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lunedì 20 agosto 2012

Infine si è sposata con un albero #Kadd, secondo la tradizione #animista - Gianni #Celati, Passar la vita a #Diol Kadd, #Diari 2003-2006, #citazione, #Africa, #islam, #animismo, #tradizione #orale

Sul fondatore di Diol Kadd

C'è un argomento che gli anziani trattano con cautela, ed è la memoria della fondazione di Diol Kadd, che risale a circa tre secoli fa. Il fondatore è stato un certo Ibra N'Diaye, che sarebbe l'antenato di Mandiaye e della maggior parte degli abitanti attuali di Diol. Per saperne di più Mandiaye è andato a trovare un altro anziano, il signor Niang, enciclopedia vivente del passato locale. Secondo la prodigiosa memoria del signor Niang, il fondatore di Diol era un personaggio originario della regione di Kajor (Thiès), che verso la metà del Settecento ha abbandonato la famiglia per creare una piccola Daara (scuola di studio coranico). E come san Francesco ha abbandonato la famiglia per predicare un altro modo di vita, così Ibra ha deciso di entrare nel cuore del territorio serèr per predicare l'Islam in nome dello sheikh Ahanad Tidjiani (diffusore dello studio coranico con forti tendenze sufi). Quello studio si è sparso in modo nuovo nel Settecento, dal Marocco all'Algeria, per sbarcare tra le colonie fulbe (ossia peul), nell'alto Senegal. A quell'epoca la zona dove adesso sorge il villaggio di Diol Kadd era abitata da Serèr – e i Serèr erano l'unica etnia in tutto il centro del Senegal che non si fosse convertita all'Islam, mantenendo stretti legami con l'animismo.

Sviluppo d'una nuova cultura

Secondo il signor Niang, il suddetto Ibra N'Diaye doveva essere un capo spirituale islamico, ma doveva essere allo stesso tempo anche un capo spirituale animista che aveva legami di stregoneria con il Djaraaf (rappresentante del governo) dei Serèr. Pare che il suo compito fosse quello di salvaguardare il potere del Djaraaf, proteggendolo dai malefici. Per questo gli fu concesso uno spazio dove abitare e coltivare la terra e fondare le prime scuole coraniche della zona che poi si chiamerà Diol Kadd. Queste scuole debbono essere state il corrispettivo di quell'apertura mentale che nella stessa epoca in Europa si è chiamata Illuminismo.
Invece dell'enciclopedia e del pensiero di Rousseau qui c'era il Corano da studiare, con influenze sufi: ma si trattava di un'educazione che portava circa allo stesso risultato. Portava alla nascita d'una nuova cultura, dove la tolleranza e la fratellanza tra gli uomini diventano criteri fondamentali d'un modo di vivere, sganciato dalle culture arcaiche o tribali. Mandiaye dice che gli abitanti di Diol sono Serèr convertiti alle nuove tendenze, gente che ha dimenticato la propria origine e imparato a leggere il Corano, abbandonando rituali ancora praticati a cinque chilometri da qui (come il rito iniziatico ancora praticato dai Serèr). Altra cosa: l'educazione nelle scuole coraniche nella nuova cultura andava assieme a un'iniziazione all'agricoltura, con le colture del miglio e dell'arachide, che restano ancora i due generi di coltivazioni praticati a Diol Kadd. Sulla trasmissione del potere. In un'altra visita al signor Niang, Mandiaye ha appreso che Ibra N'Diaye doveva essere un meticcio peul-mauritano, come si capisce dai suoi legami con i Mauri di St-Louis (luogo di arrivo delle nuove dottrine di origine sufi e di fioritura delle scuole coraniche). Dal suo cognome si sente l'origine di Daara Djolof dei Fulbe del Nord. La sua prima moglie era una Serèr, che gli era stata concessa dal governatore serèr quando Ibra aveva quarant'anni. Da questa moglie serèr discende la linea dei cosiddetti tradizionalisti di cui fa parte anche Mandiaye. All'età di cinquant'anni Ibra ha sposato una seconda moglie, questa proveniente dalle sue zone d'origine, nell'area di Kadjor; e da lei discendono tutti i cosiddetti progressisti del villaggio, che ereditano il potere del capo. Il potere va nelle mani del capo del villaggio, come quello attuale, lievemente panciuto. In conclusione, gli abitanti di Diol hanno lo stesso antenato ma sono divisi in due gruppi, uno di discendenza paterna e uno di discendenza materna: gruppi che hanno convissuto pacificamente. E se il potere è del capo progressista, le decisioni sono prese dai due gruppi insieme. Per tradizione il villaggio appartiene a tutti i suoi abitanti. Studiare il Corano e imparare la coltivazione. Nelle scuole coraniche, insieme alla lettura che si faceva e si fa adesso, gli alunni erano avviati a imparare la coltivazione, con i loro prodotti classici (miglio e arachidi) tutt'ora i prodotti classici degli abitanti di Diol Kadd. Ma nel corso del tempo, quelle due coltivazioni hanno largamente contribuito a un impoverimento del terreno nelle zone savanicole, disseccando parte delle zone coltivate, con il risultato che nel giro di tre decenni tutto il panorama dei dintorni si è trasformato e spesso inaridito vertiginosamente. Sentieri sabbiosi, arbustivi. Di qui sono nate queste colture della savana, in parte zone di riserva, altre come punti che gli abitanti curano con una accanita dedizione per gran parte dell'anno.

[…]

Mandiaye mi scrive una lettera di notte

Tutto questo andrebbe riscritto meglio, perché sembra un eden pre-coloniale. Ma la bellezza delle storie di Mandiaye sta nel suo modo di raccontarle: e se togli di mezzo quel parlare che va verso uno sfondo lontano, tutto diventa una ridicola fantasia. Nell'aprile 2002 avevo scritto a Mandiaye di raccontarmi tutte le storie che ricordava sulla sua famiglia, sul suo villaggio, sulla sua infanzia a Diol Kadd, e sulla sua vita da ragazzo a Dakar. Mandiaye dice che dopo aver letto la mia lettera ha passato il resto della notte con la testa piena di visioni. E ha sognato a lungo, poi si è alzato dal letto per descrivermi le visioni avute. Nella lettera che mi ha mandato dice: "Davanti agli occhi mi passavano moltissime immagini del villaggio, e ho visto le capanne, e gli animali, gli anziani, e tanti bambini che correvano di qua e di là. Ho visto i campi di arachidi e i campi di miglio, ho visto i giganteschi baobab della savana, e gli alberi del tamarindo. Poi ho visto me stesso nella mia infanzia, come se facessi una discesa verso i miei antenati. Ho visto tante facce che conoscevo e altre che non conoscevo, in particolare mi sono incantato su una faccia che conoscevo ma non ho mai visto – cioè la faccia di mio nonno Seleman, padre di mio padre, che non ho mai conosciuto di persona...". Nella lettera rievoca la sua scomparsa, secondo i racconti di sua nonna Nogaye, moglie di Seleman. Questa gli raccontava che Seleman era scomparso volando in aria, e che un giorno o l'altro sarebbe tornato. Comunque, sono passati gli anni e s'è visto che Seleman non tornava. Parenti e anziani sollecitavano Nogaye a prendersi un altro marito, ma lei non voleva saperne. Così infine s'è sposata con un albero kadd, secondo la tradizione animista.



(Gianni Celati, Passar la vita a Diol Kadd, Diari 2003-2006, Milano, Feltrinelli, 2011, pp. 82-86)





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