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mercoledì 23 dicembre 2020

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 23 dicembre.
Il 23 dicembre 1984, alle 19.08, una bomba esplose sul rapido 904 in servizio da Napoli a Milano all'interno della galleria della direttissima tra Vernio e San Benedetto Val di Sambro, nell'appennino bolognese, circa nello stesso punto in cui dieci anni prima fu compiuto l'attentato dell'Italicus.
Al contrario del caso dell'Italicus, questa volta gli attentatori attesero che il veicolo penetrasse nel tunnel, per massimizzare l'effetto della detonazione: lo scoppio, avvenuto a quasi metà della galleria, provocò un violento spostamento d'aria che frantumò tutti i finestrini e le porte. L'esplosione causò 15 morti e 267 feriti. In seguito, i morti sarebbero saliti a 17 per le conseguenze dei traumi.
Venne attivato il freno di emergenza, e il treno si fermò a circa 8 chilometri dall'ingresso sud e 10 da quello nord. I passeggeri erano spaventati, e a questo si affiancava il freddo dell'inverno appenninico. Il controllore Gian Claudio Bianconcini, al suo ultimo viaggio in servizio, chiamò i soccorsi da un telefono di servizio presente in galleria e, sebbene ferito, sopravvisse all'esplosione.
I soccorsi ebbero difficoltà ad arrivare, dato che l'esplosione aveva danneggiato la linea elettrica e parte della tratta era isolata, inoltre il fumo dell'esplosione bloccava l'accesso dall'ingresso sud dove si erano concentrati inizialmente i soccorsi, per cui ci impiegarono oltre un'ora e mezza. I primi veicoli di servizio arrivarono tra le venti e trenta e le ventuno: non sapevano cosa fosse successo, non avevano un contatto radio con il veicolo fermo e non disponevano di un ponte radio con le centrali operative periferiche o quella di Bologna. I soccorsi una volta sul posto parlarono di un "fortissimo odore di polvere da sparo".
Venne impiegata una locomotiva diesel-elettrica, guidata a vista nel tunnel, che fu per prima cosa usata per agganciare le carrozze di testa rimaste intatte, su cui furono caricati i feriti. Un solo dottore era stato assegnato alla spedizione.
Con l'aiuto della macchina di soccorso i feriti vennero portati alla stazione di San Benedetto Val di Sambro, seguiti subito dopo dagli altri passeggeri. L'uso della motrice Diesel però rese l'aria del tunnel irrespirabile, per cui servirono bombole di ossigeno per i passeggeri in attesa di soccorsi.
Uno dei feriti, una donna, venne trovata in stato di choc in una nicchia della galleria, e fu portata a braccia fino alla stazione di Ca' di Landino.
Arrivati alla stazione di San Benedetto, ai feriti vennero offerte le prime cure, e quelli più gravi furono portati a Bologna da una quindicina di ambulanze predisposte per il compito, che viaggiavano scortate da polizia e carabinieri. Le cure ai feriti leggeri durarono fino alle cinque di mattina.
Venne allestito rapidamente un ponte radio, e la Società Autostrade fece in modo di mettere a disposizione un casello riservato al servizio di emergenza. I feriti vennero portati all'Ospedale Maggiore di Bologna, facendosi largo nel traffico cittadino grazie ad una razionalizzazione delle vie di accesso studiata proprio per i casi di emergenza. Per ultimi furono trasportati i morti: fortunatamente la neve cominciò a cadere solo durante questa ultima fase.
Il piano di emergenza era frutto delle misure predisposte dopo la Strage del 2 agosto 1980, e questa operazione fu la prima sperimentazione del sistema centralizzato di gestione emergenze costituito a Bologna.
Nonostante le condizioni ambientali estremamente avverse, l'opera di soccorso e l'operato dei soccorritori furono ammirevoli per l'efficienza dimostrata, tanto che poco dopo il servizio centralizzato di Bologna Soccorso sarebbe diventato il primo nucleo attivo del servizio di emergenza 118.
Dopo lunghe vicissitudini giudiziarie la quinta sezione penale della cassazione confermò la condanna all'ergastolo di Pippo Calò e Guido Cercola come esecutori della strage, 24 anni a Franco D'Agostino e 22 a Friedrich Shaumann per detenzione di armi; Alfonso Galeota e Giulio Pirozzi, che in secondo grado erano anch'essi stati condannati all'ergastolo per la strage, furono vittime di un attentato di mafia durante un viaggio in autostrada lo stesso giorno della sentenza.
Guido Cercola si è suicidato in carcere con dei lacci di scarpe il 3 gennaio 2005.

Il prefetto di Firenze consegnò personalmente al Gruppo Radioamatori Coroncina un'onoreficenza, conservata in originale nell'archivio della sezione ARI di Bologna, in quanto nelle ore sucessive all'attentato l'unico ponte radio in grado di mantenere le comunicazioni tra le prefetture di Bologna e Firenze fu proprio il R2A 145.662.5 VHF FM. Il ponte radio fu messo immediatamente a disposizione delle autorità assieme a un gruppo di radioamatori che si dislocarono all'entrata e all'uscita della galleria nei minuti immediatamente sucessivi all'attentato, esiste anche una registrazione dei contatti radio tra S. Benedetto e Vernio, dalla quale si evince chiaramente che in quei momenti non era nemmeno chiaro cosa fosse esattamente successo. Il ponte radio è ancora attivo ed è stato il primo ponte radio amatoriale ad abbattere la barriera dell'appennino tra Emilia e Toscana, sorge a 1000 slm sopra a Roncobilaccio sullo spartiacque tra le 2 regioni è inoltre uno dei pochissimi in Italia ad avere la proprietà dei locali apparecchiature, del traliccio di 20 m e la locazione della cima, su terreno demaniale, a titolo gratuito per 100 anni . Anche Il Gruppo Radiomatori Coroncina è ancora attivo e raggruppa un centinaio di soci.

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