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giovedì 15 maggio 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 15 maggio.

Il 15 maggio del 1990 un dipinto di Vincent Van Gogh, Il ritratto del Dottor Gachet, viene venduto all'asta per 82,5 milioni di dollari.

È sparito da anni, non sappiamo dove si trovi: nel caveau di una banca, o forse in una casa privata, molto privata, visto che dalla fine del secolo scorso nessuno lo ha più visto. È il Ritratto del dottor Gachet, dipinto da Vincent van Gogh tra la fine di maggio e i primi di giugno del 1890, com’è documentato da una sua lettera al fratello Théo, del 3 giugno 1890:

«Ho fatto il ritratto del dottor Gachet con un’espressione di malinconia che a coloro che guarderanno la tela potrà sembrare una smorfia».

Alcuni giorni dopo Vincent dipinge una seconda versione del ritratto forse meno intensa e priva di alcuni dettagli, ora al Musée d’Orsay (Parigi).

Esiste, poi, un’incisione, che ritrae il dottor Gachet con la pipa in bocca, anche questa attribuita a Van Gogh. Tutte queste immagini hanno una caratteristica in comune, segnalata peraltro da Van Gogh stesso: la malinconia.

Van Gogh ritrae il dottore nei suoi ultimi giorni di vita, a Auvers-sur-Oise, dov’è giunto dalla vicina Parigi il 20 maggio. Ha trentatré anni, è in uno stato di forte disagio. Spera di trar giovamento dall’atmosfera tranquilla del villaggio, e dalla presenza di un medico di fama, studioso di patologie mentali, come Gachet. In 68 giorni Van Gogh dipinge, freneticamente, ottanta capolavori ora nei musei di tutto il mondo. Il 29 luglio si tira un colpo di pistola. Al suo capezzale, il fratello Théo e il dottor Gachet. Molti quadri passano a Théo, che muore qualche mese dopo.

Nel 1911 la versione originale del Ritratto del dottor Gachet (quella oggi scomparsa) giunge, dopo vari passaggi, ai Musei Statali di Francoforte. Nel 1939 il famigerato Göring la confisca subdolamente come “arte degenerata” e la vende al mercante Frank Koenigs, che riesce a portarla a Parigi. Qui l’acquista un banchiere ebreo, Siegfried Kramarsky, che fugge negli Stati Uniti. Con sé ha il dipinto di Van Gogh, che per suo volere nel 1984 viene esposto in prestito al Metropolitan Museum.

A cent’anni dalla nascita del celebre ritratto e dalla morte di Van Gogh, il 15 maggio 1990, Il ritratto del dottor Gachet viene venduto dagli eredi Kramarsky per 85,2 milioni di dollari a un’asta di Christie’s. L’acquirente, il giapponese Ryoei Saito, dichiara che se lo porterà nella tomba. Non lo mostra a nessuno, poi fallisce e lo rivende. Passato ancora di proprietà, molto misteriosamente, da allora non è più ricomparso.

Anche se nessuno lo ha più visto, in questi anni si sono rincorse le interpretazioni del dipinto, considerato un’opera cruciale per la comprensione della psicologia dell’artista. In una lettera (mai spedita) a Gauguin, Vincent aveva scritto:

«Ho un ritratto del dottor Gachet con l’espressione straziata del nostro tempo».

Gachet aveva pubblicato uno Studio sulla malinconia, nel quale osservava:

«Il malinconico sembra che si rannicchi, si rattrappisca, debba occupare il minor spazio possibile[…] Ha le dita contratte, la testa china sul petto, inclinata a destra o a sinistra, i muscoli del corpo in semicontrazione. Quelli facciali raggrinziti, tormentati, danno alla fisionomia una particolare durezza. Le sopracciglia, sempre tese, sembrano nascondere l’occhio e rendere l’orbita più profonda… ».

La malinconia di Gachet, come quella del suo alter ego, Vincent, è una malinconia “essenziale”, come ha spiegato Jean Starobinski (L’inchiostro della  malinconia). Gachet poteva, doveva, ritrovare nel suo ritratto i “caratteri segnaletici” da lui stesso individuati nel tipo malinconico. Fra questi, anche i due romanzi dei fratelli Goncourt posati sul tavolo: Manette Salomon, dedicato alle aspirazioni e delusioni degli artisti, e Germinie Lacerteux, ambientato in una Parigi ambigua, opulenta eppure anche povera. Poi c’è il rametto fiorito di digitale, un fiore simbolico, raramente raffigurato, che Gachet consigliava come medicinale cardiotonico. Insomma, il ritratto doveva produrre, come scrisse Van Gogh, «l’effetto di un’apparizione», affondando il pennello nella rappresentazione della solitudine e dell’angoscia. Che sono quelle del medico e del pittore stesso.


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