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venerdì 28 febbraio 2014

#LeMieGrandi#Sofferenze


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Le mie grandi sofferenze in questo mondo sono state quelle sue, e le ho viste e vissute tutte fin dal principio; il mio pensiero principale nella vita è lui.
Se tutto il resto morisse, e lui rimanesse, io continuerei ad esistere; e se tutto il resto continuasse ad esistere e lui fosse annientato, l'universo si trasformerebbe in un completo estraneo.
Il mio amore per lui somiglia alle rocce eterne che stanno sotto gli alberi: una fonte di piacere ben poco visibile, ma necessaria.
Lui è sempre sempre, sempre nella mia mente: non come una gioia, non più di quanto io lo sia per me stessa, ma come il mio stesso essere.
Quindi non parlare più di separazione: non è possibile. 


  Emily Brontë, Cime tempestose

giovedì 27 febbraio 2014

#Paco de Lucia

jazzagenda.com
 di Diego Nuzzo

 Era de maggio. Del 1983. C'era stato un suo concerto a Napoli, al Teatrotenda. Io ci ero andato con il mio maestro che alla fine del concerto fu, con me che lo accompagnavo, invitato dal manager a cena con tutti i musicisti. Al Faro a Marechiaro. Io ero seduto dalla parte opposta del lungo tavolone rispetto a Lui. Che sedeva ieratico e senza tradire emozione alcuna come un vero torero: aveva 36 anni, io 17 ma a me sembrava già allora un monumento vivente. 
 Alla fine della serata mentre tutti gli altri musicisti del gruppo facevano casino, corteggiavano le ragazze che erano riuscite ad intrufolarsi alla cena, il mio maestro mi disse "Prendi quella chitarra". "Io???" risposi. "Non fare domande. Ti ho detto prendi la chitarra e comincia a suonare qualcosa. Magari qualcosa di napoletano". Io, tremebondo ma sereno ché nessuno mi avrebbe ascoltato visto il casino che c'era, accennai "Torna a Surriento" nella trascrizione del maestro Continisio.
 All'improvviso si fece silenzio. Ma io non ebbi il coraggio di alzare lo sguardo dalla tastiera. E solo pochi secondi dopo capii che il silenzio non era dovuto alla mia musica ma alla sua. Che aveva preso la chitarra e aveva cominciato ad improvvisare flamenco sulle note che suonavo. Non avevo altra scelta: senza smettere improvvisai una medley di tutte le canzoni napoletane che conoscevo per chitarra solista senza mai fermarmi. E lui, senza fermarsi, ha continuato a svisare flamenco su "Fenesta vascia", su "O surdato 'nnammurato", su "Era de maggio".
 Dopo un tempo che a me sembrò infinito decisi di smettere per paura di annoiarlo. Conclusi il brano e lui posò la chitarra nelle mani di un suo collaboratore. Si alzò in piedi, mise una mano dietro la schiena e l'altra sulla fascia nera che portava in vita e si produsse in un inchino lunghissimo. Solo allora i commensali esplosero in un fragoroso applauso. Paco de Lucia aveva suonato con me. Sono passati trent'anni ma quell'inchino non l'ho ancora dimenticato.
 Grazie maestro. Addio.

 © 2014 Diego Nuzzo - Licenza CC BY-NC-ND 3.0

#Giuseppe Ungaretti: Dove la luce


 
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 Come allodola ondosa
Nel vento lieto sui giovani prati,
Le braccia ti sanno leggera, vieni.
Ci scorderemo di quaggiù,
E del mare e del cielo,
E del mio sangue rapido alla guerra,
Di passi d'ombre memori
Entro rossori di mattine nuove.
Dove non muove foglia più la luce,
Sogni e crucci passati ad altre rive,
Dov'è posata sera,
Vieni ti porterò
Alle colline d'oro.
L'ora costante, liberi d'età,
Nel suo perduto nimbo
Sarà nostro lenzuolo.

  Giuseppe Ungaretti , Dove la luce




mercoledì 26 febbraio 2014

# NonEssere #Amati






 


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Non essere amati è una sofferenza grande, però non la più grande. La più grande è non essere amati più.
Nelle infatuazioni a senso unico l'oggetto del nostro amore si limita a negarci il suo.
Ci toglie qualcosa che ci aveva dato soltanto nella nostra immaginazione.
Ma quando un sentimento ricambiato cessa di esserlo, si interrompe bruscamente il flusso di un'energia condivisa.
Chi è stato abbandonato si considera assaggiato e sputato come una caramella cattiva. Colpevole di qualcosa d'indefinito.


  Massimo Gramellini, Fai bei sogni

martedì 25 febbraio 2014

#TV: notizie a cap'e 'mbrella

denaro.it
  Ero intento a chiacchierare col collega in quella trattoria durante la pausa pomeridiana. I due televisori in sala fornivano le medesime immagini su cui perdere lo sguardo distrattamente, come poteva essere il banco dei vini, la credenza della servitù o l’effetto del sole attraverso la vetrata sui fiori ed il piccolo vaso che li conteneva, posti sul tavolino in fondo alla sala. Il pensiero volgeva alle incombenze di commiato, quando gli schermi andarono fuori sincronia, mostrando però la medesima sigla del telegiornale regionale.
 Il seguito fu tutt’altro che identico e la mia attenzione oscillava tra l’uno e l’altro. Uno proiettava in anteprima sequenze di sorvolo su inceneritori incompiuti e truppe manifestanti fuori da stabilimenti, l’altro militari in evidente esecuzione di esercitazioni con droni e a piedi nel bosco e statuette d’oro poste dinanzi a carabinieri in alta uniforme, accecati dai lampi dei fotografi. Pur nella difficoltà di comprendere la situazione, azzardai che l’uno fosse il notiziario campano, quello nostrano, l’altro chissà di quale altra ben più beata regione. Senza cessare di alternare lo sguardo tra i due schermi, cercavo di indovinare quale fosse la regione da cui provenissero quelle immagini.
 Ma il cameriere, interrogato, rispose che l’uno era collegato al circuito satellitare, l’altro a quello terrestre. Quindi l’altro doveva essere campano, e il primo... Rovereto! Finalmente feci attenzione a leggere il nome di un luogo. Probabilmente l’espressione del mio volto doveva rivelare un pizzico di stizza, mentre ero intento a meditare che quelli che avrei supposto problematiche tipicamente meridionali, e cioè emergenza rifiuti e crisi industriale affliggevano in prima pagina comunità per me insospettabili sotto questo profilo, mentre in Campania... Qui lo svolgimento del notiziario indugiava ancora sulla prima notizia dei “soldatini intenti a giocare” – così scherzosamente argomentavo – mentre da Trento già avevano esaurito la lettura delle due notizie di prima. Ancora da Napoli il rapporto sul ritrovamento delle statuette trafugate da chissà quale tempio era in svolgimento che dal basso Adige erano state date altre due notizie, con immagini e interviste. “Proprio non sanno cosa dirci, qui”, pensavo tra me e me.
 Dopo qualche giorno ho potuto comprendere il significato di quelle immagini senza audio dai campi e boschi campani: non posso che apprezzare l’impegno delle Forze Armate con le più moderne tecnologie, fin’ora conosciute per l’efficacia in battaglia, nel monitorare il degrado territoriale in seguito allo smaltimento abusivo di rifiuti. Ma tuttavia resto della mia idea: qui ce ne raccontano neanche tante per farne ancor meno buone.

© 2014 Accademia dei Sensi - Licenza CC BY-NC-ND 3.0

#Ugo Foscolo: L'ultimo addio



http://www.sysmaya.net/images/galeria/ROOT/d4/pintura


T'amai, dunque, t'amai, e t'amo ancor
di un amore che non si può concepire
che da me solo. E' poco prezzo,
o mio angelo, la morte per chi
ha potuto udir che tu l'ami,
e sentirsi scorrere in tutta
l'anima la voluttà del tuo bacio,
e pianger teco - io sto col piè
nella fossa; eppure tu anche
in questo frangente ritorni,
come solevi, davanti a questi occhi
che morendo si fissano in te,
in te che sacra risplendi
di tutta la tua bellezza...
Io muoio... pieno di te,
e certo del tuo pianto...

  Ugo Forscolo, L'ultimo addio

lunedì 24 febbraio 2014

#LibroForum #Poe: La lettera rubata A cura di Alessandro Toppi e Antonio Russo De Vivo




http://it.wikipedia.org/wiki/La_lettera_rubata

Clicca sul link per ascoltare

AUGUSTA PRAETORIA #Aosta di Donatella Farina



notizie.comuni-italiani.it/wp-content/uploads/2011/03/aosta-panorama.jpg


AUGUSTA PRAETORIA 

Già abitata in tempi protostorici da una popolazione di cultura megalitica, fu insediamento della tribù Celto-Ligure dei Salassi. Secondo una leggenda nell'anno 1158 a.C. venne fondata la città di Cordelia da Cordelo, capostipite dei Salassi, discendente di Saturno e compagno di spedizione di Ercole. Uniche testimonianze della presenza dei Salassi sono una necropoli e un'area di culto risalente al III millennio nella zona dell'attuale quartiere di Saint-Martin-de-Corléans oltre ad alcune tombe megalitiche.Alla fine della Seconda guerra punica, dopo la vittoria di Scipione l'Africano su Annibale nel 202 a.C., Roma rivolse la sua attenzione verso le Alpi, dove i Galli alleati dei Cartaginesi continuavano a costituire una notevole minaccia; la funzione di un accampamento posto in questa valle era principalmente strategica. Era essenziale consolidare il dominio di Roma sulla Pianura Padana e sui territori prealpini, utilizzando le Alpi come baluardo naturale contro le invasioni barbariche; per questo nacque allo sbocco delle valli alpine un sistema di città fortificate che controllavano gli accessi alle fertili terre della Pianura Padana.Ma dal I secolo a.C. la progressiva conquista della Gallia modificò l'importanza strategica dei valichi del Piccolo e del Gran San Bernardo ponendo il problema del controllo della valle abitata a quel tempo da una popolazione, i Salassi, ostacolo al passaggio dei soldati e dei mercanti lungo la Via delle Gallie. Dopo una serie di spedizioni militari e di trattati dall'incerto esito nel 25 a.C. Cesare Augusto inviò contro i Salassi il futuro console Aulo Terenzio Varrone Murena a capo di un esercito consistente, ed alla fine, sconfitti, i Salassi vennero probabilmente sterminati o ridotti in schiavitù.Costruita in breve tempo su modello dell'accampamento militare romano, Augusta Prætoria Salassorum nacque all'incrocio delle vie del Grande (Mons Jovis o Summus Pœninus) e Piccolo San Bernardo (Columna Jovis o Alpis Graia) presso la confluenza dei fiumi Dora Baltea e Buthier. Un'imponente cinta muraria proteggeva il territorio, mentre quattro porte davano accesso alla città costruita sul modello ortogonale cardo-decumanico. La via centrale Decumanus Maximus (l'attuale Via Porta Prætoria, Via Jean-Baptiste de Tillier e Via Édouard Aubert), allora larga nove metri, era la prosecuzione naturale della Via consolare delle Gallie che da Milano arrivava fino al Piccolo San Bernardo. L'accesso alla città era comunque assicurato da un ponte sul Buthier, di cui oggi è visibile solo un'arcata poco distante dal letto del torrente, deviato a causa di un'inondazione. All'interno delle mura sorgevano i quartieri residenziali, il teatro, le terme, il foro e l'anfiteatro, mentre a sud si stendevano i quartieri popolari divisi secondo un modello classico a scacchiera.Ancora molto controverso è il problema sul popolamento della città prima e dopo la conquista romana. Un incerto documento accenna a 3.000 pretoriani, ed alla convivenza con i Salassi sopravvissuti, in contrasto con un anfiteatro progettato per una città di trenta/quarantamila abitanti. Un'iscrizione risalente al 23 a.C. sembrerebbe smentire le affermazioni degli storici antichi tra cui Strabone, riguardo alle deportazioni in massa dei Salassi e alle loro vendita come schiavi a Ivrea. Inoltre il linguaggio giuridico al tempo dei romani incolae indicava gli abitanti di una colonia in possesso di diritti inferiori a quella dei cives. Tali indizi lasciano supporre che la popolazione salassa si sia integrata con i nuovi conquistatori, così come lasciano supporre numerose iscrizioni funerarie nelle quali appaiono nomi salassi associati ad altri romani, i cui figli nati da matrimoni misti portavano sempre nomi latini. In epoca romana ebbe una grande importanza strategica e militare grazie al controllo esercitato sui due passi del Piccolo e del Gran san Bernardo. Aosta iniziò, fin dal I secolo, ad avere connotazioni inequivocabilmente urbane e monumentali, imponendosi come uno dei più ricchi e popolosi centri abitati dell'Italia Settentrionale.I lasciti dell'architettura di epoca romana: l'Arco di' Augusto, la Porta Prætoria e le porte romane di Aosta, il Teatro romano di Aosta, l'Anfiteatro romano di Aosta, la Cinta muraria e le torri, il Criptoportico forense, il Ponte romano sul Buthier, la Villa romana della Consolata, l'Area funeraria fuori Porta Decumana di Aosta.

di Donatella Farina

#TreTipiDi #Lacrime



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Ciò che invece ignorava era che l’occhio umano produce ben tre tipi di lacrime.
Le basali, che umidificano e nutrono continuamente il bulbo oculare.
Le riflesse, che vengono prodotte quando un elemento estraneo penetra nell'occhio. E le lacrime emotive, che si associano al dolore.
Queste ultime hanno una composizione chimica diversa:
contengono percentuali molto elevate di manganese e di un ormone, la prolattina.
Nel mondo dei fenomeni naturali ogni singola cosa può essere ridotta a una
formula, ma spiegare perché le lacrime di dolore siano fisiologicamente
diverse dalle altre è praticamente impossibile.


Donato Carrisi, Il suggeritore

domenica 23 febbraio 2014

#IlMioNome #SullaBocca


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Oh, il mio nome su la sua bocca! Se ci fosse un modo, potrei riprodurre esattamente l'attitudine, l'apertura delle sue labbra nel profferire ciascuna sillaba delle due parole: Donna Maria. - Ma non potrei mai esprimere la mia sensazione; non potrei mai ridire tutto ciò che di sconosciuto, d'inopinato, d'insospettato si va risvegliando nel mio essere alla presenza di quell'uomo.

 Gabriele D'Annunzio, Il piacere

sabato 22 febbraio 2014

#UnaLontana #Follia


 
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La storia mi avvinceva così tanto che mentre leggevo ero rossa e accaldata come se avessi la febbre, e le mie dita giravano nervose e impazienti gli angoli delle pagine, consumati da generazioni di lettori partiti prima di me per lo stesso viaggio.
Visitai luoghi incantevoli e spaventosi senza muovermi mai dal divano della mia casetta di periferia. Mi tenne prigioniera per giorni e la persona che sarei diventata fu forgiata per sempre.



  Kate Morton, Una lontana follia

venerdì 21 febbraio 2014

#EraTriste...



 
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Era triste. Le sarebbe molto piaciuto sapere dove avrebbe potuto condurla quella storia.
Era pronta ad accettare qualsiasi scacco, per quanto pochi fossero i suoi, e le risultava particolarmente duro dover capitolare davanti a fatti che non dipendevano dalla volontà di nessuno.



  Jérome Ferrari, Il sermone sulla caduta di Roma

giovedì 20 febbraio 2014

#Quando #TiChiama...


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La sua vita le piaceva.
Aveva un lavoro, aveva la sua famiglia, e le bastavano.
Non le serviva un uomo, non voleva complicazioni e soprattutto non voleva farsi spezzare il cuore un'altra volta.
Poi era arrivato lui...



  Barbara Freethy, Quando ti chiama il vento

sabato 15 febbraio 2014

#TutteleDonnedel #CARAVAGGIO - di Francesca Girotti



Parlare dell’artista Caravaggio è impossibile. Impossibile farlo in un breve tempo e in poco spazio. La sua breve vita di uomo e pittore è come la sua arte, una serie di lampi nella più buia delle notti. Egli è un uomo che non potrà mai essere conosciuto fino in fondo perché quasi tutto quello che ha fatto, detto e pensato si perde in un passato irrecuperabile.
E’ stato uno degli artisti più entusiasmanti e originali mai esistiti, l’artista che prediligo in assoluto, senza togliere nulla a tanti altri non meno importanti di lui.
Un artista che io definisco: un fuorilegge dell’arte. Una misteriosa e meravigliosa canaglia. Lui attrae, affascina, ammalia, stravolge, sconvolge, sorprende e sgomenta con la sua genialità, con i suoi furori, i suoi eccessi. Scandaloso, provocatorio, inaccettabile da vivo, Caravaggio lo fu ancora di più dopo la morte sulla quale ancor oggi si formulano le più strane e disparate ipotesi. Il tutto crea estasi, lui è l’apoteosi del barocco!
Bene, credo abbiate capito che ho un debole per Michelangelo Merisi da Caravaggio, per questo artista che ha emozionato il mondo intero con l’intensità dei suoi dipinti, con l’umanità dei suoi modelli,  con l’autenticità dei suoi soggetti, con l’ardire delle sue provocazioni, col fascino e l’ambiguità del suo talento.
E come lui anche i suoi modelli furono personaggi “raccolti” per strada, che hanno condiviso con l’artista  non solo l’arte ma anche la sua vita tumultuosa. Le donne di Caravaggio erano popolane, donne di vita, cortigiane. Ed è a loro che rivolgo questa mia ricerca.
 Nella Roma della controriforma, invano confinate dai bandi papali in quartieri ghetto, le prostitute e le cortigiane arrivavano ovunque, governavano i più intimi bordelli così come erano ricevute dai prelati e dai principi nei saloni dalle volte affrescate nei segreti casini di caccia.
Nei  bordelli e nelle strade scoppiavano risse quasi ogni giorno, non soltanto per le rivalità politiche ma anche per i motivi più futili ingigantiti dalla fame e dall’ebbrezza provocata dal vino.
E’ la Roma del 1593. Caravaggio di giorno dipinge forsennatamente e la sera se ne va in giro con i suoi amici pittori a far serenate più o meno maliziose. Frequenta cortigiane famose, va nelle osterie. Qui incontra la gente, son loro i suoi modelli, ferma una zingara per strada e la fa salire nel suo studio per ritrarla nell’atto di leggere la mano.  
Caravaggio dipinge la realtà e per farlo usa personaggi della quotidiana realtà. Artisti e prostitute avevano molto in comune, compresa l’intimità con uomini della Chiesa.
 Le donne di Caravaggio vengono usate spesso, come modelle, nei suoi dipinti. Individuare l’identità di queste ragazze mi è servito a comprendere meglio la sua arte e i suoi sentimenti. 
 Anna (Annuccia) Bianchini detta Anna la rossa per la sua fulva chioma
 Dolcissima e sfortunata, capelli lunghi rossi, figlia di prostituta e prostituta a sua volta. Carattere impetuoso, sempre in mezzo ai guai, definita nei rapporti di polizia “frequentatrice di pittori”. La sua sventurata vita durò solo venticinque anni. Tra i tanti episodi che la vedono protagonista di risse ce n’è uno che ne  definisce il suo carattere ribelle e rissoso. Una sera d’Aprile, dopo un litigio tra Anna e un paio di colleghe, le tre erano andate in un’osteria per far pace su un bicchiere di vino. Seduti ai tavoli c’erano dei pittori che, sicuramente conoscevano molto bene le ragazze perché uno di loro esclamò: “ecco qua l’Anna dal bel culo”. Anna, senza scomporsi, di rimando gli disse: “al tuo bel culo, però, io non ci attendo” .
Ritroviamo il suo volto in quattro dipinti del Caravaggio:

imm. da http://it.wikipedia.org/wiki/Maddalena_penitente
MADDALENA PENITENTE
 La graziosa fanciulla “dai capelli lunghi e rosci” come Giovanni Bellori, il biografo dei pittori romani scrive, è una dolcissima ragazza che nulla ha a che vedere con la dissoluta e immorale figura  di donna dalla discutibile vita. Il suo è l’umanissimo atteggiamento di una persona che, sentendosi peccatrice, abbandonati monili, gemme e unguenti, chiede il perdono col capo reclinato in posa dolente 

RIPOSO DURANTE LA FUGA IN EGITTO 
 
imm. da http://it.wikipedia.org/wiki/Riposo_durante_la_fuga_in_Egitto_%28Caravaggio%29


  MARTA E MARIA MADDALENA (dove vengono ritratte Fillide e Annuccia)
http://it.wikipedia.org/wiki/Marta_e_Maria_Maddalena

MORTE DELLE VERGINE 
http://it.wikipedia.org/wiki/Morte_della_Vergine_%28Caravaggio%29
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Fillide Melandroni
Amica di Anna Bianchini, arrivate insieme da Siena e avviate entrambe al lavoro più antico del  mondo, come una tradizione di famiglia.
Ebbe un importante ruolo nella vita di Caravaggio soprattutto per il suo legame con Ranuccio Tomassoni, l’uomo assassinato dal pittore durante una partita di pallacorda. Anche Fillide, come la sua amica Anna, si procurò  presto dei guai con la polizia. Di carattere turbolento, ella abitava in Via Condotti e dava spesso schiamazzanti festini ai quali partecipavano sue compagne di s-ventura e i loro protettori, tra i quali il giovane Ranuccio, illegalmente armato. Ma grazie all’influenza che egli doveva godere in quanto al servizio, con i suoi fratelli, dei Farnese di Parma, i due amanti riuscivano sempre a venirne fuori senza particolari condanne.
Fillide venne ritratta, da Caravaggio, in quattro dipinti:

 GIUDITTA E OLOFERNE

http://it.wikipedia.org/wiki/Giuditta_e_Oloferne_%28Caravaggio%29

 Sicuramente il Merisi si ispirò al dramma di Beatrice Cenci, giovane nobildonna romana torturata e decapitata con l’accusa di aver ucciso il padre, Francesco Cenci. Era costui un  uomo volgare, violento, tirannico e manesco che abusava di lei e che, per evitare di pagarne la dote in caso di matrimonio, l’aveva rinchiusa nel castello di Putrella Salto in Abruzzo continuando a violentarla.
Vi posso assicurare, per averlo visto a Palazzo Barberini, che è questo un dipinto dalla terribile precisione realistica dove l’azione cruenta e la violenza degli schizzi del sangue rappresentano nella sua pienezza l’orrore della decapitazione. Una scena miratamene brutale carica di agghiacciante realismo che, si pensa, il Caravaggio abbia immortalato dopo aver assistito al supplizio e all’uccisione della povera Beatrice.
Nella scena il pittore,  per la prima volta, si ritrae prestando il suo volto alla testa di Oloferne.
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RITRATTO DELLA CORTIGIANA FILLIDE

 
http://it.wikipedia.org/wiki/File:CARAVAGGIOFillede.jpg




SANTA CATERINA D’ALESSANDRIA
 
http://it.wikipedia.org/wiki/Santa_Caterina_d%27Alessandria_%28Caravaggio%2

 Lena (Maddalena Antognetti)

Anche Lena faceva parte della schiera di cortigiane e prostitute d’alto bordo che “rasserenavano” l’esistenza degli ecclesiastici romani d’inizio ‘600.
Prima, giovanissima amante del “giovane morbido” il Cardinal Montalto poi del Cardinal Peretti nipote di Sisto V°. Fare di Lena la “Madonna dei Pellegrini” fu cosa assai rischiosa proprio perché era un volto molto conosciuto in città.
 

MADONNA DEI PELLEGRINI
http://it.wikipedia.org/wiki/Madonna_dei_Pellegrini
 Ella vi è ritratta nella figura della Madonna vestita da popolana col Bambino in braccio e due pellegrini inginocchiati ai suoi piedi. Fu questo un quadro che causò grande scandalo a Roma. Dice il Baglioni che appena il quadro fu posto sull’altare “ne fu fatto dai preti  e da’ popolani estremo schiamazzo”. E non solo per i piedi nudi, gonfi e sporchi dei contadini in primo piano ma anche per la fatiscenza della casa cui Maria si appoggia e soprattutto per aver usato una “lascivia dalla sfacciata bellezza” che rappresenta l’immagine sacra della Madonna, come bandito dal Concilio di Trento.
 
MADONNA DEI PALAFRENIERI
http://it.wikipedia.org/wiki/Madonna_dei_Palafrenieri
 
MARIA MADDALENA IN ESTASI
http://it.wikipedia.org/wiki/Maria_Maddalena_in_estasi
Anche Lena, come le altre modelle di Caravaggio morì giovanissima a soli ventotto anni.
  E se, a questo punto, qualcuno si domandasse:

Come può essere bella o santa una cosa brutta o sporca?”

 Rispondono i suoi lavori con la “bellezza delle emozioni”.

Francesa Girotto

venerdì 14 febbraio 2014

Chiamata di Marzo

Festa di Recoaro Provincia di Vicenza




Carissimi frequentatori della pagina di Accademia dei sensi, volevo mettervi a conoscenza di una festa che è in dirittura d'arrivo: “La Chiamata di Marzo”.
A Recoaro Terme Prov. Vicenza
Monti che fanno corona a Recoaro Terme.




La festa si ripete ogni due anni, nel paese. Giungendo così alla diciannovesima edizione.
La “Chiamata di Marzo” (vuol far rivivere quello che i nostri vecchi facevano in maniera piccola nelle contra,) adesso si svolge sempre l'ultima domenica di febbraio, quest'anno cade il 23, di questo mese, tutti i festeggiamenti cominciano al mattino con molte bancarelle e dimostrazioni varie. La sfilata comincia alle 14 per concludersi alle 18,30 con il falò “dell'omo de paia” (uomo di paglia).







Il falò del 2012


I festeggiamenti però cominciano giovedì 14 Febbraio, con l'apertura della mostra dei “Cucchi”, e prosegue con la gara “La vetrina della Chiamata di Marzo”. Si sfidano le varie attività, e fanno di tutto per essere i vincitori alla fine della sfilata.

 




Le immagini sempre del 2012, la vetrina della Farmacia













Moltissime sono le manifestazioni, da menzionare la Santa Messa in dialetto Cimbro, un idioma di origine germanica diffuso in alcune zone del Veneto e del Trentino.
Alla sfilata parteciperanno 1400 figuranti, vestiti con abiti di lavoro di epoche passate, anche la rappresentazione di figuranti con vestiti di persone facoltose che andavano a fare le cure termali, con valige di cartone e bauli, portati dai facchini degli alberghi, che gli avrebbero ospitati.








Alla festa partecipano tutti coinvolgendo anche i più piccoli








Carro delle lavandaie








73 saranno i carri dove i figuranti svolgono gli antichi mestieri, dalle lavandaie, a chi fa i salami, chi il vino, i carbonai, boscaioli, ragazzini sulle slitte.









Biciclette di epoche diverse




Questa bellissima festa per gli abitanti di Recoaro, ricomincia sempre il giorno dopo che finisce, perché si devono incontrare per disfare i carri e riporre i vestiti che serviranno per la prossima sfilata, ma anche perché ogni due anni si abbellisce di abiti nuovi, che vengono cuciti dalle persone delle varie contra, avvicinando cosi gli abitanti del luogo, tutti insieme aggiungono sempre molte novità da portare nella sfilata prossima.
















Boscaioli: lavoro di un tempo per tenere in ordine i boschi, e fare la legna per i lunghi inverni






In un paese che sonnecchia per il freddo inverno, è una bella scossa verso la stagione estiva, questa festa porta nel paese moltissime persone, che con il passa parola fanno si che la festa sia sempre più conosciuta, e ci ritornano come faccio io,




Ultima immagine quella del cantastorie, che nel tempo passato andava nelle varie contra isolate, per narrare le cose che succedevano nel mondo. Ora con la rievocazione le canta a noi per non farci dimenticare questo antico lavoro.
Ho messo un po di foto e il piccolo racconto, per rendevi partecipi della festa, se potete partecipate. Per quelli che non lo potranno fare, vi racconterò tutto al mio ritorno, anche con foto nuove.

PATAVIUM #Padova di Donatella Farina



http://2.citynews-padovaoggi.stgy.it/

 Padova è un comune italiano i cui insediamenti preistorici sono stati accertati dall'archeologia, già a partire dall'XI-X secolo a.C., topograficamente in corrispondenza dell'odierno centro di Padova. La leggenda narra che la fondazione di Padova sia avvenuta nel 1132 a.C. per opera di Antenore, un principe troiano scampato alla distruzione di Troia; ma è noto come tale leggenda tragga forse origine da un falso storico, opera di Tito Livio, per assimilare la propria città a Roma.L'antica Padova sorse all'interno di un'ansa del fiume Brenta (chiamato, nell'antichità, Medoacus Major) che allora, e probabilmente fino al 589, scorreva nell'alveo dell'odierno Bacchiglione (al tempo chiamato Medoacus Minor o Edrone), entrando in città nei pressi della attuale Specola.Già a partire dal 226 a.C. gli antichi patavini strinsero un'alleanza con Roma contro i Galli Cisalpini, alleanza poi confermata più volte, in particolare al tempo della Battaglia di Canne (216 a.C.) e della guerra sociale (91 a.C.), quando Padova e altre città transpadane combatterono al fianco dei romani. Dal 49 a.C. divenne un municipium romano, e in età augustea entrò a far parte della X Regio, della quale costituiva uno dei centri più importanti. Durante l'epoca imperiale la città divenne molto ricca grazie alla lavorazione delle lane provenienti dai pascoli dell'altopiano di Asiago.Dalla città passavano (o partivano) numerose strade che la congiungevano con i principali centri romani dell'epoca: la via Annia che la congiungeva con Adria e Aquileia, la via Medoaci che portava alla Valsugana e all'altopiano di Asiago, la via Astacus che la congiungeva con Vicentia, la via Aurelia che portava ad Asolo, la via Aponense che la collegava ai centri termali dei Colli Euganei. Sia a nord che a sud della città vi erano estese centuriazioni. Padova fu patria di Tito Livio, insigne storico romano, e, nello stesso periodo, diede i natali anche a Gaio Valerio Flacco, Quinto Asconio Pediano, Trasea Peto, di cui vi è ancora ricordo nella toponomastica cittadina.Nel periodo delle invasioni barbariche fu più volte devastata, e nel Basso Medioevo Padova si distinse come Libero comune, partecipando alla Lega Veronese e alla Lega Lombarda contro l'imperatore Federico Barbarossa. A questo periodo risale la fondazione dell'Università (1222), una delle più antiche d'Italia; nei successivi quattro secoli Padova, pur perdendo importanza politica, poté godere della pace e della prosperità assicurata dalla signoria veneziana, nonché della libertà garantita alla sua Università, che richiamò studenti ed insegnanti da tutta Europa, divenendo uno dei maggiori centri dell'aristotelismo e attirando numerosi ed illustri intellettuali, come Galileo Galilei.


 Donatella Farina - Fonte Wikipedia

giovedì 13 febbraio 2014

ABELLINUM #Avellino di Donatellla Farina



http://www.italiaemagazine.it/

Il nucleo originario della città, Abellinum, si formò sulla collina della Civita, in territorio dell'odierna Atripalda a circa 4 km dal centro di Avellino. Testimonianze archeologiche attestano la presenza sulla Civita di un importante centro pre-romano, presumibilmente di origine etrusco-campana e di lingua osca, risalente almeno al IV secolo. Secondo recenti ricerche, suffragate da Edward Togo Salmon, l'antica città era al centro del territorio dei Sabatini, popolo sabello documentato da Tito Livio. Non è da escludere che tale centro avesse il nome di Velecha, attestato da numerose monete attribuite all'area campana. Fu conquistata dai Romani nel 293 a.C., che la sottrassero al dominio dei Sanniti nella sanguinosa battaglia di Aquilonia, durante le Guerre sannitiche che si verificarono tra il 343 a.C. e il 292 a.C. Sotto il dominio di Roma la città cambiò più volte denominazione (nell'ordine: Veneria, Livia, Augusta, Alexandriana e Abellinatium). La posizione geografica ha agevolato la nascita dei primi insediamenti: sin dall'antichità la valle del Sabato ha costituito una via naturale tra l'Irpinia e il Sannio. Nell'89 a.C. Silla occupò Pompei, Ercolano, Stabia, Eclano, Abella e Abellinum. Abellinum non costituiva ancora un vero e proprio centro urbano. Furono le truppe di Silla ad avviare l'edificazione di una vera città. Il Cardo e il Decumano, tipici elementi urbanistici romani, la suddividevano in quattro quadrati, ognuno dei quali conduceva alle quattro porte esterne. La città romana ha avuto un'importante sviluppo in età augustea, grazie alla realizzazione del grande acquedotto che dalle sorgenti di Serino arrivava a Bacoli, ove era situato il grande serbatoio destinato all'approvigionamento della flotta romana (oggi denominato Piscina Mirabilis), dopo aver servito le principali città della Campania. 

di Donatella Farina

mercoledì 12 febbraio 2014

TERGESTE #Trieste di Donatella Farina


http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/5/53/PanormadiTrieste 


 Sin dal II millennio a.C. il territorio della provincia di Trieste fu sede di importanti insediamenti protostorici, i castellieri, villaggi arroccati sulle alture e protetti da fortificazioni in pietra, i cui abitanti appartenevano a popolazioni di probabile origine illirica e di stirpe indoeuropea. Fra il X e il IX secolo a.C. la popolazione autoctona entrò in contatto con un'altra etnia indoeuropea, i (Venetici, Heneti o Eneti), da cui venne notevolmente influenzata sotto il profilo culturale. Il nome Tergeste è di origine preromana, con base preindoeuropea: terg = mercato, ed il suffisso –este, tipico dei toponimi venetici; in alternativa, si ritrova proposta l'origine latina del nome "tergestum" (riportata dal geografo di età augustea Strabone), legata al fatto che i legionari romani dovettero combattere tre battaglie per avere ragione delle popolazioni indigene ("Ter-gestum bellum", dal latino "ter" = tre volte e "gerere bellum" = far guerra, cui il participio passato da "gestum bellum").Con le conquiste militari dell'Illiria da parte dei Romani, i cui episodi più salienti furono la guerra contro la pirateria degli Istri del 221 a.C., la fondazione di Aquileia nel 181 a.C. e la guerra istrica del 178-177 a.C., ebbe inizio un processo di romanizzazione ed assimilazione delle popolazioni preesistenti. Tergeste fu colonizzata alla metà del I secolo a.C. in epoca cesariana (Regio X Venetia et Histria), ed è probabile che la fortezza principale fosse situata sulle pendici del colle di San Giusto. Curiosità: Tergesteo era il palazzo della Borsa a Trieste ne "La coscienza di Zeno" di Italo Svevo, che in questa città era nato; nella sua città esiste tuttora una libreria che porta il suo nome.

di Donatella Farina

lunedì 10 febbraio 2014

#Lacrime di Athos Il Moschettiere Dell'anima



http://static.pourfemme.it



Lacrime


 ......Le Lacrime scendono Oziose
.....come gocce di Distillati....
dal Tempo rese preziose....
Ne senti il calore....
....t'avvolgono il viso....
una segue l'altra......
come lumache risvegliate
da umide emozioni....
....un'altra scivola veloce
come una lepre bagna la gola....
....l'argine è rotto...
le asciughi alla meglio....
......si bagnano le dita.....
il sapore salato sulle labbra ....
....è arrivato....
...il cuore sussulta...
....bisbiglia parole silenziose...
......che esondano in Tenerezze .....
........Prodigiose.


Autore:  Athos Il Moschettiere Dell'anima

domenica 9 febbraio 2014

#GliOcchiDi #Akaska: La regina dei dannati


imm. da /it.wikipedia.org/wiki/File:Regina_dannati.png

Gli occhi di Akasha erano fissi su di me. La testa era quasi alla mia portata e il corpo giaceva riverso, con il sangue che fiottava dal collo troncato. All'improvviso il braccio destro fremette, si sollevò, ricadde sul pavimento. Si sollevò di nuovo, con la mano penzoloni. Stava cercando di afferrare la testa! Potevo aiutarla! Potevo usare i poteri che mi aveva dato per cercare di muoverla, di aiutarla a raggiungerla. E mentre mi sforzavo di vedere nella luce fioca, il corpo sussultò, rabbrividì e ricadde più vicino. Ma le gemelle! Erano vicine alla testa e al corpo."

La Regina dei Dannati - Anne Rice

sabato 8 febbraio 2014

#LibroForum - Julio Cortàzar: Circe - A cura di Alessandro Toppi e Antonio Russo De Vivo






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Fernando Bruno: il pastore

Vincent Van Gogh -  Campo di grano con allodola  - 1887
mentelocale.it
 Ricordo di aver sbandato con il carrettino e ruzzolato dentro un fosso. Il colpo alla schiena fu terribile e immediatamente chiusi gli occhi per scacciare il dolore. Li riaprii in tempo per vedere il carrettino cadermi in faccia ed allora il buio assoluto. Quando ripresi i sensi udii queste parole: “Ascolta piccolo bastardo, quando senti il suono della campana corri, corri senza voltarti indietro …” Il pastore così mi disse dopo aver levato minaccioso il suo nodoso bastone. Ero terrorizzato, non riuscivo a muovermi. Lui, vestito di una grossa pelle di pecora aperta che si apriva ad ogni folata di vento, continuò a gridare minacciando e brandendo il grosso bastone. Le sue urla, le sue parole divennero incomprensibili coperte dalla voce poderosa del vento sempre più impetuoso che lo spingeva indietro. Mi girai a quel punto e cominciai a correre. Il campo era pieno di spighe di grano verdi, alte spighe piegate dal vento ma comunque più alte di me. Le sentivo frustarmi la faccia, le braccia, le gambe nude. Correvo aspettando il suono della campana. Volevo trovarmi il più lontano possibile dal minaccioso pastore. Mi mancava il fiato e le mie gambe stanche ed appesantite sbandavano, i miei piedi si torcevano ad ogni zolla calpestata. La campana suonò una, due, tre volte. Brividi percorsero il mio corpo stanco e sudato. Divenne di colpo buio, le spighe erano rami e radici di alberi che mi impedivano di correre. Esausto mi lasciai cadere e come sconfitto aspettai rassegnato il peggio. Non sapevo cosa fare, ero disteso e legato. Pensai “ se striscio non mi vede… con questo buio non mi vede”. Così iniziai a strisciare tenendo la testa bassa e respirando la polvere della terra. Tenevo la bocca aperta per prendere fiato senza far rumore e il vento mi fece assaggiare la terra. Aveva un buon sapore, sapeva di formaggio stagionato. Mi sentii, a quel punto, più sereno e decisi di assaggiare ancora la terra. Ne presi un pizzico con le dita e la portai alla bocca. Mi disgustò, era terra e sapeva di terra. Perché, mi domandai? Perché prima aveva un buon sapore invece adesso no? Mi alzai e vidi il pastore davanti a me. Impietrito rimasi a guardarlo temendo mi picchiasse. Il pastore, allora, parlò e disse: “ se ti piace mangiare terra allora sei terra pure tu”. Quindi sollevò il piede destro coperto dal grosso anfibio e con un colpo violento mi scaraventò nuovamente giù. Non feci in tempo a muovermi che mi colpì con un secondo calcio dritto sulla nuca e la mia faccia affondò nella terra umida e molle. Mi svegliai urlando con il palato asciutto e il sapore della terra in bocca.

#Semplicemente #InSilenzio



http://4.bp.blogspot.com/
Semplicemente, senza che un solo angolo del suo volto si muovesse,
e assolutamente in silenzio iniziò a piangere,
in quel modo che è un modo bellissimo, un segreto di pochi, piangono solo con gli occhi,
come bicchieri pieni fino all'orlo di tristezza, e impassibili mentre quella goccia di troppo alla fine li vince
e scivola giù dai bordi, seguita poi da mille altre,
e immobili se ne stanno lì mentre gli cola addosso la loro minuta disfatta.


Alessandro Baricco, Castelli si sabbia

 

venerdì 7 febbraio 2014

#Arte #Indomate Passioni: Galata Morente a cura di Francesca Girotto


imm. da http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/9/90/Rome-MuseeCapitole-GladiateurBlesse.

L’ESSERE DELLE FORTI E INDOMATE PASSIONI -
GALATA MORENTE

Sublime esempio di realismo che testimonia quanto i Greci e i Romani fossero abili, non solo nella resa ideale del corpo umano ma anche in quella veritiera e persino aspra.
E’ questa una copia romana marmorea di un originale greco proveniente dalla città di Pergamo ed è probabile che questo guerriero vinto fosse posto, insieme ad altri tre, nella stessa posa, lungo il bordo di una grande base rotonda di cui si sono ritrovate le fondamenta nella spianata davanti al santuario pergameno d’Atenea. Un gruppo scultore di grande drammaticità probabilmente commissionato tra il 230 e il 220 a.C. per celebrare le vittorie di Attalo I sui Galati, popolazione nota per i suoi valorosi guerrieri.



imm. da http://m2.paperblog.com/i/210/2104117/il-lungo-viaggio-del-galata-morente-L-Mygfpi.jpeg

Ciò che colpisce dell’esemplare di questa scultura è la verità e la trascrizione fedele dei tratti etnici del guerriero: i lineamenti rudi, i capelli irsuti, i tipici baffi, la sgraziata quadratura delle spalle e la muscolatura priva di morbidezza. Pur denotando coraggio e fierezza, sul viso è evidente il dolore dello sconfitto nel momento estremo della morte. La sobrietà ed il rigore della figura sono di un realismo di cui sono noti pochissimi esempi nella scultura ellenistica e romana.

Francesca Girotto

giovedì 6 febbraio 2014

#Arte #Ispirazione e Mito: Il Ratto di Prosperina -Gian Lorenzo Bernini a cura di Francesca Girotto


 
http://3.bp.blogspot.com/-JB /255-Bernini_Proserpina.jpg

QUANDO L’ARTE S’ISPIRA AL MITO ED EMOZIONA..!

IL RATTO DI PROSERPINA - Gian Lorenzo Bernini

Favorito da una grande abilità virtuosistica nel modellare la materia, Bernini riesce a meravigliare e a coinvolgere emotivamente l’osservatore. In questa scultura l’azione è al culmine. Plutone irrompe brutalmente nella scena e, afferrata saldamente per la vita Proserpina, cerca di strapparla al suo mondo. La ninfa, col viso inorridito dalla paura e solcato dalle lacrime, tenta inutilmente di liberarsi dalla violenza dell’assalto che le ha strappato le vesti. Ai suoi piedi osserva la scena Cerbero. Il cane-guardiano degli Inferi.
 

http://www.mtsd.k12.nj.us/cms/lib5/NJ01000127/Centricity/Domain/274/Bernini_Rape_of_Proserpina_detail.jpg

I corpi dei due personaggi sono definiti con maestria e una non comune facilità nella resa naturalistica dei particolari: Plutone è possente e muscoloso, solleva quasi senza fatica il corpo della giovane; il suo volto è contratto e la barba ricciuta è leggermente agitata nella foga della presa. Proserpina è sospesa con il corpo in torsione e le braccia alzate per difendersi e divincolarsi dalla presa del dio: ogni particolare delle sue membra suggerisce angoscia e smarrimento.

 
http://1.bp.blogspot.com/dlYwz7fW8Jo/s1600/bernini1.jpg

Quello che colpisce nella scultura del Bernini, oltre alla consapevolezza di avere a che fare con un artista dalle straordinarie doti tecniche e stilistiche, è l’attento studio del corpo in movimento e la sua capacità di dare vita ai personaggi. Lo scultore riesce a rendere con grande naturalezza e verosimiglianza le parti anatomiche implicate nell’azione, esaltando i sentimenti contrastanti dei due personaggi.


Francesca Girotto

mercoledì 5 febbraio 2014

#Milano #ISotterranei del Duomo


Il duomo di Milano è dedicato a Santa Maria Nascente

Milano 3 febbraio  2014

In compagnia di amici e accompagnati da una guida turistica ho visitato i sotterranei del Duomo di Milano, percorso molto suggestivo, appena si scende l'atmosfera cambia, il tempo sembra fermarsi, sono rimasta entusiasta della visita. Come ci ha spiegato la nostra bravissima guida vi si trovano testimonianze di edifici paleocristiani che all'epoca occupavano l'area del Duomo prima che venisse edificato.
Si possono ammirare  L'Abside di Santa Tecla, i mosaici di San Giovanni alle Fonti e la vasca ottogonale in cui Sant' Ambrogio battezzo Sant' Agostino nel 387 e delle bacheche con i reperti raccolti durante gli scavi come le 222 monetine, residui delle offerte dei battezzandi.  

 
 Abside di Santa Tecla
 

fonte Battesimale
Durante gli scavi per  la costruzione della rete metropolitana, si accorsero che, sotto l'attuale sagrato  della cattedrale  giacevano i resti di ciò che c'era prima che sorgesse il Duomo.
I lavori  di scavo furono effettuati fra il 1961-'62 e più recentemente nel 1996. Queste ultime, con i moderni strumenti di datazione cronologica, hanno permesso di raccogliere elementi  per una collocazione temporale abbastanza precisa del complesso ipogeo,che si colloca al IV secolo d.C. 


Nei sotteraneri e vietato fotografare, le immagini le ho prese dall' web.

 Primula

# Arte #Pittori #Caravaggio - Michelangelo Merisi




Natura morta con fiori e frutti (1590)


http://www.settemuse.it/pittori_scultori_italiani/caravaggio/

#Libroforum: Angelo Fiore: I sordomuti A cura di Alessandro Toppi e Antonio Russo De Vivo


Angelo Fiore, "I sordomuti" (1963), in "Un caso di coscienza e altri racconti" (ed. Mesogea, 2002)


Clicca sul link per ascoltare

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