemberg agli inizi del 1903. Frequentando la scuola elementare, gli insegnanti si accorsero che il bimbo era dotato nel disegno e nei lavori manuali. Il padre, commerciante di legname, si aspettava che il figlio gli succedesse nell'attività ma il ragazzo decise di perseguire autonomi interessi. Iniziò un apprendistato come operatore di tornio in una fonderia ma, dopo due anni, dovette desistere per motivi di salute. Decise di apprendere il mestiere del carpentiere, lavorando per diverso tempo come falegname d'interni. 

Dopo un breve periodo si occupò in una fabbrica di orologi a Costanza. Agli inizi degli anni trenta fece ritorno al paese d'origine per lavorare nell'impresa di famiglia. Dal 1936 lavorò in una fabbrica di montaggio, prendendo consapevolezza del programma di riarmo nazista. Elser iniziò a frequentare circoli socio-culturali. Nel tempo libero suonava la cetra ed il contrabbasso per il coro locale. Le varie esperienze lavorative lo convinsero che si dovesse aderire ad un sindacato. Nel 1926 entrò in un'organizzazione paramilitare del Partito Comunista Tedesco. Georg era un fiero oppositore del nazismo sin dai suoi esordi. Dopo il 1933 rifiutò di compiere il saluto nazista e di riunirsi ad altri per ascoltare i proclami radiofonici di Hitler. La sua iniziale opposizione era motivata dalla sensibilità verso la condizione operaia e la compressione dei salari dei lavoratori. Elser era disgustato dalla propaganda nazista e dal controllo che il regime imponeva sul sistema educativo e lavorativo. Non sopportava le limitazioni che i nazisti imponevano agli operai, soprattutto quella relativa al diritto di associarsi. Nell'autunno del 1938 l'Europa si trovò sull'orlo della guerra a causa della Crisi dei Sudeti. A placare, momentaneamente, le armi fu la Conferenza di Monaco, dove i capi di governo di Regno Unito, Francia, Germania ed Italia conclusero un accordo che portò all'annessione di vasti territori della Cecoslovacchia, la zona dei Sudeti, da parte dello stato tedesco. Occorre ricordare che nessun rappresentante della Cecoslovacchia fu invitato alle trattative. Dopo i patimenti della Grande Guerra, i tedeschi, ed Elser per primo, erano fortemente preoccupati per l'eventualità di un altro conflitto. 

L'artigiano non credeva alle parole di Hitler, soprattutto in relazione alle affermazioni di voler mantenere la pace. Nella sua mente si delineò il proposito di decapitare il nazionalsocialismo uccidendo il leader. Johann Georg Elser si recò a Monaco il giorno 8 di novembre del 1938. Il motivo del viaggio? Assistere al discorso che il regimo proponeva annualmente nell'anniversario del fallito Putsch di Monaco, ovvero il tentativo, fallito, di colpo di stato – Putsch in tedesco è l'equivalente di questo termine – organizzato ed attuato da Hitler tra il giorno 8 ed il 9 di novembre del 1923 in una birreria di Monaco di Baviera. Quel giorno Elser si convinse circa il luogo e la data del suo futuro attentato. Il luogo fu scelto poiché la rievocazione appariva accompagnata da misure di sicurezza piuttosto blande. Sul piano emotivo la concomitanza, 9 e 10 novembre, della Notte dei Cristalli con le atrocità perpetrate su inermi ebrei convinse Elser che Hitler avrebbe precipitato la Germania in una nuova disastrosa guerra. Il 1 settembre del 1939 scoppiò la Seconda guerra mondiale, evento che forniva una conferma alle previsioni dell'umile falegname. Tra il novembre del 1938 ed il settembre del 1939, Elser decise d'interrompere ogni relazione con amici e parenti ad eccezione di Johann Lumen, conosciuto nel 1938 all'interno della birreria di Monaco. 

Per riuscire nel suo intento, si fece assumere in una cava dove, poco alla volta per non destare sospetti, asportò la quantità di esplosivo necessaria a confezionare la bomba. In seguito inscenò un incidente per poter lasciare il lavoro e trasferirsi a Monaco, dove aveva ipotizzato di compiere l'attentato ad Hitler. Il luogo scelto dal falegname era la birreria dove ogni anno Hitler si ritrovava con i fedelissimi. Per molte sere, 35 notti tra ottobre e novembre del 1939, Elser si nascose nel locale prima della chiusura: quando la birreria chiudeva iniziava a lavorare; ricavò una nicchia nella colonna dove sarebbe stato allestito il palco di Adolf Hitler. Il giorno fatidico, Elser collocò nello spazio ricavato 50 kg di esplosivo con un meccanismo a tempo da lui costruito e sperimentato; calcolò che gli necessitavano 144 ore per attraversare il lago di Costanza e riparare in Svizzera, per cui il meccanismo a tempo avrebbe ruotato per quel numero di ore. All'ora esatta, le 21 e 20, la bomba esplose, facendo cadere il tetto sul palco. I morti furono 8 ed i feriti 62. Ma Hitler, ansioso di rientrare a Berlino per seguire le operazioni belliche in Francia o – secondo altre fonti – a causa del maltempo che gli impediva di tornare in aereo nella capitale tedesca, aveva anticipato il discorso ed era uscito dalla birreria 13 minuti prima dell'esplosione – secondo altre fonti i minuti furono 20. A causa delle coincidenze il tentativo di mutare il corso della storia fallì. Alle otto vittime dell'attentato furono concessi i funerali di stato. Elser fu arrestato da due doganieri mentre cercava di oltrepassare il confine con la Svizzera. Dopo una veloce perquisizione, i militari trovarono una cartolina della birreria di Monaco. Elser fu immediatamente trasferito a Monaco di Baviera dove fu interrogato dalla Gestapo. 

Vi erano diversi elementi, oltre la cartolina, che lo incastravano: le escoriazioni sulle ginocchia ed il fatto che alcune cameriere lo riconobbero come cliente abituale della birreria. Dopo un brutale pestaggio, Elser confessò di essere l'autore dell'attentato. Fu tradotto al quartier generale della Gestapo, dove il falegname fu torturato senza pietà. Himmler, capo delle SS, non si capacitava che un artigiano con la licenza elementare avesse agito da solo. Elser fu imprigionato nel campo di concentramento di Sachsenhausen e, successivamente, in quello di Dachau. L'artigiano fu sottoposto ad un regime di detenzione speciale, fatto che creò maldicenze tra i compagni di sventura, tanto che dopo la guerra uno degli internati, Martin Niemoller, sostenne che Elser facesse parte delle SS e che tutta la questione relativa all'attentato fosse una messinscena dei nazisti per propagandare la leggenda della Provvidenza che vegliava su Hitler. Nell'aprile del 1945, quando le truppe alleate si aggiravano in prossimità di Dachau, Hitler decise di sbarazzarsi del prigioniero speciale e diede l'ordine al capo della Gestapo di uccidere Elser. Georg venne fucilato il 9 aprile del 1945 a Dachau, poche settimane prima della fine della guerra.

venerdì 7 novembre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


Buongiorno, oggi è il 7 novembre.

Il 7 novembre 1929 viene inaugurato a New York il Museum of Modern Art.

Il MoMA di New York City è più di un museo, è un tempio dell’arte moderna e si trova proprio nel centro di Manhattan, nel cuore pulsante della Grande Mela. È stato inaugurato il 7 novembre 1929, quasi dieci giorni dopo il crollo della Borsa, simbolo della Grande Crisi, con una mostra molto importante dove, per la prima volta, furono esposte le opere di Van Gogh, Gauguin, Cézanne e Seurat.

Il Museum of Modern Art nasce dall’idea di tre donne: la moglie di John D. Rockefeller Jr, Abby Aldrich Rockefeller, Lillie P. Bliss e Mary Quinn Sullivan (soprannominate The Ladies). Il museo doveva essere la casa dell’arta moderna e contemporanea americana, ma nessuno nei primi anni Trenta poteva mai immaginare che sarebbe diventato nel corso della storia uno dei musei più importanti del mondo. All’inizio la signora Rockefeller coprì il ruolo di tesoriere, mentre A. Conger Goodyear, presidente del consiglio di amministrazione della Albright Art Gallery di Buffalo, fu il presidente del MoMA e riuscì con i suoi contatti a coinvolgere due prestigiosi membri:  Paul J. Sachs, condirettore del Fogg Art Museum,  e Frank Crowninshield.

Oggi il MoMA si trova sulla 53ª strada, tra la Quinta e la Sesta Avenue, ma l’anno dell’apertura era una semplice galleria di sei stanze al dodicesimo piano del Manhattan’s Heckscher Building. Lo splendido palazzo attuale è costruito su un terreno che Rockfeller regalò a sua moglie per edificarne la sede. Il MoMA fu ufficialmente trasferito nel Time & Life Building all’interno del Rockefeller Center, nel 1937, ma l’apertura al pubblico avvenne solo il 10 maggio del 1939, a dieci anni dalla prima inaugurazione. Per quest’occasione ci fu una grande festa cui parteciparono sei mila invitati e il nastro fu tagliato virtualmente alla radio della Casa Bianca dal Presidente Roosevelt in persona.

Nei primi 10 anni di attività, il museo ebbe da subito un grande richiamo internazionale. Il 4 novembre del 1935 ci fu una personale di Van Gogh con 66 dipinti a olio e 50 disegni, provenienti dall’Olanda e correlati dalle lettere dell’artista: fu un successo incredibile. Non si era mai visto nulla di simile a New York.  La nuova sede più ampia e più capiente, permise al MoMA di allargare la sua collezione: si susseguirono numerose mostre, tra cui una retrospettiva dedicata a Picasso a cavallo tra 1939 e il 1940.

La famiglia Rockefeller s’impegno in prima linea nella promozione del museo: i figli di Abby, Nelson e David dedicarono la loro vita al MoMA, considerato quasi un bene di famiglia, tanto che ancora oggi nel consiglio di amministrazione siedono David Rockefeller Jr. e Sharon Percy Rockefeller.

La sede del MoMA è stata restaurata diverse volte e l’ultimo lavoro si è concluso alla fine del 2004, con un progetto firmato dall’architetto giapponese Yoshio Taniguchi. Gli spazi del museo sono stati quasi raddoppiati, così come il costo del biglietto d’ingresso. Oggi il MoMA è il museo più caro della città, ma visitarlo è un viaggio straordinario all’interno degli ultimi due secoli e ne vale davvero la pena. Inoltre, come moltissimi musei americani, anche il MoMA ha una fascia oraria gratuita: il venerdì dopo le 16.

Questo tempio di cultura, visitato ogni anno da 2.1 milioni di persone, conta 150 mila opere, e  22 mila film, mentre la biblioteca e gli archivi raccolgono oltre 300.000 libri e periodici e sono più di 70.000 le schede personali degli artisti.

 

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