Buongiorno, oggi è il 16 febbraio.
Il 16 febbraio 1943 la fanteria italiana mette in atto il cosiddetto "Massacro di Domenikon".
A Domenikon, piccolo villaggio della Tessaglia, in Grecia, un attacco partigiano contro un convoglio italiano provocò la morte di nove soldati delle Camicie Nere. Come reazione il generale Cesare Benelli, comandante della Divisione 'Pinerolo', ordinò la repressione secondo l'esempio nazista: centinaia di soldati circondarono e dettero alle fiamme il paese, rastrellarono la popolazione e, nella notte, fucilarono circa 140 uomini e ragazzi dai 14 agli 80 anni. La storia di questo massacro dimenticato venne raccontata in un documentario - "La guerra sporca di Mussolini" - trasmesso nel marzo 2008 su History Channel. Fu proprio in seguito a questa trasmissione e ad alcuni articoli di stampa che venne incardinato un primo procedimento, archiviato nell'ottobre 2010. Un anno dopo, però, la denuncia di un cittadino greco, rappresentante dei familiari delle vittime della strage e nipote di uno dei civili fucilati, indusse il procuratore De Paolis (oggi procuratore generale militare) a disporre "ulteriori e più approfonditi accertamenti". Le indagini hanno in primo luogo ricostruito l'organigramma della Divisione 'Pinerolo', responsabile dell'eccidio, e poi i fatti avvenuti a Domenikon. Tutto ciò attraverso l'esame di una gran quantità di rapporti, relazioni e documenti trovati in diversi archivi militari dello Stato, una consulenza tecnica realizzata dalla storica Lidia Santarelli, della Columbia University, e le testimonianze delle pochissime persone "informate dei fatti" ancora in vita. All'esito di queste attività, undici persone sono state iscritte nel registro degli indagati per il reato di "violenza con omicidio contro privati nemici", aggravato dalla crudeltà e dalla premeditazione.
Un crimine di guerra più grave del delitto di rappresaglia, ipotizzato nella precedente inchiesta archiviata, e riguardante la "uccisione deliberata e consapevole di persone civili estranee alle operazioni belliche". L'elenco degli indagati includeva - insieme al generale Benelli, comandante della Pinerolo - il generale Angelo Rossi, comandante del terzo corpo d'armata e nove graduati, in gran parte del Gruppo Battaglioni d'assalto Camicie nere "L'Aquila". Ma tutti i principali autori del fatto - e cioè, scrive il pm, sia "chi dispose e organizzò la spedizione criminale", sia chi "ebbe a eseguire materialmente le uccisioni, obbedendo ad ordini manifestamente criminosi" - risultano essere morti o "ignoti", come i due Capi Manipolo delle Camicie Nere Penta e Morbiducci, che non è stato possibile localizzare e individuare compiutamente. Ugualmente "ignoti" tutti quei militari che hanno proceduto alle fucilazioni, che sono rimasti del tutto sconosciuti. Da qui la richiesta di archiviazione, poi disposta dal gip e nessun colpevole condannato.
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