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martedì 17 giugno 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 17 giugno.

Il 17 giugno 2007 muore lo stilista Gianfranco Ferrè.

Nato a Legnano il 15 agosto 1944, dopo aver conseguito la laurea in Architettura al Politecnico di Milano (1969), Gianfranco Ferrè fa il suo ingresso nella moda negli anni '70, ottenendo un primo successo - in modo quasi casuale - come creatore di bijoux e accessori, collaborando con nomi già affermati come Walter Albini e Christane Baily.

Una fondamentale esperienza viene dalla sua permanenza in India dove vive e lavora per diversi anni, per una società di abbigliamento genovese. Nel periodo successivo realizza la collezione "Ketch" e dà vita al suo pret à porter femminile. Nel 1978 fonda la sua maison, la "Gianfranco Ferré SpA". Nel 1984 crea il suo primo profumo femminile.

Alla fine degli anni '80 arriva l'inattesa e incredibile opportunità di assumere la direzione artistica della celebre maison francese Christian Dior.

Nel 1996 nasce la linea "Gianfranco Ferrè Jeans". Due anni più tardi inaugura una nuova sede nell'ex palazzo Gondrand di Via Pontaccio 21, a Milano.

Nel 2000 esce la linea per bambini alla quale segue un preliminare accordo tra Gianfranco Ferrè SpA con GTP (Gruppo Tonino Perna) per l'acquisizione del 90% della società milanese da parte del gruppo Perna.

Nel tempo il nome di Gianfranco Ferré diviene garanzia assoluta di qualità e di stile. Rappresenta e riassume una realtà in crescita costante: decine sono le collezioni presentate ogni anno, moltissime le licenze, oltre quattrocento sono i punti vendita nel mondo, con un export che sfiora il 75%.

La moda di Ferrè è una sintesi di suggestioni ed emozioni in un linguaggio di segni e forme, di colori e materiali. Costante è la ricerca di un equilibrio che trae dalla ricchezza della tradizione gli stimoli per inventare, innovare, sperimentare. Il suo stile è anche caratterizzato da un'identità forte e trasversale e da un intento di coinvolgimento globale. Tutto rimanda a culture ed esperienze differenti, che paiono ridurre le distanze ed annullare i confini.

L'equilibrio è sempre stato per Ferrè anche uno stile di vita: la nota mondanità che circonda il mondo della moda non è mai stata tra gli aspetti più amati e l'atteggiamento di personaggio pubblico è sempre apparso riservato.

Sempre legato al mondo dei giovani universitari, già avvezzo a tenere lezioni su moda e design nelle principali università del mondo (Tokyo e New York, solo per citarne alune), nel mese di marzo del 2007 viene nominato Presidente dell'Accademia di Belle Arti di Brera (Milano). Poco tempo dopo, il 17 giugno 2007, scompare a Milano a causa di un'improvvisa emorragia cerebrale. La salma venne tumulata nella tomba di famiglia nel cimitero monumentale di Legnano.

Era soprannominato l'Architetto, per via della sua laurea, ma soprattutto - e ci teneva ad essere così considerato - perché per lui ogni abito non era solamente una creazione artistica, ma un vero e proprio progetto.

lunedì 16 giugno 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 16 giugno.

Il 16 giugno si celebra in tutto il mondo il "Bloomsday".

Il Bloomsday è la commemorazione annuale che si tiene a Dublino – e non solo – per celebrare lo scrittore irlandese James Joyce. Si tiene annualmente ogni 16 giugno in onore del suo romanzo più celebre, Ulysses, che racconta le storie di vita di differenti protagonisti che prendono atto proprio il 16 giugno 1904, a Dublino. Il suo nome deriva ovviamente dal cognome del protagonista del romanzo, Leopold Bloom e la sua prima edizione si svolse nel 1950 in occasione del trentennale della pubblicazione del romanzo, ad opera di alcuni scrittori che decisero di celebrare l’autore ripercorrendo le peregrinazioni di Leopold nel sua città.

Senza alcun dubbio, il tratto della storia più interessante e celebre del romanzo  è quello raccontato in flusso di coscienza da Leopold Bloom. Leopold procaccia pubblicità per un giornale e vive con la moglie Molly. Questa è sicuramente una sorta di parodia della Penelope dell’Odissea, con l’unica differenza che, mentre la consorte di Ulisse lo attende per vent’anni restandogli fedele, Molly, invece, ha una relazione extraconiugale di cui Leopold, tra l’altro, è anche a conoscenza.

L’Ulisse racconta la storia di un giorno nella vita del venditore di pubblicità Leopold Bloom. E’ ambientato a Dublino.

La vicenda del romanzo si svolge in un giorno solo, il 16 giugno 1904 (data del primo appuntamento di James Joyce con Nora, la donna che diventerà sua moglie). Durante questa giornata tre personaggi principali: Leopold Bloom, sua moglie Molly ed il giovane Stephen Dedalus,  vivono una sorta di Odissea personale, si svegliano, hanno vari incontri, e vanno a dormire diciotto ore più tardi.

Il personaggio centrale dell’Ulisse è Leopold Bloom e rappresenta l'uomo comune. E’ un agente pubblicitario che girovaga per Dublino e durante le sue peregrinazioni, che ricordano il vagare del protagonista dell’Odissea, Ulisse, lungo le rotte del Mediterraneo, incontra il giovane scrittore indigente Stephen Dedalus (considerato l’alter ego di Joyce).

I due si incontrano (molto avanti nel romanzo, verso la fine della parte centrale) per caso, dopo essersi sfiorati in varie occasioni, senza conoscersi in un bordello dove arrivano ubriachi e angosciati dalle proprie esperienze personali: Bloom assillato dai tradimenti della moglie, frustrato dal lavoro e oppresso dal ricordo del figlioletto morto, su cui aveva riposto grandi speranze di riscatto; Stephen perseguitato dal senso di colpa per non aver compiuto gli atti di devozione cattolica sul letto di morte della madre e tormentato dall’inadeguatezza della figura paterna.

Stephen coinvolto in una zuffa viene soccorso da Bloom che lo porta a casa propria offrendogli ospitalità anche per il futuro. Stephen diventa momentaneamente il figlio adottivo di Bloom: l’alienato uomo comune salva l'artista alienato e lo porta a casa.

A casa c'è Molly, la moglie di Bloom, una cantante voluttuosa. L’ultimo episodio è incentrato sulla figura di Molly, dopo che Stephen se ne va e Bloom si addormenta, la donna fa un monologo interiore in cui rievoca il rapporto con il marito e insegue le sue fantasticherie progettando un pomeriggio di adulterio con il suo direttore musicale.

Il finale del romanzo rimane aperto.

Vi è un legame tra l’Ulisse e la grande epopea di Omero. Joyce utilizza l'Odissea come un quadro di riferimento per il suo libro, organizzando i suoi personaggi e gli eventi in riferimento al modello eroico di Omero:

- Bloom rappresenta Ulisse;

- Stephen il figlio Telemaco;

- Molly la fedele Penelope.

Anche l’Ulisse di Joyce, come l’Odissea è diviso in tre parti. I primi tre episodi rappresentano la Telemachia, il blocco centrale la vera e propria Odissea e i capitoli finali il Nostos, ritorno in greco, cioè il rientro di Bloom a casa, dalla moglie.

Joyce stesso definisce la sua opera “un’Odissea moderna” e “l’epica del corpo umano”. Per comprendere l’Ulisse è fondamentale non solo il rinvio all’opera omerica ma è necessario riferirsi anche al mito antico.

L’Ulisse è una nuova forma di prosa, basata sul "metodo mitico" che permette all'autore di fare un parallelo continuo con l'Odissea.

Joyce scrive una "prosa epica moderna", un’epica attualizzata in cui il mito viene rovesciato e ironizzato secondo i tempi moderni e affermato in chiave anti-eroica e anti-sublime. Come Ulisse rappresenta l’eroe greco antico ed i valori dell’umanità antica, così Leopold rappresenta l’uomo moderno, l’uomo comune è l’eroe moderno, la cui mediocrità ne fa un anti-eroe di cui vengono mostrate le inquietudini, le debolezze e le irrisolte contraddizioni.

Le scene si svolgono nella Dublino natia, nella via che Joyce conosce bene, nella casa dove abita e nel pub frequentato solitamente; in ambienti circoscritti e noti, ritratti con realismo. E’ immersa nel quotidiano e ricostruisce fedelmente l’aria di Dublino, l'atmosfera, il posto. Di conseguenza, Dublino entra a far parte del racconto e diventa un personaggio del romanzo.

Il romanzo è diviso in 3 parti senza titoli interni, con dimensioni irregolari, infatti la parte centrale è molto più estesa rispetto alle altre due. Le parti sono ripartite in episodi non numerati: 3 nella prima e nella terza parte, 12 nella parte centrale.

Stephen Dedalus, il signor Bloom e la signora Bloom rappresentano diversi aspetti della natura umana:

- Stephen è pura intelligenza;

- La signora Bloom rappresenta la natura sensuale e la fecondità;

- Mr. Bloom rappresenta tutta l'umanità.

Il testo è gremito di temi, sottotemi e motivi perché vuole tendere alla rappresentazione unitaria e simultanea di tutto il materiale umano. Il tema principale è la simmetrica ricerca affettiva del padre verso il figlio e del figlio verso il padre. Ma c’è anche il tema del viaggio che metaforicamente rappresenta il viaggio interiore dei protagonisti. L’autore vuole inoltre mettere in rilievo l’oppressione dell’educazione cattolica e la difficoltà a superare il senso di colpa (attraverso il rimorso di Stephen nei confronti della madre morta). E poi ancora: l’eros, il cibo, la gelosia, la morte, il mutare delle cose, Dublino.

Joyce rompe la tradizione del racconto lineare basato sulla successione logica e cronologica dei fatti e su nessi causali e temporali abituali, aderendo alla forma del romanzo del “flusso di coscienza”, in inglese stream of consciousness novel, basato sulla immediata trasmissione delle sensazioni più profonde dell’io attraverso procedimenti illogici propri dell’inconscio.

Joyce insieme alla tecnica del flusso di coscienza combina diversi metodi per presentare una gran varietà di situazioni: la tecnica cinematografica, flashback, sospensione del discorso, ecc., creando la cosiddetta "tecnica del collage", molto simile alle tecniche utilizzate dall'artista cubista che raffigura una scena da tutti i punti di vista e tutte le prospettive.

Joyce utilizza il monologo interiore e ci sono due livelli di narrazione:

Uno esterno alla mente del personaggio;

L'altro interno con i pensieri del personaggio che scorrono liberamente senza alcuna interruzione provenienti dal mondo esterno.

Il linguaggio è ricco di immagini, contrasti, paradossi, simboli ecc Si utilizzano anche lo slang, soprannomi, parole straniere, neologismi, citazioni letterarie e allusioni ad altri testi.

Il contenuto scandaloso dell’opera ne rende la pubblicazione difficoltosa ed anche gli anticipi parziali su riviste incontrano i veti delle censure inglesi e americane. La situazione si sblocca grazie a Silvia Beach, editrice e libraia che in collaborazione con un’altra libraia, Adrienne Monnier, sua compagna nella vita, decide di stampare “Ulisse” per la propria libreria parigina “Shakespeare and Company”. Silvia Beach incontra numerose difficoltà, sia economiche che pratiche, ma infine il giorno del quarantesimo compleanno di James Joyce, il 2 febbraio 1922,  a Parigi l’opera appare per la prima volta nella vetrina della libreria “Shakespeare and Company”. Nel 1929, Adrienne Monnier pubblicò la prima traduzione in francese del romanzo.

domenica 15 giugno 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 15 giugno.

Il 15 giugno 1918 venne combattuta la seconda battaglia del Piave, nota anche come Battaglia del Solstizio.

Fu l'ultima grande offensiva sferrata dagli austriaci nel corso della prima guerra mondiale e si spense davanti alla valorosa resistenza dei soldati italiani. Il nome "battaglia del solstizio" fu ideato dal poeta Gabriele D'Annunzio, lo stesso che poco dopo, il 9 agosto 1918, con 11 aeroplani Ansaldo sorvolerà Vienna gettando dal cielo migliaia di manifestini, inneggianti alla vittoria italiana.

Nel 1918 gli austriaci pianificarono una massiccia offensiva sul fronte italiano, da sferrare all'inizio dell'estate, in giugno. A causa delle loro gravi difficoltà di approvvigionamento, volevano infatti raggiungere la fertile pianura padana, sino al Po, e soprattutto, in un momento di grave difficoltà interna dell'Impero per il protrarsi della guerra, gli Austro-ungarici intendevano dare al conflitto una svolta decisiva, che permettesse un completo sfondamento d​el fronte italiano, come era già avvenuto con l'offensiva di Caporetto, e consentisse quindi di liberare forze da concent​rare in un secondo momento sul fronte franco-tedesco.

L'offensiva fu preparata quindi con grande cura e larghezza di mezzi dagli austriaci che vi impegnarono ben 66 divisioni.

Gli italiani avevano intuito i piani del nemico, tanto che nella zona del Monte Grappa e dell'Altopiano dei Sette Comuni i colpi di cannone delle artiglierie italiane anticiparono l'attacco degli austriaci, lasciandoli disorientati.

Le artiglierie del Regio Esercito, appena dopo la mezzanotte, per quasi cinque ore spararono decine di migliaia di proiettili di grosso calibro, tanto che gli alpini che salivano a piedi sul Monte Grappa videro l'intero fronte illuminato a giorno sino al mare Adriatico.

Ai primi contrattacchi italiani sul Monte Grappa, molti soldati austriaci abbandonarono i fucili e scapparono.

La mattina del 15 giugno 1918, gli austriaci arrivando da Pieve di Soligo-Falzè di Piave, riuscirono a conquistare il Montello e il paese di Nervesa. La loro avanzata continuò successivamente sino a Bavaria (sulla direttiva per Arcade), ma furono fermati dalla possente controffensiva italiana, supportata dall'artiglieria francese, mentre le truppe francesi erano stazionate ad Arcade, pronte ad intervenire, in caso di bisogno.

La Regia Aeronautica italiana mitragliava il nemico volando a bassa quota per rallentare l'avanzata.

Abbattuto con il suo aereo moriva il maggiore Francesco Baracca, asso dell'aviazione italiana.

Le passerelle gettate sul Piave dagli austriaci il 15 giugno 1918 vennero bombardate incessantemente dall'alto e ciò comportò un rallentamento nelle forniture di armi e viveri. Ciò costrinse gli austriaci sulla difensiva e dopo una settimana di combattimenti, in cui gli italiani cominciavano ad avere il sopravvento, i nemici decisero di ritirarsi oltre il Piave, da dove erano inizialmente partiti.

Centinaia di soldati morirono affogati di notte, nel tentativo di riattraversare il fiume in piena.

Nelle ore successive alla ritirata austriaca, il re Vittorio Emanuele III visitava Nervesa liberata e completamente distrutta dai colpi di artiglieria. Ingenti i danni alle antiche ville sul Montello e al patrimonio artistico della zona.

Stessa cosa per Spresiano: completamente distrutta. Gli austro-ungarici nella loro avanzata arrivarono sino al cimitero di Spresiano, ma l'artiglieria italiana che sparava da Visnadello e i contrattacchi della fanteria italiana riuscirono a bloccarli.

La mattina dell'attacco, sin dalle ore 4.00, dal suo posto di osservazione posto in cima ad un campanile di Oderzo, il comandante delle truppe austriache, il feldmaresciallo Boroevic, osservava l'effetto dei proiettili oltre Piave.

Le prime granate lacrimogene ed asfissianti ottenevano pochi risultati, grazie alle maschere a gas "inglesi" usate dagli italiani.

Durante la Battaglia del Solstizio gli Austriaci spararono 200mila granate lacrimogene ed asfissianti. Sul fronte del Piave, quasi 6.000 cannoni austriaci sparavano sino a S.Biagio di Callalta e Lancenigo. Diversi proiettili da 750 kg di peso, sparati da un cannone su rotaia, nascosto a Gorgo al Monticano, arrivarono fino a 30 km di distanza, colpendo Treviso.

Dall'altra parte del fronte, i contadini portavano secchi d'acqua agli artiglieri italiani per raffreddare le bocche da fuoco dei cannoni, che martellavano incessantemente le avanguardie del nemico e le passerelle poste sul fiume, per traghettare materiali e truppe. Il bombardamento delle passerelle fu determinante, in quanto agli austriaci vennero a mancare i rifornimenti, tanto da rendere difficile la loro permanenza oltre Piave.

Nel frattempo gli italiani, alla foce del fiume, avevano allagato il territorio di Caposile, per impedire agli austriaci ogni tentativo di avanzata. Dal fiume Sile i cannoni di grosso calibro della Marina Italiana, caricati su chiatte, che si spostavano in continuazione per non essere individuati, tenevano occupato il nemico da San Donà di Piave a Cavazuccherina. Il punto di massima avanzata degli austriaci, convinti di arrivare presto a Treviso, fu a Fagarè, sulla provinciale Oderzo-Treviso.

Gli Arditi, forti della fama che li accompagnava, ricacciarono gli austriaci sulla riva del Piave da cui erano venuti. Non facevano prigionieri e andavano all'attacco con il pugnale tra i denti, al punto che la loro presenza terrorizzava il nemico.

La testa di ponte di Fagarè sulla direttiva Ponte di Piave-Treviso fu l'ultimo lembo sulla destra del Piave a cadere in mano italiana. La tentata offensiva austriaca si tramutò quindi in una pesantissima disfatta: tra morti, feriti e prigionieri gli austro-ungarici persero quasi 150.000 uomini.

La battaglia fu tuttavia violentissima e anche le perdite italiane ammontarono a circa 90.000 uomini.

In tale situazione la battaglia del Solstizio era l'ultima possibilità per gli austriaci di volgere a proprio favore le sorti della guerra, ma il suo fallimento, con un bilancio così pesante e nelle disastrose condizioni socio-economiche in cui versava l'Impero, significò in pratica l'inizio della fine.

Dalla battaglia del Solstizio, infatti, trascorsero solo quattro mesi prima della vittoria finale dell'Italia a Vittorio Veneto.

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