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martedì 21 gennaio 2025

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 21 gennaio.

Il 21 gennaio 1998 Papa Giovanni Paolo II restituisce la visita di due anni prima al Vaticano e incontra Fidel Castro nel suo viaggio apostolico a Cuba.

Egli, alla cerimonia di benvenuto all’aeroporto di La Havana, pronuncia una frase che fa il giro del mondo: «Possa Cuba aprirsi con tutte le sue magnifiche possibilità al mondo e possa il mondo aprirsi a Cuba».

Nel discorso del Pontefice, la condanna ufficiale all’embargo statunitense giunge forte e chiara: «Il popolo cubano non può vedersi privato dei vincoli con gli altri popoli, che sono necessari per lo sviluppo economico, sociale e culturale, soprattutto quando l’isolamento forzato si ripercuote in modo indiscriminato sulla popolazione, accrescendo le difficoltà dei più deboli, in aspetti fondamentali come l’alimentazione, la sanità e l’educazione [...]». In definitiva, l’embargo è per Giovanni Paolo «eticamente inaccettabile».

Anche Castro, accogliendo il Papa all’aeroporto, calca la mano sull’embargo. Nel suo discorso di benvenuto, ha voluto evidenziare la crudeltà dei conquistatori contro «gli abitanti naturali» che popolavano l’isola; ha ricordato anche il dramma degli africani «crudelmente strappati dalle loro lontane terre», soprattutto grida al mondo la situazione in cui Cuba si trova a vivere: «Oggi, Santità, si cerca nuovamente il genocidio, pretendendo di arrendere per fame, malattia e asfissia economica, politica e militare» Cuba. Il passaggio del discorso più emozionante è, forse, quando Castro dice: «Santità, pensiamo come lei su molte importanti questioni del mondo di oggi e questo ci dà grande soddisfazione; su altre, le nostre opinioni differiscono, ma rendiamo rispettoso omaggio alla convinzione profonda con cui lei difende le sue idee».

Nel viaggio forti sono state le parole contro il regime oppressivo di Castro, ma non sono state risparmiate anche critiche verso il liberalismo. Nell’omelia della celebrazione eucaristica, tenuta in piazza José Martí il 25 gennaio, Giovanni Paolo usa toni severi: «[...] è bene ricordare che uno Stato moderno non può fare dell’ateismo o secolarismo estremo, deve promuovere un clima sociale sereno e una legislazione adeguata» per consentire a tutti di poter usufruire delle ricchezze spirituali, morali e civili della propria nazione. «D’altro canto, in vari luoghi si sviluppa una forma di neoliberalismo capitalista che subordina la persona» condizionando lo sviluppo di quel popolo «alle forze cieche del mercato». Per papa Wojtyla i programmi economici insostenibili, imposti alle Nazioni come condizione per ricevere aiuti, portano «all’arricchimento esagerato di pochi al prezzo dell’impoverimento crescente di molti».

Alla partenza di papa Wojtyla Fidel Castro lo ringrazia pubblicamente “per tutte le parole pronunciate”: «Santità, La ringrazio sommamente per tutto ciò che Lei ha detto, anche per ciò che mi trova in disaccordo». La disponibilità di Castro è stata quasi totale, tant’è vero che la visita a Cuba ha dato occasione al Pontefice di elevare il vescovo Ortega a cardinale, sono stati fondati il movimento degli universitari cattolici, una sezione della commissione Justitia et Pax, l’Unione della stampa cattolica.

Con la partenza da Cuba di Giovanni Paolo II moltissime restrizioni anticattoliche sono soppresse, anche il Natale è ripristinato come festa nazionale.

La visita rimane così impressa nella memoria di tutto il gruppo dirigente cubano che, alla morte di Giovanni Paolo II, sono state stabilite decisioni impensabili. Castro decreta addirittura tre giorni di lutto nazionale per la morte del Papa. Si legge nel comunicato ufficiale: «Con motivo della morte di Sua Santità Giovanni Paolo II, è stato deciso di sospendere nel periodo di lutto ufficiale decretato dal Consiglio di Stato lo svolgimento delle attività festive. Questo include la posposizione, tra l’altro, dei festeggiamenti per l’anniversario dell’Organizzazione dei Pionieri José Martí e dell’Unione dei Giovani Comunisti, oltre alla partita finale della XLIV Serie Nazionale di Baseball». In questa occasione, Giovanni Paolo II è definito dal governo “un amico” di Cuba e Castro partecipa finanche alla messa in suffragio nella cattedrale dell’Avana. Per l’occasione Castro mette da parte la divisa militare, indossando un completo scuro (il “Leader maximo” non prendeva parte a una cerimonia religiosa dal 1959, anno in cui si sposò la sorella). Nel libro delle presenze della nunziatura lascia anche il suo ultimo saluto personale a papa Wojtyla, presentando gli omaggi «all’infaticabile combattente impegnato per l’amicizia tra i popoli, nemico della guerra e amico dei poveri». Un gesto di deferenza e rispetto da parte di Castro al capo della Chiesa di Roma che, dal gennaio del 1998 sino ad appena tre mesi prima della sua morte, ha ripetuto il suo dissenso contro l’embargo economico imposto all’isola dagli Stati Uniti, sostenendo che esso impedisce le condizioni per un reale sviluppo a Cuba. In occasione della morte di papa Wojtyla, il presidente cubano permette, per la seconda volta in due giorni, al cardinale Jaime Ortega, arcivescovo dell’Avana e primate della Chiesa cattolica cubana, di inviare un messaggio ai cattolici nell’isola attraverso la televisione di Stato. Mai in precedenza il cardinale Ortega era apparso alla tv pubblica cubana, rigidamente controllata dal regime.

Il ministro degli Esteri Felipe Perez Roque ha poi letto alla televisione un messaggio governativo di “condoglianze, rispetto e solidarietà alla comunità cattolica a Cuba e nel resto del mondo”: «Abbiamo sempre considerato e continuiamo a considerare Giovanni Paolo II come un amico che si preoccupava dei poveri, che ha combattuto il neoliberismo e che ha lottato per la pace […] lo ricorderemo sempre anche per le sue dichiarazioni contro il blocco che soffre il nostro popolo, definito “una misura economica restrittiva imposta dall’estero, ingiusta ed eticamente inaccettabile».

Nel messaggio personale di condoglianze inviato al segretario di Stato Vaticano Angelo Sodano, così si è espresso il presidente Castro: «Desidero esprimere le più sentite condoglianze del popolo e del governo di Cuba. L’umanità terrà sempre con sé un ricordo commosso dell’instancabile lavoro che Sua Santità Giovanni Paolo II ha sempre compiuto in favore della pace, della giustizia e della solidarietà tra i popoli».

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