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mercoledì 26 marzo 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 26 marzo.

Il 26 marzo 1917 iniziava la prima battaglia di Gaza, durante la Grande Guerra.

Mentre in Europa, a causa delle avversità climatiche invernali, la guerra subiva una pausa, in Africa e in Medio Oriente le ostilità non accennavano ad alcuna sospensione e, anzi, denotavano un certo incremento. Se sul fronte persiano, dopo la vittoria di Kut e la conquista di Baghdad, proseguiva la vittoriosa campagna britannica, su quello palestinese, dopo aver respinto, nel gennaio 1917, dal Sinai le forze turche, si andava preparando, sempre da parte inglese, una vasta serie di operazioni il cui compito ultimo era la conquista di Gerusalemme.

Per penetrare in Palestina, però, le truppe britanniche avrebbero dovuto superare le difese ottomane, dislocate lungo una serie di alture tra Gaza e Bersheba: questo punto specifico, perciò, divenne teatro di tre offensive, assai diverse tra loro per conduzione ed esiti, tra il marzo e il novembre del 1917, note come ‘battaglie di Gaza’.

La prima di queste tre operazioni venne condotta in maniera a dir poco imbarazzante dal comandante in capo inglese, generale Murray, e dal suo vice, il generale Dobell: nonostante avessero a disposizione quasi 40.000 uomini, cioè più del doppio delle forze schierate dal difensore di Gaza, l’abile generale tedesco Kress von Kressenstein, i comandanti britannici riuscirono a trasformare la campagna in un mezzo disastro e, quel che è peggio, a convincere il British War Office di Londra di avere, invece, ottenuto un’importante vittoria. All’inizio, la mattina del 26 Marzo 1917, grazie anche all’aiuto di una fitta nebbia proveniente dal mare, la cavalleria inglese riuscì a penetrare nel dispositivo nemico, schierandosi a semicerchio sul lato est-sudest delle difese di Gaza, in modo da minacciare l’afflusso di rinforzi dalla cittadina: questa manovra risultò utilissima nella protezione dell’avanzata della 53a divisione di fanteria, che, attraverso un terreno piuttosto difficile, mosse efficacemente contro la cresta di Alì Muntar.

A questo punto, la giornata sembrava volgere a favore degli attaccanti, quando, forse credendo che la fanteria stesse subendo un rovescio, il generale Dobell ordinò alla cavalleria di ritirarsi: paradossalmente, Kressenstein si era convinto dell’esatto contrario, ed aveva ritirato il proprio ordine di far affluire rinforzi da Gaza, ritenendo perduta la battaglia. Quando, il giorno seguente, i britannici tornarono ad avanzare, la guarnigione ottomana della città era aumentata di 4.000 unità, l’effetto sorpresa era sfumato e i turchi effettuavano contrattacchi ovunque, tanto da indurre Dobell a sospendere l’azione.

La prima battaglia di Gaza era costata ai britannici circa 4.000 perdite e ai loro avversari 2.400: nonostante questo e l’evidente errore di valutazione di Dobell, Murray riuscì a presentare a Londra l’operazione come un successo, che avrebbe aperto la strada alla conquista di Gaza e, in seguito di Gerusalemme, triplicando la somma delle perdite turche. Questo avrebbe avuto esiti disastrosi, perché il BWO londinese si convinse che Gerusalemme era un obiettivo a facile portata ed ordinò a Murray di lanciare un secondo attacco appena possibile: in realtà, le forze turche erano semplicemente state allertate e non si sarebbero più fatte prendere alla sprovvista.

Da questa serie di equivoci e di mezze bugie derivò la seconda battaglia di Gaza, il 17 aprile 1917: Kressenstein, però, stavolta era pronto, ed aveva potentemente rinforzato il suo lato sudorientale, lungo la strada per Bersheba, dove era avvenuta la penetrazione della cavalleria britannica. Dobell non trovò di meglio che fare avanzare tre divisioni, direttamente contro la guarnigione avversaria, che contava circa 18.000 difensori, appoggiando il proprio attacco con 8 carri Mark I e con granate a gas: dopo tre giorni di assalti infruttuosi e la perdita di più di 6.400 uomini, contro meno di un terzo del nemico, l’operazione venne nuovamente sospesa.

A questo punto, Kressenstein avrebbe voluto contrattaccare in forze, sfruttando il momento favorevole, ma venne trattenuto dal suo prudentissimo superiore, il generale turco Gemal Pascià: lo scontro, dunque, terminò con un nulla di fatto. Iniziò a quel punto un vero e proprio balletto ai vertici dell’armata: Murray sollevò l’incapace Dobell dal comando, sostituendolo con il generale di cavalleria Chetwode, ma, a sua volta, venne rimosso per ordine di Londra, dove da un po’ di tempo si desiderava cambiare le cose in Medio Oriente, e sostituito dal generale Allenby, dal canto suo inviso al comandante del fronte occidentale, Haig.

Per Allenby, piuttosto furioso per come era stato trattato in Europa, Gaza e la guerra in Palestina rappresentarono il trampolino per il proprio rilancio, e si gettò nell’impresa con entusiasmo e determinazione, anche perché il primo ministro, Lloyd George, gli aveva chiesto la conquista di Gerusalemme entro Natale: da questi presupposti sortì la terza battaglia di Gaza.

Va detto che, anche dalla parte ottomana erano cambiate alcune cose: la più importante era che, come supervisore del fronte, era arrivato l’ex capo di stato maggiore tedesco, Von Falkenhayn, reduce dai successi nei Balcani. Allenby si mise subito al lavoro: cominciò ad accumulare riserve, rifornimenti e munizioni, per un totale di 88.000 uomini, con molte artiglierie, carri armati ed armi chimiche, e spostò il proprio quartier generale dal Cairo alla linea del fronte, per dare morale ai soldati. Schierati sul fronte opposto c’erano i 35.000 soldati della 7a ed 8a armata turche, schierati lungo una linea di 40 km, inferiori per numero e mezzi, ma poderosamente fortificati, tanto da essere un avversario da non sottovalutare.

La prima preoccupazione di Allenby fu quella di garantirsi il controllo dei rifornimenti idrici a Bersheba: nella guerra desertica, infatti, le riserve d’acqua contavano più dei cannoni e delle mitragliatrici e controllare i pozzi significava vincere la campagna. Il mattino del 31 ottobre 1917, cominciava, così, la terza ed ultima battaglia di Gaza. Il piano di Allenby consisteva nello schierare 40.000 uomini nella piana di Bersheba, relativamente poco difesa, e prendere di sorpresa il nemico, simulando, con altre tre divisioni, un attacco frontale direttamente contro Gaza: per ottenere che questo diversivo apparisse come l’attacco principale, fece bombardare la guarnigione ottomana da 218 cannoni ininterrottamente per 6 giorni, e mantenne in volo tutti i suoi aeroplani, per impedire che i velivoli avversari potessero avvistare i movimenti delle sue truppe. Il dominio dell’aria stava rivelandosi un’arma determinante, nel 1917.

A Bersheba, dopo scontri molto duri, alla fine la cavalleria leggera australiana riuscì a penetrare nelle linee nemiche e a raggiungere i pozzi d’acqua potabile, prima che i turchi mettessero in atto il loro piano per avvelenarli in caso di ritirata. La 7a armata ottomana, a questo punto, indietreggiò fino alla roccaforte di Tel es Sheria, passando sotto il comando di Kressenstein, che, normalmente, comandava soltanto l’8a armata. Grazie ad un’ulteriore azione diversiva, effettuata ad est dai reparti cammellati britannici, i difensori turchi, credendo di essere sottoposti ad un massiccio attacco, iniziarono a disperdersi, sguarnendo del tutto il fianco della 7a armata, che si trovò in una brutta situazione.

Approfittando di questa occasione, il 6 novembre, Allenby mosse alla conquista di Tel es Sheria, sperando di riuscire ad intrappolare a Gaza le forze nemiche: Kressenstein, però, aveva ordinato ai suoi soldati, lo stesso giorno, di abbandonare Gaza e di ritirarsi a Gerusalemme, in modo da salvare ciò che rimaneva della sua 8a armata.

A questo punto, la partita decisiva si sarebbe giocata nella Città Santa. Alla fine, quando Gerusalemme, finalmente, cadde in mano britannica, l’11 dicembre, le perdite della terza battaglia di Gaza erano arrivate a 18.000 uomini da parte inglese e 25.000 da quella ottomana.

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