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domenica 10 giugno 2012

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Un’usanza diffusa in alcuni territori a maggioranza musulmana è quella di sottoporre le figlie minori alla mutilazione degli organi genitali esterni. Si tratta di una pratica che ancora oggi riguarda, con tutto il suo carico di dolore ed umiliazione che consegue alla compromissione definitiva del diritto alla sessualità e all’integrità fisica, milioni di donne sparse in tutto il mondo, compresi gli stati occidentali. In quei paesi islamici dove tale pratica è maggiormente seguita, come Egitto, Sudan e Somalia, la legittimazione religiosa gioca certamente un ruolo rilevante.

Tuttavia, il fondamento religioso della mutilazione genitale femminile è piuttosto fragile; basti pensare che all’80% del mondo islamico tale pratica risulta pressoché sconosciuta e che, anche nei paesi dove essa viene ancora esercitata, esiste un vivace dibattito intorno alla sua legittimità. Una simile circostanza è legata principalmente al fatto che dalle fonti sacre non è possibile ricavare una esplicita affermazione sul punto. Il Corano non accenna né direttamente né indirettamente all’usanza. A sostegno della pratica esistono esclusivamente alcuni hadith, peraltro contenuti in raccolte poco autorevoli, nei quali si accenna alla circoncisione. Numerose sono peraltro le contraddizioni sollevate dalla lettura dei racconti: secondo alcuni hadith le figlie di Maometto non sarebbero state circoncise, ma in base ad altri hadith la circoncisione avrebbe costituito un’usanza diffusa ai tempi del Profeta. Il detto che più frequentemente viene invocato a sostegno della pratica riferisce di un dialogo fra Maometto e una “tagliatrice di clitoridi”. In quell’occasione il Profeta avrebbe consigliato alla donna: “Taglia leggermente e non esagerare”; poi “La circoncisione è sunnah per gli uomini e makrumah per le donne. Sfiorate e non sfibrate. Il viso diventerà più bello e il marito resterà estasiato”.
Dove per sunnah si intende un’azione conforme ai detti del Profeta o presente ai suoi tempi, mentre per makrumah un’azione meritoria.

I giuristi delle scuole giuridiche sunnite qualificano la circoncisione femminile in modi diversi, tuttavia l’interpretazione che è prevalsa storicamente (e che in cui si riconoscono le scuole hanafita, malikita e hanbalita) è quella che valuta la circoncisione femminile come meritoria ma non obbligatoria. Risulta poi essenziale evidenziare come una simile valutazione si riferisca esclusivamente alla forma più lieve di mutilazione, ossia alla circoncisione Sunnah. Il fatto che Maometto in quel
racconto non precisasse i limiti dell’intervento ha però consentito la sopravvivenza di pratiche arcaiche che, definite Sunnah, in realtà consistono nell’escissione del clitoride e nell’infibulazione. Risulta abbastanza evidente comunque che nei paesi dove ancora oggi sono diffuse queste pratiche ciò sia dovuto a tradizioni e usi presenti in epoca preislamica e che l’Islam ha semplicemente ereditato.

La circoncisione non rientra quindi tra gli obblighi religiosi sanciti dalla legge islamica; inoltre quest’ultima ammette esclusivamente la variante Sunnah, mentre le altre due forme di mutilazione sono considerate proibite dalla quasi totalità dei giuristi islamici. L’assenza di precetti espliciti nelle sacre fonti a sostegno della pratica è dimostrata dal fatto che i suoi sostenitori sono stati costretti a ricorrere a giustificazioni di tipo morale per presentarla comunque come una pratica raccomandabile e vantaggiosa. La ragione che più frequentemente viene invocata è quella che considera la mutilazione dei genitali femminili come un rimedio utile alla donna per preservare la sua onorabilità, aiutandola a non divenire preda dei propri istinti sessuali e trattenendola dal compiere atti proibiti. La preservazione della verginità è infatti condizione indispensabile per contrarre un buon matrimonio.

Anche nei paesi islamici dove la circoncisione costituisce ancora una pratica diffusa la questione della sua legittimità religiosa continua comunque ad essere oggetto di una notevole varietà di opinioni giuridiche. Un caso esemplare in questo senso è rappresentato dall’Egitto dove il dibattito vede schierati su fronti opposti il mufti ufficiale dell’Università islamica di al-Azhar e i modernisti guidati dal Ministero della Sanità.

(Nicola Fiorita, Dispense di diritto islamico, Firenze University Press (“Università di Firenze. Dipartimento di Diritto Pubblico”), 2002, pp. 35-36)

(Nell’immagine sopra, Ayaan Hirsi Ali nel film di Theo Van Ghogh, Submission (2004),





1 commento:

  1. chi lo fa commette un crimine contro l'umanita'.

    Quello che mi sconcerta e' che in un mondo dove ormai, siamo tutti minimo diplomati, la conoscenza che ne deriva, non riesce a debellare la superstizione.

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