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domenica 10 agosto 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 10 agosto.

Il 10 agosto 1849 il garibaldino Ciceruacchio viene fucilato dagli austriaci.

Angelo Brunetti detto Ciceruacchio (Roma, settembre 1800 – Porto Tolle, 10 agosto 1849), figlio di un maniscalco di Campo Marzio, era di mestiere carrettiere del porto di Ripetta e trasportava vino dai Castelli romani e gestiva una taverna nei pressi di Porta del Popolo.

Il soprannome “ciceruacchio”, datogli dalla madre da bambino, è la corruzione dell’originale romanesco ciruacchiotto (grassottello). Popolano verace e dall’intelligenza assai vivida, dotato di straordinaria capacità dialettica che non poté mai coltivare con l’istruzione (parlava solo ed unicamente in romanesco), divenne presto un rappresentante informale dei sentimenti popolari.

Già beneamato dal popolo romano, per il suo comportamento durante l’epidemia di colera del 1837, con l’avvento al soglio pontificio di Papa Pio IX nel 1846, si fece portavoce dell’entusiasmo popolare per le riforme annunciate dal nuovo pontefice, tanto da divenire uno dei più strenui sostenitori, tanto che, nel luglio dello stesso anno, durante una manifestazione popolare, ringraziò il Papa per aver concesso la libertà ai detenuti politici e donò alla gente che si era ivi raccolta, alcune botti di vino, accendendo anche un grande fuoco presso Porta del Popolo.

Egli fu spesso organizzatore di queste adunate popolari, al fine di continuare ad esortare Pio IX nella prosecuzione del proficuo cammino di riforme politiche nello Stato Pontificio.

Quando alla fine del 1847 ed agli inizi del 1848, gli elementi più conservatori ebbero il sopravvento all’interno della Curia, divenendo ispiratori di provvedimenti impopolari, Angelo Brunetti assunse un atteggiamento di forte e manifesta opposizione nei confronti del Papa, divenendo uno dei più significativi esponenti dell’anticlericalismo.

Abbracciata la causa mazziniana dopo il voltafaccia del pontefice avvenuto con l’allocuzione del 29 aprile 1848, aderì alla Rivoluzione del 1849. Partecipò attivamente ai combattimenti contro l’assediante francese e si premurò di organizzare il trasporto delle armi e delle munizioni per la difesa della Repubblica, prodigandosi per riuscire a far passare attraverso l’assedio della città da parte dei francesi, bestiame e cibo per la popolazione.

Dopo la caduta della Repubblica Romana, nel luglio dello stesso anno, Ciceruacchio insieme ai due figli, il primogenito Luigi, e Lorenzo, appena tredicenne, decise di partire da Roma al seguito di Garibaldi con l’intento di raggiungere Venezia, che ancora resisteva agli Austriaci.

Con Garibaldi, Anita e Ugo Bassi ed altri fedelissimi del generale, fece tappa a San Marino e Cesenatico da dove si imbarcarono  per Venezia. In prossimità del delta del Po furono intercettati da una vedetta austriaca e costretti all’approdo. Ciceruacchio e i suoi compagni chiesero l’aiuto di alcuni abitanti del posto per raggiungere Venezia ma questi li denunciarono alle autorità.

Brunetti fu così arrestato dagli Austriaci e fucilato a mezzanotte del 10 agosto 1849, insieme al figlio Lorenzo di tredici anni, all’altro figlio Luigi ed altri patrioti e sepolti nella golena del Po. Solo nel 1879, su espressa volontà di Garibaldi, del Comune di Roma e della Società Veterani del 1848-49, i resti dei patrioti vennero uniti agli altri caduti del 1849, nell’ossario al Gianicolo a Roma.

Nel marzo 2011, in occasione del 150º anniversario dell’Unità d’Italia, il monumento a Ciceruacchio, già spostato nel 1960 in occasione della creazione del sottovia di Passeggiata di Ripetta, è stato trasferito al Gianicolo. La nuova collocazione, poco prima dell’uscita verso San Pancrazio, accanto al viale intitolato al figlio Lorenzo, ha restituito al monumento a Ciceruacchio, prima sistemato ai margini di un’arteria di rapido scorrimento, il giusto decoro, trasferendolo nel luogo simbolo del Risorgimento romano.


sabato 9 agosto 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 9 agosto.

Il 9 agosto del 48 a.C. si svolse la Battaglia di Farsalo tra l’esercito del console Gaio Giulio Cesare e quello di Gneo Pompeo Magno.

Gaio Giulio Cesare aveva completato con successo la sottomissione della Gallia. Il senato gli ordinò quindi di lasciare il comando delle legioni e tornare a Roma come privato cittadino. Cesare chiese invece il consolato, ma il senato filopompeiano respinse la richiesta. A questo punto Cesare decise di rientrare in Italia con le sue legioni: è il 10 gennaio del 49 a.C. Diede in tal modo inizio alla guerra civile.

Pompeo, con il senato, fuggì in Oriente cercando di organizzare l’esercito. Lo scontro decisivo si svolse a Farsalo (in Tessaglia, nel nord della Grecia) il 9 agosto del 48 a.C.

Nel De bello civili Cesare riferisce che i suoi uomini erano circa 22 000, mentre quelli di Pompeo erano circa 45 000. Il numero delle truppe cesariane è sostanzialmente esatto, mentre il numero dei pompeiani è quasi certamente esagerato, anche se è probabile che essi fossero più numerosi.

I pompeiani però erano privi della preparazione e “professionalità” dei cesariani che avevano combattuto per sette anni in Gallia.

Cesare affrontò lo scontro creando una quarta fila di soldati di riserva (oltre alle tre che erano schierate normalmente).

Quando i soldati di Pompeo sembravano ormai vicini alla vittoria, Cesare mandò all’attacco la quarta fila, sorprendendo i nemici, ormai affaticati, con uomini in piena forza. Le truppe di Cesare assalirono l’accampamento dei pompeiani e li costrinsero a fuggire verso nord. Di fronte alla clamorosa disfatta, Pompeo si staccò le insegne di generale e fuggì a cavallo.

Circa 20 000 pompeiani morirono in battaglia, oltre 24 000 si arresero. Cesare riconobbe il loro valore e li trattò con clemenza.

Pompeo fuggì in Egitto, dove contava sull’appoggio del giovane re Tolomeo XIII. Questi però per ingraziarsi Cesare, lo fece uccidere (29 settembre del 48 a.C.).

Cesare, giunto in Egitto, rimise invece sul trono la colta e affascinante Cleopatra, sorella di Tolomeo, che l’aveva detronizzata.

Dopo un’altra rapida e vittoriosa campagna in Oriente contro Farnace, figlio del re del Ponto Mitridate, Cesare sconfisse gli ultimi pompeiani a Tapso (46 a.C.), in Africa, e a Munda (45 a.C.), in Spagna.

Pochi eventi hanno segnato la storia romana come la battaglia di Farsalo, nella quale si decise il destino non solo dei due comandanti supremi, ma anche di due modi diversi di concepire e gestire il potere, ossia le tendenze dittatoriali da parte di Cesare e la difesa dell’oligarchia senatoria da parte di Pompeo.

Con la vittoria di Cesare, la repubblica romana entrò in una fase di turbolenze che l’avrebbero presto condotta al principato.

venerdì 8 agosto 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è l'8 agosto.

L'8 agosto 1889 muore Benedetto Cairoli.

BENEDETTO CAIROLI, nasce il 28 gennaio 1825 a Pavia, da Adelaide Bono e da Carlo Cairoli. Primo di quattro fratelli: Ernesto, Enrico, Luigi e Giovanni.

Studia alla Facoltà di Giurisprudenza all’Università di Pavia. Fu tra gli organizzatori delle manifestazioni antiaustriache che all’inizio del 1848 animarono le vie cittadine sull’esempio di quanto stava accadendo a Milano (le Cinque Giornate).

Nel 1850 aderisce al partito mazziniano ed entra a far parte del Comitato rivoluzionario di Enrico Tazzoli. Ricercato dalla polizia austriaca per la sua attività di cospiratore, nel 1852 si rifugia prima nella villa di famiglia a Gropello (non fatevi ingannare dalla vicinanza: all’epoca era nel territorio del Regno di Sardegna. Oggi la località si chiama Gropello Cairoli), poi in Svizzera, mentre l’Austria lo condanna per alto tradimento. In esilio, si convince dell’inutilità dei moti insurrezionali mazziniani e si accosta alla politica piemontese.

Tornato in Italia, si trasferisce prima a Genova (dove conosce Giuseppe Garibaldi), poi allo scoppio della II guerra d’indipendenza nel 1859, coi fratelli Enrico ed Ernesto, si arruola nel secondo Reggimento delle Alpi. Dopo il trattato di Villafranca, può tornare nella sua città, Pavia, libera dal dominio austriaco.

Cairoli partecipa anche all’organizzazione nel 1860 della spedizione dei Mille: con il grado di capitano della settima compagnia, parte per la Sicilia, combatte a Marsala e, durante l’occupazione di Palermo, rimane ferito a una gamba (e restò claudicante tutta la vita). Seguì Garibaldi anche nella campagna del Trentino nel 1866: fu l’ultima partecipazione alle spedizioni militari. Lui si dedicò all’attività politica, mentre i fratelli Enrico e Giovanni continuarono a combattere con l’Eroe dei due mondi (Luigi era morto di tifo durante la Spedizione dei Mille).

Nel 1861, con la proclamazione del Regno d’Italia, viene eletto deputato, schierandosi con gli esponenti della Sinistra storica. Quando nel 1867 Rattazzi risale al potere, spera in una politica favorevole alle sue aspirazioni, ma deve ben presto ricredersi: i fatti di Mentana gli dimostrano l’indecisione del governo. Negli anni successivi partecipa poco ai lavori parlamentari e si dedica più intensamente alle cure familiari: nel 1873 sposa la contessa Elena Sizzo.

Quando nel 1876 la Sinistra passa al potere con Depretis, all’inizio appoggia le posizioni del nuovo governo, poi passa all’opposizione e contribuisce alla sua caduta, e succede, proprio a Depretis, come Presidente del Consiglio.

Il 17 novembre 1878, viaggiando in carrozza con re Umberto I, gli salva la vita, impedendo a Giovanni Passanante di pugnalarlo. Viene ferito ad una coscia. Il gesto gli vale, oltre che la gratitudine personale di Umberto I, la medaglia d’oro al valor militare. L’episodio offre l’occasione all’opposizione di Destra di accusare il governo di eccessiva tolleranza nei confronti di organizzazioni sovversive. Nel dicembre del 1878 Cairoli è costretto a lasciare l’incarico di primo ministro. Torna in politica tra il 1879 e il 1881, ricoprendo anche la carica di ministro degli Esteri e dell’Agricoltura (oltre che quella di primo ministro): ritenuto responsabile della grave crisi causata dall’occupazione della Tunisia da parte della Francia, nel maggio del 1881 si dimette. Muore a 64 anni l’8 agosto 1889 a Napoli nella reggia di Capodimonte, ospite del re.

Viene sepolto nel sacrario della villa di Gropello insieme alla madre e ai fratelli.

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